RAPPRESENTANZA - Con l’elezione dei Presidenti di Federazione completati i rinnovi delle cariche del Sistema Imprese di Confartigianato
Nei giorni scorsi, con l’elezione dei Presidenti di Federazione si è completato il percorso di rinnovo, iniziato il 5 settembre, dei vertici delle categorie rappresentate da Confartigianato. Leggere di più
STUDI – La debole congiuntura d’autunno, un'analisi nel 19° Rapporto annuale
Le imprese italiane stanno operando in un contesto internazionale fragile e turbolento, dominato dai conflitti in Ucraina e Medio Oriente. L’autunno 2024 è caratterizzato da un indebolimento della crescita che rischia di far perdere lo slancio degli ultimi anni che ha visto l’economia italiana performare meglio di quelle di Francia e Germania per crescita del PIL e dell’occupazione tra il 2021 e il 2024, nonostante le condizioni avverse conseguenti all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, uno shock energetico, la stretta monetaria più pesante della storia dell’Euro, la caduta del commercio internazionale e le incertezze derivanti dallo scoppio della crisi in Medio Oriente.
L’analisi della complessa fase congiunturale è delineata nel 19° Rapporto annuale di Confartigianato ‘Italia, la grande officina delle piccole imprese’ e proposta nell’articolo ‘SCENARIO PIL/ Le scelte urgenti per sfuggire alla frenata autunnale a firma di Enrico Quintavalle, responsabile dell’Ufficio Studi di Confartigianato, pubblicato su il Sussidiario.net.
L’elevata instabilità geopolitica e il crescente utilizzo dei dazi indeboliscono la ripresa del commercio internazionale e riducono la produzione manifatturiera, con una crisi più acuta per moda e meccanica. Il clima di incertezza frena gli investimenti delle imprese, con ricadute sul tasso di crescita: ad ottobre scende il clima di fiducia delle imprese, portandosi su un livello minimo da aprile 2021.
Per il prossimo anno si prospetta un indebolimento dell’attività edilizia, dopo una lunga fase espansiva. Le previsioni della Commissione europea pubblicate a metà novembre indicano per il 2025 in Italia una flessione del 3,8% degli investimenti in costruzioni. Nel corso dell’estate del 2024 si osserva una tenuta dell’attività nelle costruzioni, con il relativo indice della produzione che nel trimestre luglio-settembre 2024 segna un aumento dello 0,3% rispetto al trimestre precedente. L’intervento sulle detrazioni edilizie contenuto nel disegno di legge di bilancio frena l’attività di ristrutturazione delle abitazioni, allontanando l’Italia dal raggiungimento degli ambiziosi obiettivi previsti dalla direttiva green degli edifici.
I consumi di beni e le vendite al dettaglio sono in flessione, mentre tiene la spesa per i servizi. La spesa delle famiglie nel secondo trimestre del 2024 aumenta dello 0,3% rispetto al trimestre precedente, dinamica sostenuta dall’aumento dell’1,1% della spesa per i servizi mentre quella per i beni scende dello 0,3%. Il basso profilo dei consumi di beni è confermato dalla debolezza delle vendite al dettaglio, il cui volume nei primi nove mesi dell'anno segna un calo dello 0,7% su base annua. Ad ottobre la fiducia dei consumatori evidenzia un’evoluzione sfavorevole, con un peggioramento delle aspettative. Il turismo non conferma la crescita dello scorso anno: tra gennaio e settembre del 2024 le presenze turistiche ristagnano, con aumento su base annua delle presenze straniere che compensa il calo delle presenze dei turisti italiani.
La domanda interna è sostenuta da un buon andamento del mercato del lavoro, che a settembre 2024 registra un aumento di 301mila occupati in un anno (+1,3%, sostenuto dall’aumento di 331mila dipendenti permanenti, pari al +2,1%), pur segnando, dopo tre mesi di crescita, un calo su base mensile del numero di occupati. Rimane elevata la carenza di manodopera, in particolare di quella maggiormente qualificata: a novembre 2024 risulta di difficile reperimento il 47,9% delle entrate previste dalle imprese, quota che sale al 60,1% per gli operai specializzati e conduttori di impianti e macchine.
