Confartigianato ospita l’incontro di coordinamento del Progetto DIGISOC per il dialogo sociale europeo
La sede nazionale di Confartigianato Imprese a Roma ha ospitato l’ultimo incontro di coordinamento previsto nell’ambito del Progetto europeo DigiSoc - Digital Social Partners, con i partner europei provenienti da Romania, Slovenia, Spagna, Lituania, Ungheria, Cipro e Italia e il coinvolgimento di SMEUnited.
Il Progetto DigiSoc ha l’obiettivo di approfondire il tema dell’utilizzo degli strumenti digitali nel mercato del lavoro, nell’ambito dell’Accordo quadro sulla digitalizzazione concluso dalle Parti sociali europee nel 2020. Inoltre, il progetto intende rafforzare il ruolo delle parti sociali europee, promuovendo momenti di formazione e strumenti ad hoc per garantire una maggiore diffusione di notizie e informazioni sulle politiche UE in ambito sociale.
Durante l’incontro a Roma, Confartigianato, coordinatore della fase progettuale (WP2) riguardante l’implementazione dell’Accordo, ha illustrato la struttura e i contenuti del Report finale in cui sono stati comparati i risultati dei seminari nazionali organizzati nei sette Paesi coinvolti nel progetto e raccolte le buone pratiche realizzate.
L’incontro è stato anche l’occasione per confrontarsi con gli altri partner in vista della conferenza finale del progetto DigiSoc, che si terrà a Vilnius (Lituania) il 25 settembre 2024, durante la quale il Report comparativo verrà ufficialmente presentato da Confartigianato e saranno condivise le buone pratiche raccolte in ogni Paese.
Confartigianato Imprese ha quindi proseguito l’importante attività di rafforzamento delle proprie relazioni con alcune delle più importanti organizzazioni che fanno parte della famiglia di SMEUnited, confermando ancora una volta il suo impegno nel dar voce anche in ambito europeo alle necessità e ai bisogni delle micro e piccole imprese italiane.
Tassi BCE invariati, per imprese in Italia costo del credito più alto in Ue e calo del 2,7% degli investimenti
Prosegue la navigazione ‘a vista’ dell’ autorità monetaria europea, dopo che il Consiglio direttivo della BCE nella seduta odierna ha mantenuto invariati i tassi di riferimento, confermando che “continuerà a seguire un approccio guidato dai dati in base al quale le decisioni vengono definite di volta in volta a ogni riunione” e “senza vincolarsi a un particolare percorso dei tassi”. In parallelo, va osservato che il tasso di inflazione dell'area dell'euro scende al 2,5% a giugno 2024, in calo rispetto al 2,6% di maggio. Un anno prima l’inflazione era del 5,5%. I tassi di inflazione più bassi sono stati registrati in Finlandia (0,5%) e Italia (0,9%). La BCE indica che “le pressioni interne sui prezzi restano alte, l’inflazione dei servizi è elevata ed è probabile che l’inflazione complessiva rimanga al di sopra dell’obiettivo fino a gran parte del prossimo anno”.A rischio la ripresa degli investimenti - Come ha già sottolineato Marco Granelli, Presidente di Confartigianato, l’incertezza nella velocità di discesa dei tassi ostacola le decisioni di investimento delle imprese, frenando le transizioni, demografica, digitale e green. Nel primo trimestre del 2024 investimenti delle imprese scendono del 2,7% su base annua, dopo un 2023 in cui la propensione ad investire delle imprese è scesa al 18,7% del valore aggiunto, oltre punto in meno del 19,9% dell’anno precedente. Le incertezze sui tempi e intensità dell’allentamento monetario si intrecciano pericolosamente con la prospettiva di una politica fiscale restrittiva, dopo l’avvio della procedura di infrazione per eccesso di deficit per Italia, Francia e altri cinque paesi Ue. Infine, ulteriori spinte recessive derivano dal ritardo della ripresa del commercio internazionale.
