12 Giugno 2012, h. 11:36

ASSEMBLEA CONFARTIGIANATO – Rapporto: Fisco e burocrazia sempre più pesanti sulle imprese

Nel 2012 la pressione fiscale in Italia ha toccato il massimo storico ed è pari al 45,1% del PIL, con una crescita di ben 2,6 punti in più in un anno. Le tre manovre economiche del 2011, una ogni 51 giorni, hanno quindi lasciato un segno indelebile nella storia dei conti pubblici italiani.

L’eccezionale crescita di quest’anno fa sfondare il precedente massimo della pressione fiscale di 43,9% registrato nel 1997.

Ma, se si considera il mancato gettito dell’economia sommersa, la pressione fiscale effettiva è pari al 53,7%.

Un carico di tributi per pagare i quali i cittadini devono lavorare fino al 13 luglio di quest’anno.

Le tasse pesano in modo particolare sui salari: in Italia il cuneo fiscale che grava sul costo del lavoro di un dipendente single senza figli con retribuzione media, è pari al 47,6%. Si tratta del sesto cuneo fiscale più oneroso tra i 34 Paesi avanzati dell’Ocse, con un livello di 12,3 punti superiore alla media di 35,3% registrata nei paesi Ocse.

E mentre le imprese italiane sopportano questo salasso, una larga parte dell’economia sfugge a qualsiasi tassazione e prospera indisturbata. Secondo il rapporto di Confartigianato le attività sommerse infatti generano un valore aggiunto che oscilla tra un minimo di 255 miliardi di euro e un massimo di 275 miliardi di euro, pari rispettivamente al 16,3% e al 17,5% del PIL.

Le cose non vanno meglio per quanto riguarda la burocrazia. Nell’ultimo anno le piccole e medie imprese hanno speso in oneri amministrativi 23.080 milioni di euro, equivalenti a 5.269 euro per impresa e pari a 1,5 punti di PIL. Gli imprenditori artigiani hanno dedicato alla gestione delle pratiche amministrative 123.670.831 giornate, equivalenti a 86 giornate l’anno per impresa. In pratica solo dal 30 aprile gli imprenditori sono liberi dalla burocrazia e possono occuparsi  della propria attività.

L’inefficienza nel rapporto tra Pubblica Amministrazione e imprese genera un ambiente ostile al ‘fare impresa’, tanto che nella classifica sulla facilità di fare impresa ‘Doing Business 2012’ l’Italia si colloca all’87° posto tra i 183 Paesi del mondo.

Nel corso dell’ultimo anno l’Italia peggiora – o al meglio mantiene – la posizione nella classifica mondiale dell’anno precedente. Per il nostro Paese le peggiori performances si riscontrano per la soluzione giudiziale delle controversie commerciali (158° posto sui 183 paesi monitorati, posizione invariata rispetto all’anno precedente); molto bassa la posizione anche per i tempi necessari al pagamento di imposte e contributi (134° posto, con peggioramento di 3 posizioni), per l’accesso al credito (98° posto con peggioramento di 2 posizioni), per le performances relative alle concessioni di licenze edilizie (96° posto con peggioramento di 3 posizioni), al trasferimento di una proprietà immobiliare (84° posto, con peggioramento di 2 posizioni) e all’avvio di una impresa (77° posto con peggioramento di 10 posizioni).

Una specifica criticità riguarda il tempo necessario per svolgere gli adempimenti fiscali: per le procedure necessarie al pagamento di imposte e contributi, l’Italia si colloca al 134° posto nella classifica mondiale; nel nostro Paese servono 15 procedure e l’impiego di 285 ore, equivalenti a circa 36 giorni lavorativi, per il pagamento dei tributi. In media un Paese avanzato ha un numero di procedure non distante da quello italiano (13), ma il tempo necessario per pagare le imposte si riduce a 186 ore: in Italia, quindi, il tempo necessario per pagare le imposte è superiore del 53,2% rispetto alla media Ocse.

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