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Alla Convention del Sistema Imprese si progetta il futuro dell’artigianato

È iniziato il 10 luglio il percorso della Convention 2025 del Sistema Imprese di Confartigianato, un evento pensato come tappa  di un cammino di riflessione strategica e progettazione condivisa. Intitolata “Generazione di fenomeni. L’impresa non ha età, ma idee”, la giornata ha riunito imprenditori, studiosi, formatori e rappresentanti istituzionali per affrontare i temi centrali del presente e del futuro dell’artigianato italiano.

Al centro dei lavori, la valorizzazione dell’esperienza maturata all’interno delle imprese, il passaggio generazionale come leva di innovazione e la necessità di ispirare nuove forme di leadership capaci di guidare le micro e piccole imprese nei contesti economici in rapida trasformazione. Innovazione, sostenibilità, identità d’impresa, valore del Made in Italy, network intergenerazionali e nuovi modelli formativi: questi i cardini attorno a cui si è sviluppato il confronto.

La Convention è solo l’inizio. Il lavoro proseguirà nei prossimi mesi attraverso tavoli settoriali e con un workshop conclusivo previsto per novembre, dedicato alla definizione della programmazione pluriennale del Sistema Imprese Confartigianato.

Il Presidente di Confartigianato Imprese Marco Granelli, nel suo intervento introduttivo, ha dato un forte significato politico e culturale alla giornata: «“Generazione di fenomeni” è una dichiarazione d’intenti. Non conta l’età, ma la forza delle idee, la capacità di mettersi in discussione, di adattarsi, di innovare». Granelli ha posto l’accento su una rappresentanza che non si limita a reagire, ma che anticipa, interpreta e propone. «Confartigianato è un esempio concreto di rappresentanza intergenerazionale – ha detto – unisce visione e memoria, innovazione e radici».

A seguire, il Vicepresidente di Confartigianato delegato al Sistema Imprese, Fabio Mereu, ha evidenziato come la Convention rappresenti la giornata delle Categorie, il cuore operativo e progettuale di Confartigianato. Con un intervento appassionato ha affrontato il tema del passaggio generazionale: «È una sfida umana, oltre che organizzativa. Dobbiamo accompagnare questo momento delicato con strumenti, ascolto e visione. Il sapere artigiano non può essere disperso, ma trasferito, reinterpretato, rilanciato».
Mereu ha lanciato un appello affinché la scuola e il mondo del lavoro siano connessi in modo più solido e continuo, affinché ogni ragazzo possa trovare nel saper fare artigiano un orizzonte professionale e culturale di valore. «Le nostre imprese non hanno bisogno di “istruzioni per l’uso”, ma solo della libertà di applicare la propria intelligenza per trovare soluzioni».

Il rapporto “Intergeneration Economy”, presentato da Enrico Quintavalle, responsabile dell’Ufficio studi di Confartigianato, ha evidenziato come la creazione di valore nei prossimi anni dipenderà dalla capacità delle imprese di costruire un’alleanza tra generazioni. In un contesto segnato da un forte declino demografico – con 6,7 milioni di lavoratori in meno previsti entro il 2050 – le micro e piccole imprese diventano luoghi strategici per integrare le competenze dei senior con l’energia e la visione dei giovani. Lo studio mostra come la carenza di giovani disponibili sul mercato del lavoro e il rischio di perdita del patrimonio di competenze con l’uscita dei lavoratori più esperti stiano mettendo in crisi il passaggio generazionale. Le imprese segnalano più le difficoltà che i vantaggi del ricambio, aggravati anche dall’elevato numero di giovani inattivi e dall’emigrazione di laureati.
Nonostante questo scenario complesso, il rapporto sottolinea le potenzialità della collaborazione intergenerazionale, in grado di rafforzare competitività, sostenibilità e innovazione. L’impresa familiare e le reti tra imprese mostrano una crescente apertura alla cooperazione, soprattutto nei settori artigiani. Il sistema produttivo italiano, forte della sua eccellenza manifatturiera e del valore del Made in Italy, può affrontare questa transizione solo se saprà valorizzare pienamente la complementarità tra generazioni.

Una delle fasi più coinvolgenti della giornata è stata quella dedicata alla presentazione de “L’Abbecedario del Made in Italy”, condotta dalla giornalista Anna De Roberto. Un confronto polifonico tra il linguista Beniamino Mirisola, l’attore Paolo Franciosi, e gli economisti Carlo Bagnoli e Giancarlo Corò (entrambi docenti dell’Università Ca’ Foscari di Venezia), che hanno esplorato i significati profondi, i simboli e il valore linguistico ed economico del Made in Italy come narrazione collettiva e come asset strategico, da difendere e rilanciare. Il Made in Italy è prima di tutto una forma di pensiero, un sistema di valori, un patrimonio identitario.