La stretta monetaria più marcata per le imprese italiane – Le politiche europee per contrastare l'inflazione hanno portato il tasso ufficiale dell’Eurozona da essere pari a zero a giugno 2022 a toccare il 4,50% alla fine di settembre 2023 con dieci aumenti consecutivi. Lo scorso 6 giugno si è registrato il primo ritocco in ribasso pari a 25 punti base.
La stretta monetaria ha mostrato un impatto più intenso sull’economia italiana, con il costo del credito alle imprese che a maggio 2024 è pari a 5,45% ed è il più alto tra i principali paesi dell'Eurozona, il cui tasso medio si attesta a 5,10%. Rispetto a giugno 2022 il tasso è aumentato di 382 punti base in Italia ed anche in questo caso si tratta della crescita maggiore tra i top 4 che supera anche quella media dell'Eurozona di 327 punti base.
Il caro-tassi si è tradotto in 8,9 miliardi di euro di maggiori oneri finanziari per le micro e piccole imprese.
In parallelo anche i prestiti alle imprese italiane registrano la performance peggiore con un calo del 3,5% su base annua mentre nell'Eurozona si rileva un aumento, seppur modesto e pari allo 0,3%: in Italia il calo prosegue da oltre un anno, precisamente da febbraio 2023, mentre i prestiti alle imprese nell'Eurozona sono in crescita da dicembre 2023. Per le micro e piccole imprese (MPI) il calo dei prestiti è più marcato e arriva a a marzo 2024 arriva a segnare una flessione dell’8,1%.
Leggi il comunicato stampa con la dichiarazione del Presidente di Confartigianato Marco Granelli
Dinamica degli investimenti delle imprese
I tri. 2011-I tri. 2024, var. % tendenziale, valori correnti, società non finanziarie - Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Istat
Costo del credito bancario nella stretta monetaria e dinamica prestiti per le imprese nei principali paesi dell’Eurozona
Maggio 2024. Tasso % su nuove operazioni e variazione % tendenziale - Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Banca centrale europea e Banca d'Italia
Italia prima in Ue per economia della montagna, con l’apporto di 171mila imprese artigiane
L'Italia è prima nell'Unione europea per PIL generato in aree montane che rappresenta il 27,7% del PIL europeo di tali aree, il doppio del 12,4% che il PIL del nostro Paese rappresenta su PIL totale europeo.
In questi territori operano 552mila unità locali delle imprese per cui lavorano 1,8 milioni di addetti. Alta la vocazione artigiana: le 171mila imprese artigiane operanti in questi territori rappresentano il 13,5% dell’artigianato nazionale e il 24,4% delle imprese a fronte del 20,8% del resto d’Italia. A livello territoriale, la quota media viene superata nel Nord, tra le regioni primeggiano Lombardia con il 33,2%, Piemonte 33,0% e Veneto 31,4% e sono artigiane oltre un terzo delle imprese nelle province di Novara (38,7%), Bergamo (38,2%), Vicenza (35,5%), Varese (35,4%), Torino (35,3%), Bologna (34,7%), Como (33,9%), Biella (33,5%) e Vercelli (33,4%).
Questi ed altri aspetti delle aree montane sono presenti nel report "Economia e imprese della montagna: perimetri e tendenze" - disponibile qui - presentato dall'Ufficio Studi il 29 maggio 2024 nel corso dell'evento Montagna Futura ospitato dalla Società Geografica Italiana, la tappa nazionale dell'omonimo percorso di Confartigianato di approfondimento delle trasformazioni che nei prossimi anni coinvolgeranno i contesti alpini e appenninici e l’impatto sull’attività delle imprese.
Dal 2021 al 2023, nonostante l’elevata incertezza conseguente alla guerra in Ucraina, la crisi energetica, la stretta monetarie e la crisi del commercio internazionale, l'occupazione nelle aree montane è cresciuta del 4,1%, accompagnando la ripresa post-pandemica. Nel settore manifatturiero si osserva un maggiore dinamismo nelle province montane (+4,0% vs +3,6% non montane) con una accentuazione nella manifattura di montagna del Nord-Est (+8,7%) e Mezzogiorno (+5,4%).