Il nuovo ciclo di politica fiscale delineato dal Piano strutturale di bilancio, caratterizzato da una riduzione del deficit e da un contenimento della spesa pubblica primaria, si associa ad una politica monetaria che ha determinato un caro tassi più pesante per le imprese italiane rispetto alle omologhe europee, riducendo la domanda di prestiti e la propensione ad investire delle imprese, ostacolando una complessa doppia transizione, digitale e green. Le imprese italiane a settembre 2024 hanno visto salire il costo del credito di 337 punti base rispetto a giugno 2022, mese precedente all’inizio della stretta monetaria: si tratta di 40 punti in più rispetto ai 297 punti in più registrati in Eurozona e dell’aumento più consistente tra i maggiori paesi europei. A settembre 2024 i prestiti alle imprese sono diminuiti del 2,4%, mentre la dinamica degli investimenti delle imprese dal primo trimestre del 2024 è entrata in territorio negativo e nel secondo trimestre dell’anno segna un calo del 2,3% su base annua. La BCE ha avviato un percorso di allentamento delle condizioni monetarie, ma che rimane ancora incerto nella sua intensità, dipendendo dall’evoluzione della congiuntura. La crescita ‘zero virgola’ dell’economia dell’Eurozona rende auspicabile, fin dalla prossima riunione del Consiglio della BCE del 12 dicembre, un deciso taglio dei tassi di cinquanta punti base.
Agli alti oneri finanziari si associa un livello dei prezzi di elettricità e gas che rimane ampiamente al di sopra dei livelli del 2021, anno precedente allo scoppio della crisi energetica. Il conflitto in Medio Oriente mantiene una elevata volatilità dei prezzi delle commodities energetiche.
Il percorso di miglioramento dei conti pubblici delineato dal Piano strutturale di bilancio 2025-2029 limita all’1,5% il tasso annuo di crescita della spesa primaria netta. Tale vincolo - introdotto dalla riforma del Patto di stabilità e crescita – in presenza di una maggiore rigidità delle uscite per previdenza, sanità e lavoro pubblico potrebbe spiazzare la spesa pubblica per gli investimenti, per gli interventi a sostegno delle attività economiche e per la difesa del territorio, questi ultimi resi sempre più necessari per contrastare gli effetti del cambiamento climatico. Sono opportuni gli interventi di riduzione della pressione fiscale, a fronte di un carico fiscale che in Italia nel 2024 rimane più alto di 1,7 punti di PIL rispetto alla media dell’Eurozona. L’indebolimento di una spinta fiscale espansiva può derivare anche dai ritardi nello stato di avanzamento delle opere previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), che a inizio ottobre 2024 registra una spesa complessivamente sostenuta di 53,5 miliardi di euro, pari al 27,5% del totale delle risorse finanziarie del Piano (194,4 miliardi).
Nostre elaborazioni su dati Banca d’Italia, Bce, Commissione europea, Eurostat, Istat, Mef, Unioncamere-Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e Upb
STUDI – Profondo rosso per moda e meccanica, persi 23 miliardi € di ricavi in otto mesi del 2024. Il focus su IlSussidario.net
Un esame degli ultimi dati sulla produzione industriale pubblicati dall’Istat confermano la difficile congiuntura della manifattura, appesantita dalla crisi di due settori chiave del made in Italy, la moda e meccanica. L’analisi della crisi che attanaglia i due comparti è proposta nell’articolo ‘I NUMERI/ Le armi spuntate di Italia e Ue contro la crisi di moda e meccanica’ a firma di Enrico Quintavalle, responsabile dell’Ufficio Studi di Confartigianato, pubblicato oggi su il Sussidiario.net.
Incide la debole ripresa del commercio internazionale: mentre il Fondo monetario internazionale ad ottobre stima per quest’anno una ripresa del 2,6%, l'analisi dei dati dell'istituto indipendente olandese CPB evidenzia nei primi otto mesi del 2024 una crescita dimezzata (+1,3%). Il calo dell’attività manifatturiera è determinante nell’azzeramento della crescita del PIL nel terzo trimestre del 2024.
Nei primi nove mesi del 2024 la produzione manifatturiera scende del 3,4%, con cali più pesanti e più ampi della media per la moda (-10,8%) e per i settori della meccanica rappresentati da mezzi trasporto (-9,2%), macchinari e impianti (-4,2%) e metallurgia e metalli (-3,7%). I fattori globali determinano una caduta della produzione di dimensione europea (-4,6% per moda e meccanica in Ue a 27), ma in Italia la crisi è più severa (-5,5%).