 

 


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Eleonora Di Maria, docente di Economia e gestione delle imprese all’Università di Padova, ha illustrato il concetto di impresa ibrida, capace di integrare obiettivi economici, ambientali e sociali. «L’artigianato può essere il modello d’impresa del futuro – ha detto – perché unisce qualità, identità territoriale, innovazione e sostenibilità». “L’impresa artigiana – ha spiegato – deve tenere conto del fatto che lo scenario è cambiato non soltanto da un punto di vista economico ma anche ambientale e sociale. Bisogna dare maggiore attenzione alla qualità nel modo con cui si utilizzano le risorse, allo stesso tempo all’impatto che si può avere con la propria attività economica all’interno delle proprie comunità locali, la possibilità di gestire con una maggiore qualità anche il lavoro all’interno delle proprie organizzazioni. In questo senso le imprese ibride sono imprese che riescono a mettere insieme obiettivi diversi: di natura economica, certo, ,a anche ambientale e sociale e sono imprese che riescono ad essere più flessibili, più capaci di rispondere alle sfide dell’ambiente competitivo, lavorando in maniera più innovativa e soprattutto riuscendo anche a utilizzare per esempio l’innovazione tecnologica anche come strumento per ripensare il valore che viene portato verso il mercato. Un’ulteriore sfida è quella legata alla capacità di misurare i risultati ottenuti. In questo senso l’impresa artigiana può dare un valore aggiunto all’interno di questo modello d’impresa ibrida perché è riuscita da sempre a connotarsi con una qualità del saper fare molto elevata e anche un’attenzione agli elementi duraturi del proprio prodotto rispetto alle esigenze del contesto territoriale”.

Pierluigi Bartolomei, della Fondazione Imprese e Competenze del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, ha riportato al centro la questione formativa. «I mestieri del fare non sono secondari – ha detto – ma pilastri della nostra economia. Dobbiamo riscoprirli e farli scoprire alle nuove generazioni. Servono più ITS, più orientamento, connessioni scuola-imprese, più cultura del fare. Il sapere manuale è pensiero. L’artigianato è intelligenza applicata. E oggi i nostri giovani devono sapere che esistono mestieri affascinanti, nobili, capaci di generare futuro». “L’obiettivo della Fondazione – ha spiegato – consiste nel far emergere mestieri e competenze nelle realtà artigiane nel manifatturiero, nel fashion, nel food, in tutti i settori italiani importanti e per i quali siamo conosciuti un po’ in tutto il mondo. Quindi l’artigianato è fondamentale ed è importante la collaborazione con Confartigianato, che è presente in tutto il territorio nazionale e ci consentirà proprio di integrare e di contaminare le scuole con le realtà produttive italiane”.

E il rapporto dei giovani con il mondo del lavoro è stato al centro dell’intervento del Segretario Generale del Censis Giorgio De Rita e della ricercatrice Sara Lena che hanno illustrato il 4° Radar Artigiano, realizzato per Confartigianato, uno strumento prezioso per comprendere l’approccio delle nuove generazioni all’impresa e all’artigianato.

La Convention ha ospitato anche il dialogo tra l’attore Paolo Kessisoglu e i presidenti Barbara Ramaioli (Confartigianato Meccanica), Fabrizio Peresson (Confartigianato Comunicazione), Stefania Baiolini (Confartigianato Estetisti) e Alvaro Giovannini (Confartigianato Imprese di pulizia). Un confronto a più voci che ha unito esperienze, visioni, errori e successi, dimostrando come la diversità generazionale può essere un’opportunità e che l’impresa artigiana può essere vissuta come vocazione e scelta di vita.

Il Segretario Generale Vincenzo Mamoli ha concluso i lavori della giornata: «Questa Convention – ha detto – è l’inizio di un nuovo modo di progettare insieme. Nei prossimi mesi, attraverso tavoli di lavoro settoriali, porteremo avanti questo percorso che ci condurrà a novembre a definire la programmazione dei prossimi anni. Vogliamo un sistema d’impresa sempre più forte, consapevole, protagonista. Perché le nostre imprese sono piccole, ma pensano in grande».

La Convention 2025 del Sistema Imprese Confartigianato segna così l’avvio di un progetto collettivo ambizioso: costruire il futuro dell’artigianato italiano mettendo al centro le persone, le idee e le relazioni. Una generazione di fenomeni che guarda avanti, con i piedi saldi nella tradizione e la mente rivolta all’innovazione. Questi sono gli artigiani e i piccoli imprenditori che non aspettano il futuro ma lo costruiscono.

 

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