Permane la criticità della carenza di manodopera. Nel 2023 le 13 province a prevalenza montana - dove oltre la metà della popolazione è in comuni montani - hanno difficoltà nel reperire il 50,4% dei lavoratori, quota superiore di quasi sei punti rispetto al 44,6% del resto d'Italia ed in crescita di 14,5 punti tra il 2021 e il 2023.
Sulla salute del tessuto imprenditoriale e sociale della montagna influisce la crisi demografica. Nel 2023 nei comuni di montagna si contano 386.055 abitanti in meno in 10 anni (-5,1% vs -2,1% media), pari al 30,0% del calo assoluto nazionale, quota più che doppia rispetto al peso di 12,1% che tali comuni hanno sulla popolazione. Le previsioni dell’Istat prospettano per le regioni a maggiore carattere montano un calo di popolazione più intenso rispetto alla media nazionale con solo il Trentino-Alto Adige in controtendenza, con una crescita della popolazione.
Per quanto riguarda le esportazioni, le vendite all'estero di prodotti manifatturieri delle 13 province a prevalenza montana ammontano a 34,1 miliardi di euro e, pur rappresentando il 5,7% del totale nazionale, hanno contributo in modo importante alla stabilità delle vendite del made in Italy in un anno di crisi del commercio internazionale: nelle aree montane l’export è salito, infatti, del +3,5% rispetto al 2022 a fronte del -0,2% del resto d’Italia e della stabilità dell’export totale.
Un driver importante per le aree montane è rappresentato dal turismo: questi territori mostrano un più elevato tasso di turisticità e una più marcata presenza di turisti stranieri e rappresentano il 21,8% delle presenze turistiche. Per quanto riguarda la dinamica delle presenze, nell’inverno 2023-2024 si è registrata una crescita dell’8,2% in Italia a fronte del +5,2% della media europea.
Le aree di montagna richiedono investimenti le infrastrutture e contrastare gli effetti del cambiamento climatico. Le imprese in montagna hanno una minore accessibilità alle principali infrastrutture di trasporto rispetto al resto d'Italia: un imprenditore di montagna, con un profilo medio di mobilità, in un anno impiega il 62,7% di tempo in più rispetto ad un imprenditore in area non montana per accedere ad autostrada, stazione ferroviaria, aeroporto e porto più prossimi. Per quanto riguarda le fragilità del territorio, oltre un quarto (26,4%) delle imprese in comuni montani è a rischio frana, oltre quattro volte il 6,0% rilevato nei comuni non montani, e il 5,1% delle imprese in montagna è ad elevato rischio alluvione, mezzo punto superiore al 4,6% dei comuni non montani. Nelle 13 province prevalentemente montane si concentrano 544 milioni di euro di investimenti fissi lordi dei comuni, il 14,1% del totale Italia a fronte del 10,9% del totale della spesa dei comuni italiani.
PIL delle aree montane in 14 paesi dell'Ue a 27
Anno 2021. Milioni di euro e % su PIL nazionale. I restanti 13 paesi non presentano province a carattere montano - Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Unioncamere-Infocamere e Istat
Peso delle imprese artigiane su totale imprese nelle aree montane per regione
Fine 2023. Valori %, dati base comunali su imprese registrate del totale economia - Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Unioncamere-Infocamere e Istat
Le 35 province con peso delle artigiane su totale imprese nelle aree montane superiore alla media
Fine 2023. Valori %, dati base comunali su imprese registrate del totale economia. 29 province non hanno comuni montani - Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Unioncamere-Infocamere e Istat
Verso un nuovo ciclo dell’edilizia. Il report dell’Ufficio Studi per l’Assemblea di Anaepa-Confartigianato Edilizia
Ad aprile 2024 la produzione nelle costruzioni registra un aumento del +2,3% rispetto al mese precedente, dopo due mesi di flessione. Nel trimestre febbraio-aprile 2024 la dinamica congiunturale resta negativa, con un calo dell’1,2% rispetto al trimestre precedente. L’analisi delle ultime tendenze congiunturali è proposta nel report che l’Ufficio Studi di Confartigianato presenta in occasione dei lavori dell’Assemblea di Anaepa-Confartigianato Edilizia che si apre oggi a Roma (evento trasmesso in diretta streaming a partire dalle ore 15,00. Clicca Qui)
Tiene la fiducia delle imprese dell’edilizia - A giugno, il clima di fiducia delle imprese mostra il terzo calo consecutivo, posizionandosi sul valore più basso da novembre 2023. La fiducia peggiora in tutti i comparti indagati ad eccezione di quello delle costruzioni, nel quale migliorano sia i giudizi sull'attività di costruzione che le attese su ordini e piani di costruzione.
