2 Agosto 2007, h. 00:00

Buone notizie per gli artigiani: si lavora un anno in più

“Non ci sono le condizioni per sottoscrivere il Protocollo sul welfare”. Questa in estrema sintesi la posizione indicata dal Presidente di Confartigianato Guerrini, che rimanda l’accordo ‘inemendabile’ su lavoro e previdenza, del Ministro Damiano, a ulteriori valutazioni. “L’accordo – prosegue Guerrini – contiene aspetti interessanti sui capitoli riguardanti gli ammortizzatori sociali, la competitività, i giovani. Ma il nostro giudizio è decisamente negativo per le misure riguardanti le previdenza che, oltre a contenere inaccettabili discriminazioni tra lavoratori autonomi e lavoratori dipendenti, comporteranno un forte innalzamento della spesa pubblica”. La riforma della previdenza è senza dubbio il tema più avversato dell’intero protocollo, anche perché comporterà nel prossimo decennio una spesa aggiuntiva di dieci miliardi di euro. Risorse che andranno trovate all’interno del sistema previdenziale: al primo posto con la razionalizzazione degli Enti Previdenziali, che da sola dovrebbe portare al risparmio di 3.5 miliardi di euro. Su questo punto il protocollo non sembra particolarmente ottimista. Già prevista una rete di sicurezza, se risparmi e ottimizzazioni non fossero sufficienti a raggiungere l’obiettivo. In tal caso – nel 2011 – scatterebbe una clausola di salvaguardia, praticamente una mannaia, che porterebbe all’aumento dello 0.09% della contribuzione per tutta la galassia del lavoro dipendente ed autonomo. Le stime complessive rendono il quadro ancora più fosco: secondo i calcoli nel prossimo decennio la spesa previdenziale crescerà di circa 29 miliardi di euro. Denaro interamente assorbito dalle pensioni, che non sarà così impiegato per sostenere le politiche attive del lavoro, lo sviluppo e la competitività economica del Paese. Ecco nel dettaglio cosa prevede il Protocollo del welfare in tema di pensioni. Dal 2008 i lavoratori con 58 anni di età (contro i 60 previsti dallo scalone Maroni) e con 35 anni di contributi potranno andare in pensione. Dal luglio 2009 scattano le quote: si potrà andare in pensione se la somma tra età anagrafica e contributi raggiunge quota 95. Ma gli anni di età dovranno essere almeno 59. Nel 2011 sale ancora di un anno l’età minima per lasciare il lavoro: il rapporto arriva e 96. Nel 2013, invece, bisognerà aver compiuto almeno 61 anni e raggiungere quota 97. Il Protocollo prevede anche l’innalzamento delle pensioni ‘basse’. Gli interventi saranno suddivisi in tre filoni. Il primo aggancia l’adeguamento delle pensioni minime al costo della vita; il secondo, di natura assistenziale, riguarda l’innalzamento delle pensioni sociali, degli assegni sociali e delle invalidità civili; il terzo prevede incrementi differenziati in base agli anni di contribuzione. Computati, però, in modo differente tra dipendenti e autonomi. Una delle discrepanze alla base dell’irrigidimento delle posizioni confederali. La spiegazione, secondo il Ministro Damiano è da attribuire alla diversa aliquota di contribuzione delle due tipologie di lavoratori: 33% per i lavoratori dipendenti e 20% (dal 2008) per i lavoratori autonomi. In base agli anni di contribuzione ciascun pensionato sarà collocato in una delle tre categorie, a ciascuna delle quali corrisponde un incremento economico diverso, più contenuto per la prima fascia, in cui rientreranno tutti i lavoratori che hanno i requisiti minimi, più elevato nelle altre due. L’aumento medio è di circa 26 euro per la prima fascia, 32 euro per la seconda, 39 per la terza. La modifica dello scalone lascia aperte diverse questioni, puntualmente segnalate da Confartigianato e condivise da CNA, Casartigiani, Confcommercio, Confesercenti. Una è di carattere tecnico: con il sistema delle quote che partirà nel 2009, l’età di contribuzione aumenterà in modo arbitrario a 36 anni, un elemento che non era mai entrato a far parte della tornata di concertazioni. Una seconda riguarda la differenza di età di pensionamento tra lavoratori autonomi e dipendenti: i secondi lavoreranno sempre un anno in meno dei primi. Con effetti singolari: dal 1° luglio viene in sostanza a cessare le pensione di anzianità per le lavoratrici artigiane, dal momento che il requisito anagrafico fra anzianità e vecchiaia viene a coincidere, e dal 2013 per gli artigiani uomini la differenza fra anzianità e vecchiaia si riduce ad appena due anni. Dagli aumenti di età previsti dagli scalini saranno esclusi solo i lavoratori impegnati nelle attività usuranti. Tra i quali come è noto, non rientrano i lavoratori autonomi, come autotrasportatori o panificatori. Per gli autonomi sarà insediata una Commissione composta da Governo e tutte le parti sociali, che rivedrà la lista delle professioni considerate usuranti, aggiornandola. Ma questo non ora. Più in là, forse in autunno.

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