I segnali up&down della congiuntura a fine 2025. L’analisi su IlSussidiario.net
Si avvicina la fine dell’anno, e per l’economia e le imprese italiane è tempo di bilanci. L’analisi delle tendenze della congiuntura nell’ultimo scorcio del 2025 è proposta nell’articolo I numeri del 2025/ Come sono andate l’economia e le nostre imprese: ecco un bilancio tra segni più e meno a firma di Enrico Quintavalle, responsabile dell’Ufficio Studi di Confartigianato, pubblicato su il Sussidiario.net.
Si chiude un anno dominato dall’incertezza che ha indebolito le prospettive di crescita. Le tensioni geopolitiche e il protezionismo statunitense compromettono la ripresa della manifattura e delle esportazioni. Sono in risalita gli investimenti totali, grazie al maggiore dinamismo degli investimenti in macchinari e agli interventi del PNRR. Rimane tonico il mercato del lavoro, sostenuto dalla maggiore crescita degli occupati nel Mezzogiorno. Migliora il trend dei consumi delle famiglie, pur rimanendo ancora sottotono. In attesa delle decisioni di politica monetaria del Consiglio della BCE di questa settimana, la pausa nel calo dei tassi di riferimento ha visto un ritorno alla crescita del costo del credito per le imprese, mentre una politica fiscale prudente fornisce un supporto limitato ai processi di crescita.
L’attività manifatturiera non è ancora indirizzata su uno stabile sentiero di ripresa. L’indice della produzione, dopo il segnale positivo di settembre (+2,7% su agosto), ad ottobre torna a scendere (-1,0%) e nei primi dieci mesi del 2025 cumula una flessione dell’1,0% su base annua. Nei primi nove mesi del 2025 ristagnano (+0,5%) le esportazioni del made in Italy, valutate al netto del farmaceutico. Le prospettive di minori esportazioni negli Stati Uniti conseguenti ai dazi del 15% si sono già concretizzate in alcune delle maggiori regioni esportatrici. Sempre al netto delle transazioni del farmaceutico, influenzate dagli acquisti delle case madri statunitensi, l’export negli Stati Uniti segna forti cali per Piemonte (-9,5%), Emilia-Romagna (-8,3%), Campania e Veneto (entrambe con -6,7%). Un impatto secondario indotto dai dazi statunitensi è quello della maggiore aggressività dei prodotti cinesi: a settembre 2025 l’import dalla Cina sale del 26,8% su base annua e nei primi nove mesi cumula un aumento del 20,1%.
L’aggiornamento dei conti nazionali delinea il consolidamento della ripresa degli investimenti che nel terzo trimestre del 2025 salgono del 5,1%, accelerando la crescita del 3,2% del secondo trimestre dell’anno. Nel confronto internazionale il ritmo dell’accumulazione di capitale in Italia è doppio del +2,7% della media Ue, mentre ristagna in Francia (+0,5%) e Germania (crescita zero).
In particolare, gli investimenti in macchinari e impianti, strategici per le imprese impegnate nella doppia transizione digitale e green, salgono del 7,6% migliorando il +0,8% del secondo trimestre dell’anno.
Rimane in positivo l’attività delle costruzioni, che beneficia degli interventi del PNRR, mentre si registrano ancora incertezze per i consumi delle famiglie. Nei primi tre trimestri del 2025 gli investimenti in fabbricati non residenziali e altre opere crescono del 15,2% mentre la spesa per consumi delle famiglie segna un aumento dello 0,9%, migliorando il +0,7% del 2024.
L’Istat conferma il buon andamento del turismo estivo: il terzo trimestre 2025, turisticamente il più importante dell’anno, registra un incremento delle presenze negli esercizi ricettivi italiani pari a +2,5% rispetto al medesimo periodo del 2024. La crescita è sostenuta dalle presenze dei turisti stranieri (+5,0%), mentre quelle dei turisti residenti sono sostanzialmente stabili (-0,3%).
A ottobre 2025 il numero di occupati è in crescita dello 0,3% rispetto al mese precedente. L’occupazione aumenta anche rispetto a ottobre 2024 (+224mila occupati in un anno), sintesi della crescita dei dipendenti permanenti (+288mila) e degli autonomi (+123mila) e del calo dei dipendenti a termine (-188mila). Secondo i dati su base territoriale pubblicati giovedì scorso dall’Istat, si conferma il traino del Mezzogiorno: nei primi nove mesi del 2025 l’occupazione nelle regioni meridionali segna una crescita del 1,7%, un tasso quasi triplo del +0,6% dei territori del Centro-Nord. Nel trimestre estivo luglio-settembre l’occupazione nel Sud e Isole sale dello 0,8% mentre ristagna (-0,1%) nel Nord e scende dello 0,8% nel Centro.
L’incertezza determina un ulteriore peggioramento delle previsioni delle assunzioni delle imprese, che per il trimestre dicembre 2025 – febbraio 2026 sono in calo del 6,4% su base annua.
Sul piano delle politiche economiche, il mancato taglio dei tassi di interesse nelle ultime tre sedute del Consiglio della BCE mantiene elevato il costo del denaro e penalizza la ripresa in corso degli investimenti. A ottobre il costo del credito per le imprese sale al 3,61% (era 3,51% a settembre) e rimane di 198 punti base superiore al livello precedente all’avvio della stretta monetaria (giugno 2022).
Si consolida la crescita dei prestiti alle imprese, che a ottobre salgono dell’1,3% su base annua, confermando il trend di settembre, ma risultando meno intensa rispetto al +2,9% registrato in Eurozona. Secondo gli ultimi dati disponibili, a metà 2025 persiste un pesante calo (-5,0%) dei prestiti alle piccole imprese.
La manovra di bilancio, comprensiva della riprogrammazione PNRR, prevede interventi per 21,6 miliardi di euro all’anno nel triennio 2026-2028, con effetti espansivi limitati: sostanzialmente neutra nel 2026 a fronte di 0,1 punti di maggiore crescita del PIL nel 2027 e nel 2028. Il deficit già nel 2025 raggiunge il limite del 3% del PIL e nel 2026 scende al 2,8%, nel 2027 al 2,6% per arrivare al 2,3% nel 2028. Prosegue la salita del rapporto saldo primario/PIL che al termine del periodo di programmazione, nel 2028, arriva all’1,9%, recuperando il valore pre-pandemia del 2019.
La manovra conferma la traiettoria di riduzione del rapporto debito/PIL a partire dal 2027 (-0,1 punti) per proseguire nel 2028 (-0,9 punti). L’Italia mantiene un sentiero in linea con il trend programmato della spesa primaria netta, come previsto dalle nuove regole europee, con un aumento dell’1,6% nel 2026, dell’1,9% nel 2027 per tornare al +1,6% nel 2028. Come indicato dall’Ufficio parlamentare di bilancio “l’utilizzo pressoché integrale dello spazio di bilancio disponibile espone al rischio di non avere a disposizione ulteriori risorse per far fronte a esigenze impreviste”.
Elaborazione Ufficio Studi su dati Banca d’Italia, BCE, Commissione europea, Corte dei conti, Eurostat, Istat, Mef, Unioncamere-MDLPS e Upb
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