Il calo degli investimenti – Le più recenti previsioni macroeconomiche delineano la frenata dell’edilizia nel biennio 2024-2025, dopo la fase di espansione sostenuta dal recupero posta-pandemia sostenuto dalle detrazioni fiscali. Secondo l’ultimo esercizio previsivo coordinato dell'Eurosistema, Banca d‘Italia indica che gli investimenti in costruzioni segnano una tenuta (+0,6%) nel 2024, a cui seguiranno cali del 3,5% nel 2025 e del 1,7% nel 2026. Più severe le previsioni di primavera della Commissione europea, che indicano un calo del 2,0% nel 2024 e del 5,9% nel 2025.
Le prospettive nella fase del post-superbonus
Il sostegno del PNRR - L’analisi dell’impatto del Piano Nazione di Ripresa e Resilienza (PNRR) evidenzia che il 38% della crescita del valore aggiunto indotta dal Piano tra il 2021 e il 2026 si genera nella filiera delle costruzioni, immobiliare e attività professionali, determinano una impulso significativo alla domanda di lavoro: in un paper pubblicato da Banca d’Italia si stimano 62 mila nuovi occupati nelle costruzioni derivanti dal PNRR, pari ad un aumento del 6,5% degli occupati pre-pandemia.
Gli interventi per le case green - La lotta al cambiamento climatico passa attraverso un piano ordinato di interventi sugli edifici. In Europa il 40% dei consumi finali di energia e il 36% delle emissioni di gas a effetto serra è rappresentato dagli edifici. Gli interventi sugli edifici determinano effetti ad ampio spettro, influenzando la domanda di energia, l’efficienza energetica, le emissioni di CO2, la tutela del territorio, la rigenerazione urbana e i processi di recupero dei materiali.
Secondo la direttiva 2024/1275 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 24 aprile 2024 sulla prestazione energetica nell’edilizia, per gli edifici residenziali, i Paesi membri dovranno adottare misure per garantire una riduzione dell’energia primaria media utilizzata di almeno il 16% entro il 2030 e di almeno il 20-22% entro il 2035. Entro il 2023 dovrà essere ristrutturato il 16% degli edifici non residenziali con le peggiori prestazioni e il 26% entro il 2033, introducendo requisiti minimi di prestazione energetica.
La platea di edifici interessati dagli interventi è ampia. In relazione alla classe energetica rilevata nei passaggi di proprietà, quasi i due terzi (63,8%) degli immobili residenziali sono collocati nelle classi energetiche meno efficienti, con il 26,5% nella classe F e il 37,3% nella classe G.
Per garantire la transizione green degli edifici serve un adeguato sistema di incentivi fiscali, ma l’avvio della procedura di infrazione per deficit eccessivo potrebbe mettere a rischio questo sostegno. Al contrario, solo un sistema di incentivi stabili nel tempo può dare certezze a famiglie e imprese per la pianificazione di costosi interventi sugli immobili. Come ha indicato il Presidente di Confartigianato Imprese Marco Granelli, “dobbiamo passare dall’era disordinata del superbonus a quella ordinata del ‘climabonus’”. Tenuto conto degli obiettivi ambiziosi, appare necessario un intervento dell’Unione europea basato sullo schema di NextGenerationEU per garantire l’attuazione del Green Deal.
Il ciclo degli investimenti in costruzioni in Italia ed Eurozona
2000-2025, prezzi costanti, indice 2019=100 - Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Commissione europea
Immobili residenziali per classe energetica
Dati APE al 08/07/2024, motivo: passaggio di proprietà - Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Enea