21 Novembre 2007, h. 00:00

Bus locali tra multe e mancate gare d’appalto

L’Agcm, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, ha multato per 10 milioni di euro 15 aziende di trasporto pubblico locale delle più grandi città italiane, condannate per aver “impedito la realizzazione del processo di liberalizzazione del settore, in vista dell’affidamento dei servizi di trasporto pubblico locale tramite gara”. “Ringraziamo l’Antitrust per la decisione. Sono anni che segnaliamo queste intese, ma finora eravamo sempre rimasti inascoltati”. Questa è stata la prima reazione di Willy Della Valle, presidente di Confartigianato Autobus operator, all’emanazione della sentenza. Un Davide contro Golia del trasporto pubblico locale quindi, con le grandi compagnie che si alleano per evitare che le concorrenti rubino loro importanti fette di mercato. Ma cosa è successo? E perché è potuto accadere? Proviamo a tracciarne la storia. Nel 1997 fu disegnata una riforma del settore che prevedeva l’introduzione, già dai primi anni del nuovo millennio, delle gare d’appalto per l’assegnazione dei trasporti pubblici locali. Ma l’adozione di questo strumento è stato rimandato di anno in anno e ancora oggi, nella Finanziaria di recente approvazione al Senato, la data d’introduzione è stata fatta slittare al 2009. Ma intanto le grandi aziende del settore hanno iniziato a pensare ad una soluzione per evitare che piccoli operatori del settore potessero togliere loro parte del mercato in cui operano, indisturbate, da anni. Sfruttando anche le cosiddette ATI, le associazioni temporanee d’impresa che permettevano di presentare un’offerta praticamente già vincente in partenza. Nel 2005, su sollecitazione delle Associazioni di categoria, l’Agcm ha aperto la prima istruttoria su Roma, continuando poi con Torino, Venezia, Perugia, Bologna, La Spezia, Firenze e molti altri capoluoghi del Centro e del Nord Italia. Il risultato delle indagini? 10 milioni di euro di multa per aver “impedito la realizzazione del processo di liberalizzazione del settore”. Si potrebbe credere, quindi, che con la multa venga risarcito il danno alle piccole imprese provocato dalle intese dei grandi operatori e quello perpetrato nei confronti dei cittadini per la mancata concorrenza attuata sul mercato. Purtroppo, non è proprio così. Soprattutto se si analizzano due fattori: il primo legislativo, il secondo circa il pagamento delle multe comminate alle municipalizzate. Il primo dubbio riguarda la possibilità di creare le cosiddette Ati, le associazioni temporanee d’impresa svincolate dall’obbligo di creare una vera e propria società. Le municipalizzate che ne hanno beneficiato, quelle poi multate dall’Antitrust, hanno detto che una scelta simile avrebbe permesso di abbattere i costi, con un evidente risparmio per l’ente locale ed i cittadini. Ma è difficile credere che aziende che tradizionalmente operano in città molto distanti tra loro, e senza che venga creata una vera e propria una fusione societaria, possano riuscire a risparmiare così tanto. Viene da pensare, quindi, che le aziende di trasporto locale abbiano scelto questo escamotage per blindare le gare d’appalto ed evitare, al tempo stesso, di intralciarsi nei rispettivi comuni di appartenenza. Il secondo dubbio, invece, nasce dalle multe comminate alle principali aziende italiane di trasporto pubblico locale su gomma. Chi pagherà i 10 milioni di euro? Le aziende stesse? Non proprio. Ma, verosimilmente, i cittadini stessi e le aziende già danneggiate dalle intese dei “Golia”. Infatti, essendo tutte società pubbliche non esposte di fatto al fallimento, il disavanzo nel bilancio societario verrà coperto dai vari Comuni, e cioè dalla fiscalità comunale. Quindi da quegli stessi soggetti già danneggiati dal comportamento sleale tenuto dalle aziende di trasporto: i cittadini. Come dire, dopo il danno la beffa.

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