Nell'ambito settoriale in esame operano 186 mila imprese in cui lavorano 2 milioni e 76mila occupati pari ad oltre la metà (54,6%) della manifattura italiana. Di questi, oltre un milione lavora nelle micro e piccole imprese. Si tratta di un caleidoscopio di produzioni che, in diversi casi, hanno profonde radici nella storia del Paese: tessile, abbigliamento, pelli e calzature oltre a metallurgia, prodotti in metallo, macchinari e impianti, autoveicoli e componentistica, costruzione di camion, navi, treni e aerei e l'attività di servizio di riparazione e installazione dei macchinari. L’Italia è il primo produttore europeo della moda e il secondo, dietro alla Germania, nella meccanica.
Sulla crisi di questi primari settori manifatturieri pesano, oltre alle incertezze del commercio internazionale, altri fattori specifici. Sulla moda influiscono la spinta dei prezzi, più marcata nella fiammata inflazionistica innescata dallo shock energetico, le criticità nella supply chain innescate da pandemia e crisi internazionali, gli effetti della Brexit oltre al basso profilo della domanda di alcuni tra i maggiori mercati dei prodotti della moda, quali Germania e Giappone. Sulla meccanica condizionano la caduta della domanda di beni di investimento conseguente alla stretta monetaria, la recessione dell’economia tedesca e le incertezze dell’automotive nella difficile transizione alla mobilità elettrica. Nel 2024 si assiste ad una caduta della produzione di autoveicoli, che nei primi nove mesi del 2024 si riduce del 25,5%, una flessione drammaticamente più profonda del già grave calo del 9,2% della produzione in Ue a 27. Rimane elevata l’incertezza della domanda di veicoli elettrici: per raggiungere l’obiettivo al 2030 del Piano Nazionale integrato Energia e Clima (PNIEC), servirebbero 49 mila auto elettriche in più al mese, ma secondo i dati Unrae nei primi dieci mesi del 2024 se ne sono immatricolate poco più di 5 mila al mese. La fase recessiva dell’auto colpisce un ampio indotto, su cui dominano i settori della meccanica: le imprese dei prodotti in metallo determinano il 9,3% del valore aggiunto della filiera dei mezzi di trasporto su gomma, quelle dei macchinari il 6,9% e quelle della metallurgia il 4,2%.
Ad ottobre 2024 cedono ulteriormente le attese sugli ordini, che presentano diffusi saldi negativi e in peggioramento rispetto a settembre.
Si avvicina la fine dell’anno, periodo di bilanci, e quello dei ricavi dei due comparti in esame è in profondo rosso. Una anticipazione del Rapporto annuale di Confartigianato che sarà pubblicato in occasione dell’Assemblea di mercoledì prossimo, evidenzia che, sulla base dell’andamento dell’indice mensile del fatturato dell’Istat, nei primi otto mesi del 2024 le imprese della moda e meccanica hanno registrato una perdita di ricavi pari a 23,5 miliardi di euro, equivalenti a 2,9 miliardi di euro al mese.
Sul calo della produzione di macchinari contribuisce una stretta monetaria che tra giugno 2022 e settembre 2024 ha aumentato di 337 punti base il costo del credito alle imprese. Al crescere del costo del denaro cede la domanda di investimenti in macchinari che nel primo semestre del 2024 scende del 4,6% su base annua, con una intensità più che doppia rispetto al calo dell’1,9% della media Ue a 27. Sul basso profilo degli investimenti in macchinari grava ‘l’effetto burocrazia’ per Transizione 5.0, rappresentato da un eccessivo carico di adempimenti imposto alle imprese per accedere agli incentivi che ne frena l’utilizzo.
Il ritardo nella ripresa del commercio internazionale determina nei primi nove mesi del 2024 un calo del 4,8% delle esportazioni di moda e meccanica, più severo rispetto al -0,8% della media della manifattura. In particolare, il conclamato secondo anno di recessione in Germania determina una caduta della domanda del maggiore mercato del made in Italy. Sempre nei primi nove mesi del 2024 la flessione dell’export verso la Germania dei prodotti della moda, della meccanica e dell’automotive arriva al -11,3%, il doppio rispetto al -5,5% del totale delle esportazioni nel paese, e su cui influisce il crollo (-29,6%) delle esportazioni di autoveicoli sul mercato tedesco.
Il difficile ciclo congiunturale di moda e meccanica, che coinvolge 2 milioni di occupati, determina una forte diminuzione delle previsioni di assunzione che nel trimestre novembre 2024-gennaio 2025 scendono del 21,7% su base annua rispetto allo stesso periodo del 2023 - pari ad oltre 35 mila entrate in meno nel trimestre – e con una intensità doppia rispetto al calo del 9,9% della media della manifattura.
