29 Settembre 2020, h. 18:08

STUDI – Con target Ue di riduzione emissioni: +2,4 punti PIL di investimenti, 29,7% su edifici, da cui proviene 39% emissioni

Le politiche per il rilancio dell’economia europea metteranno al centro gli investimenti per la transizione green. La comunicazione della Commissione dello scorso 17 settembre propone l’obiettivo di riduzione di almeno il 55% delle emissioni entro il 2030. Next Generation EU e il quadro finanziario pluriennale 2021-2027 destineranno almeno il 30% delle risorse al clima e nelle valutazioni dei progetti presentati dagli Stati membri per accedere ai fondi europei la Commissione valuterà tre criteri green: il maggiore utilizzo di energia pulita, il miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici e l’adozione di tecnologie per sistemi di trasporto sostenibili, accessibili e intelligenti.

Migliora la bolletta energetica – Nella transizione green delineata dal target del 55%, l’economia dell’Unione europea ridurrebbe del 25% i volumi di import di combustibili fossili, importazioni che nel 2019 valgono 300 miliardi di euro nei 27 paesi dell’Unione, di cui il 13,7% è relativa all’Italia.

Transizione green sostenuta dagli investimenti – L’ambizioso obiettivo di riduzione delle emissioni richiederà un cambio di velocità nell’accumulazione di capitale, pubblico e privato: secondo le valutazioni della Commissione, per raggiungere il target della riduzione delle emissioni nel prossimo decennio (2021-2030) si dovranno concretizzare 350 miliardi di euro in più all’anno (pari al 2,4% del PIL) di investimenti nel sistema energetico, pari all’11,4% in più rispetto agli attuali livelli. Il 36,4%  degli investimenti aggiuntivi si concentrerà nel settore dei trasporti e il 29,7% nel settore residenziale.

Filiera edifici genera 39% nelle emissioni – Una massima rilevanza per ridurre le emissioni va attribuita agli interventi sugli immobili che, secondo l’ultimo report di IEA e Nazioni Unite, determinano il 39% delle emissioni globali. Nel dettaglio il 17% delle emissioni proviene dagli immobili residenziali, l’11% dagli immobili non residenziali e un ulteriore 11% dalla filiera della casa, che include le emissione dei settori, altamente energivori, della produzione di materiali da costruzione per l’edilizia come acciaio, cemento e vetro. Le emissioni comprendono quelle indirette, derivanti dalla generazione di energia per l’elettricità e il calore.

Gli incentivi fiscali sostengono la riduzione delle emissioni – L’efficacia ambientale del sostegno fiscale degli investimenti in costruzioni in Italia è documentata anche dal rapporto pubblicato la scorsa settimana dall’Enea che evidenzia un aumento degli edifici ad elevate prestazioni energetiche, influenzato dagli interventi migliorativi incentivati. Gli incentivi fiscali per il rinnovo del patrimonio edilizio, lo ricordiamo, nel 2019 hanno attivato 28.963 milioni di euro di investimenti, pari al 55,3% della spesa per il rinnovo degli immobili residenziali.

Italia virtuosa nella riduzione delle emissioni – L’Italia affronta queste nuove sfide da una buona posizione. Nonostante una propensione agli investimenti inferiore alla media Ue, l’economia italiana registra una apprezzabile performance per livello e riduzione delle emissioni. Sulla base dei dati Eurostat si calcola che nel 2018 il rapporto tra emissioni di gas serra e valore aggiunto in Italia è del 23,3% inferiore alla media  europeo e tra il 2008 e il 2018 tale indicatore segna una riduzione del 24,2%, più accentuata del calo del 22,5% registrato dalla media dell’Ue.

L’analisi dei dati di Eurostat sugli obiettivi di sviluppo sostenibile evidenzia per l’Italia un livello di 7,3 tonnellate di CO2 per abitante, inferiore del 16,1% alle 8,7 tonnellate per abitante della media Ue a 27, collocandosi dietro alla Germania (10,7 t/abitante) e Spagna (7,5 t/abitante) mentre rimane davanti alla Francia (6,9 t/abitante).

La riduzione delle emissioni della manifattura italiana – Tra il 2008 e il 2018 l’Italia, seconda economia manifatturiera europea, presenta una riduzione delle imprese produttrici di beni del 34,3%, di quasi cinque punti più ampio del 29,4% della media Ue a 27 e di oltre dieci punti più intenso del calo del 21,4% registrato dalla manifattura tedesca.

Dalla Cina il 44,2% delle emissioni del settore industriale – Su questo fronte va ricordato che la Commissione ha annunciato l’elaborazione, par alcuni settori, di un meccanismo di adeguamento del carbonio alla frontiera. Tale meccanismo dovrebbe generare gli incentivi per i produttori stranieri e gli importatori dell’UE per ridurre le emissioni di carbonio; l’applicazione del meccanismo dovrà evitare distorsioni della struttura dei costi e della concorrenza. Su questo fronte va ricordato che la Cina, che determina il 44,2% delle emissioni di CO2 mondiali del settore industriale, esporta beni in Unione europea per 362,7 miliardi di euro, il 21,6% dell’import totale proveniente da paesi extra UE. Il settore industriale in Cina genera emissioni 7,5 volte quelle dell’intera manifattura dell’Unione europea.

In Italia le importazioni dalla Cina, primo paese fornitore extra UE, ammontano a 31,7 miliardi di euro, il 22,1% dell’import totale proveniente da paesi extra UE.

L’analisi questa settimana in ‘Imprese ed energia’ su QE-Quotidiano Energia.

 

Investimenti in Ue del settore energetico per raggiungere target -55% CO2

Media cinque scenari per target -55%, miliardi di euro, media annua – Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Commissione europea
 


Emissioni globali di CO2 per settore

2018, % sul totale – Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su IEA e UN Environment Programme

Emissioni da combustione nel settore industriale per grandi paesi e area

2018, % totale mondiale – Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Iea

 

 

 

 

 

 

 

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