I territori maggiormente specializzati in moda e meccanica risultano più esposti alla tempesta in corso. I due comparti registrano un maggiore peso sull’economia regionale in Piemonte, Marche, Friuli Venezia-Giulia, Toscana, Veneto ed Emilia-Romagna. Moda e meccanica insieme rappresentano oltre un quinto dell’economia del territorio nelle undici province di Prato, Fermo, Lecco, Vicenza, Biella, Brescia, Novara, Mantova, Modena, Reggio Emilia e Gorizia.
Per intervenire con efficacia su questa crisi della manifattura gli attori di politica economica, nazionali ed europei, devono uscire dagli schemi dell’ordinaria amministrazione che, ad oggi, offrono armi spuntate. Mentre si registra la bassa velocità dell’allentamento monetario della Bce, il limite dell’1,5% della crescita annua della spesa pubblica primaria netta richiesto dalla riforma del Patto di stabilità e crescita riduce gli spazi per politiche industriali anticicliche. Infine, gli interventi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, da cui arriva un importante sostegno alla crescita dell’economia italiana, hanno un impatto più contenuto sulla manifattura, comparto che beneficia del 13% della creazione di valore innescata dal Piano.
Elaborazioni Ufficio Studi Confartigianato su dati Bce, Commissione europea, Cpb, Eurostat, Fondo monetario internazionale, Istat, Mef e Unioncamere-Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali
STUDI - Mille giorni di guerra, la resilienza dell’Italia: in 3 anni +6,2% per PIL e occupazione
Sono trascorsi mille giorni dal 24 febbraio 2022, giorno in cui la Russia ha iniziato l’invasione dell’Ucraina. Da allora, sul fronte dell’economia si sono succedute una grave crisi energetica che ha triplicato i prezzi dell’energia elettrica - ad ottobre 2022 deraglia il prezzo dell’energia elettrica, segnando un aumento del 199,0% - la stretta monetaria più pesante della storia dell’euro, la caduta del commercio internazionale e le incertezze derivanti dallo scoppio del conflitto in Medio Oriente.
Se confrontiamo le previsioni del Fondo monetario internazionale di ottobre del 2021 con i dati del World Economic Outlook pubblicato lo scorso ottobre, si calcola che nell’arco dei tre anni di guerra l’economia mondiale ha contabilizzato oltre mezzo punto (-0,6%) di minore crescita del PIL all’anno. La frenata è più marcata per l’Unione europea che, a fronte di un previsto tasso di crescita medio annuo del +2,6% realizza un più ridotto tasso del +1,5%.
Sull’abbassamento del sentiero di crescita pesano diversi fattori recessivi. All’incertezza determinata dall’instabilità del contesto internazionale e il calo della fiducia delle imprese, si sommano gli effetti delle diffuse strette monetarie attuate dalle banche centrali per arginare lo shock inflazionistico innescato dalla crisi energetica, del crescente ricorso a misure protezionistiche, del calo del commercio internazionale nel 2023 e la frenata delle economie di Cina e Germania.
In questo clima di incertezza, le conseguenze economiche delle guerre determinano un impatto rilevante anche per l’Italia. Ma va qui sottolineato che, nonostante i rilevanti impulsi recessivi conseguenti ai conflitti, dallo scoppio della guerra in Ucraina l’economia italiana ha mostrato una maggiore resilienza rispetto alle altre economie europee, registrando una migliore performance per crescita del PIL, dell’occupazione e dell’export.
L’analisi dei dati dell’Autumn 2024 Economic Forecast pubblicati venerdì scorso dalla Commissione europea, evidenzia che nell’arco dei tre anni di guerra, tra il 2021 e il 2024, il PIL pro capite, valutato a prezzi costanti, sale del 6,2% in Italia, davanti al +3,5% della Francia mentre scende dell’1,0% in Germania, economia avvitata in una recessione, con ricadute significative per il mercato del made in Italy.
Inoltre, tra il 2021 e il 2024, il mercato del lavoro italiano registra una crescita dell’occupazione del 6,2%, facendo meglio della media Ue (+4,5%), oltre che di Germania (+4,3%) e Francia (+3,6%).
Nonostante la debolezza del commercio internazionale, sempre nel triennio 2021-2024, il valore delle esportazioni di beni dell'Italia è salito del 19,5%, una crescita più robusta del +18,5% della Francia, del +17,3% della media Ue e del +13,3% della Germania.
Questa resilienza dell’economia italiana poggia le basi su un diffuso e performante sistema di micro e piccole imprese. Una analisi del confronto europeo sulle imprese evidenzia che il cuore del sistema imprenditoriale dell’Italia è rappresentato dalle micro e piccole imprese fino a 49 addetti che concentrano il 61,5% degli addetti dell’economia privata non agricola, quota superiore di ben 13,1 punti percentuali rispetto alla media di 48,4% dell’Unione europea a 27 e nettamente più alta rispetto quella dei principali paesi europei: la Spagna si attesta sul 52,4%, la Francia sul 41,9% e la Germania sul 40,6%.
Dinamica 2021-2024 di PIL pro capite reale ed occupazione nei maggiori paesi UE
Anno 2024. Variazione % su 2021. Previsioni del 15 novembre - Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Commissione europea
STUDI – Stati Uniti, Italia 1° esportatore Ue nei settori di micro e piccola impresa con 17,2 miliardi € di export
L’evoluzione della società e dell’economia degli Stati Uniti si colloca al centro dell’attenzione mondiale con l’elezione odierna del quarantasettesimo Presidente. Gli Stati Uniti sono la prima economia del mondo, con un PIL che nel 2024 vale 29.168 miliardi di dollari, pari al 26,5% del PIL mondiale e al 45,1% del PIL delle economie avanzate. Nel 2024 l’economia statunitense vale il 50,3% in più di quella dell’Unione europea mentre viene superata dai dieci paesi BRICS+ che, al gruppo di Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa, aggiungono da quest’anno Arabia Saudita, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Etiopia e Iran.
Gli Stati Uniti sono il terzo partner commerciale dell’Italia, dopo Germania e Francia, con un interscambio di 93,1 miliardi di euro nel 2024 (ultimi dodici mesi ad agosto). Gli Stati Uniti diventano il secondo mercato del made in Italy, con un export che nel 2024 vale 67,2 miliardi di euro, dopo aver superato nel 2022 la Francia, un mercato che oggi vale 62,4 miliardi di euro. Nell’attuale difficile fase congiunturale, caratterizzata da tensioni geopolitiche che ritardano la ripresa del commercio internazionale, ristagnano le vendite anche sul mercato Usa (-0,2% nei primi otto mesi del 2024). Nel triennio 2021-2024 le esportazioni negli Stati Uniti hanno registrato una crescita cumulata del +36,1%, un tasso ampiamente superiore al +16,8% dell’export verso la Francia e del +6,5% di quello verso la Germania.
Italia primo esportatore negli Usa nei settori di micro e piccola impresa – L’analisi settoriale evidenzia che nel 2023 l’Italia è il primo paese dell’Unione europea per esportazioni negli Stati Uniti nei settori con una elevata presenza di micro e piccola impresa (MPI) – food, moda, legno e mobili, prodotti in metallo, altre manifatture, tra cui gioielleria e occhialeria – con 7,2 miliardi di euro, davanti a Germania con 13,6 miliardi e Francia con 8,2 miliardi.
Nel dettaglio, l’Italia è al primo posto tra i 27 paesi dell’Unione europea per esportazioni negli Stati Uniti per i prodotti della moda con 5,1 miliardi di esportazioni – di cui 2,4 miliardi di euro di abbigliamento e 2,7 miliardi di pelli –, per i prodotti alimentari con 4,0 miliardi di euro e di mobili con 1,6 miliardi. Da una analisi di maggiore dettaglio emerge che l’Italia è il primo esportatore europeo negli Stati Uniti sia per la gioielleria con 1,6 miliardi di euro di vendite nel mercato Usa che, nell’ambito delle pelli, per le calzature con 1,4 miliardi di euro.
In chiave territoriale, le regioni maggiormente esposte sul mercato americano per vendite di prodotti dei settori di MPI, con valori superiori alla media nazionale, sono la Toscana con un valore dell’export nei settori in esame che è pari al 2,3% del PIL regionale, il Veneto con l’1,9% del PIL, l’Umbria con l’1,3% del PIL, il Friuli-Venezia Giulia con l’1,2% del PIL, le Marche con l’1,1% del PIL e la Lombardia con l’1,0% del PIL.
Export sul mercato Usa nei settori di micro e piccola impresa nei 27 paesi Ue
2023, % export settori MPI su PIL 2022, Ateco 2007: 10, 13-15, 16, 18, 25, 31 e 32 - Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Eurostat
Esposizione sul mercato Usa nei settori di micro e piccola impresa per regione
2023, % export settori MPI su PIL 2022, Ateco 2007: 10, 13-15, 16, 18, 25, 31 e 32 - Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Istat