Giostre e attrezzature per parchi divertimento: per export Italia 1° in Ue. Made in Italy giostre e giocattoli +28,1%
Nei giorni scorsi è nato in Confartigianato il gruppo “Costruttori di Attrazioni”, il cluster di imprese di produzione di attrezzatture e macchinari per attività di intrattenimento e divertimento. Per questa occasione l’Ufficio Studi ha pubblicato la Nota ‘Giostre, parchi di divertimento e produzione di giochi: imprese e made in Italy’ – qui per scaricarla - che fornisce una panoramica sul sistema imprenditoriale delle giostre, attrezzature dei parchi di divertimento e dei giochi in Italia, evidenziando la distribuzione delle imprese e degli occupati nel settore, nonché le tendenze relative alle esportazioni e alle importazioni. In questo articolo evidenziamo alcuni dei principali punti del report.
Le imprese - La produzione di giostre conta 137 imprese, per due terzi (67,2%) nel triangolo Veneto-Emilia Romagna-Lombardia mentre la produzione di giochi conta 536 imprese, per oltre la metà (53,5%) in Lombardia, Emilia-Romagna, Campania e Piemonte. Nel totale della produzione di giostre e giochi operano 673 imprese e 2.762 addetti. Il segmento della produzione di giostre mostra una quota di imprese artigiane pari al 27,0%, che sale al 34,7% nella produzione di giochi, entrambe superiori alla media del 21,3% rilevata per il totale economia.
L’analisi territoriale - Il comparto produttivo delle giostre e attrezzature per parchi di divertimento, evidenzia una marcata polarizzazione territoriale: un terzo (32,8%) delle imprese, infatti, opera in Veneto che conta 45 imprese, seguito a distanza dall'Emilia-Romagna con 26 imprese (19,0%) e dalla Lombardia con 21 imprese (15,3%). In chiave provinciale la maggiore presenza di imprese del settore si riscontra a Rovigo con 15 imprese, pari al 10,9% del totale, Reggio Emilia con 12 imprese, pari all'8,8%, Modena e Padova, entrambe con 11 imprese ed una quota dell'8,0% sul totale e Vicenza con 10 imprese, pari al 7,3%.
Un quinto (25,7%) delle imprese della produzione di giochi opera in Lombardia dove si contano 138 imprese, seguita a distanza dall'Emilia-Romagna con 55 imprese (10,3%), dalla Campania con 49 imprese (9,1%) e dal Piemonte con 45 imprese (8,4%), quattro regioni che concentrano oltre la metà (53,5%) delle imprese del comparto.
Il made in Italy – L’export di giostre e giochi vale 403 milioni di euro, con Italia 7° esportatore in Ue a 27. Nel 2023 le vendite del made in Italy di giostre e giochi del settore sono in salita del 28,1% a fronte della ‘crescita zero’ del totale export.
Nelle esportazioni del settore in esame predomina l’export di giostre per cui l’Italia è il 1° esportatore nell’Unione europea con 261 milioni di euro, davanti a Paesi bassi e Germania.
I mercati - Per quanto riguarda la destinazione delle vendite del made in Italy di giostre, attrezzature per parchi di divertimento e giochi, il 60,9% viene assorbito dai mercato extra Ue. Il 71,2% delle vendite è destinato ai dieci paesi clienti: USA con 66 milioni di euro (16,3% del totale), seguito da Francia con 43 milioni (10,8%), Germania con 37 milioni (9,1%), Regno Unito con 30 milioni (7,5%), Messico con 24 milioni (5,9%), Spagna con 16 milioni (4,0%), Arabia Saudita con 18 milioni (4,5%), Polonia con 10 milioni (2,5%), Cina con 11 milioni (2,7%), Paesi Bassi con 11 milioni (2,7%) e Russia con 11 milioni (2,6%).
Imprese della fabbricazione di giostre e attrezzature per parchi di divertimento e fabbricazione di giochi per regione
Fine 2023. Imprese registrate decrescenti e addetti e composizione percentuale. Ateco 2007: 28.99.92, 26.40.02 e 32.40.10 - Elaborazioni Ufficio Studi Confartigianato su dati Unioncamere-Infocamere
Esportazioni di giostre e attrezzature per parchi di divertimento e giochi dei paesi Ue
Anno 2023. Milioni di euro. Sistema armonizzato (SH6): 9508 e 9504 (escluso 950440) e 9508 - Elaborazioni Ufficio Studi Confartigianato su dati Eurostat
L'Italia confermata nel Board della Federation of European Photographers con Confartigianato Fotografi
Si è svolta il 12 aprile scorso ad Alesùnd (Norvegia) l’Assemblea Generale della FEP per il rinnovo delle cariche per il triennio 2024-2026.
Confermato nel board che affiancherà il Presidente norvegese Truls Løtvedt Eugenio Li Volsi, rappresentante italiano designato da Confartigianato Fotografi, che ha ringraziato l’Organizzazione italiana per la fiducia e ribadisce il suo impegno a livello europeo in rappresentanza dei fotografi professionisti italiani.
“E’ un onore per Confartigianato Fotografi – ha detto il Presidente nazionale Corrado Poli – questa conferma a livello europeo, a testimonianza dell’impegno che abbiamo sempre profuso per l’affermazione della fotografia italiana nel mondo e per la tutela della professionalità dei nostri fotografi. Formulo i migliori auguri al nostro Eugenio Li Volsi che ha saputo, nel corso del precedente mandato, portare avanti la nostra linea e che si è sempre generosamente speso in favore della Categoria”.
L’attività della FEP per il 2024 sarà prioritariamente concentrata sull’impatto dell’intelligenza artificiale sulla creazione delle immagini e, soprattutto, sulla postproduzione, che impegna l’Organizzazione ad un attento monitoraggio ed all’eventuale ridefinizione delle regole delle competizioni.
Nel corso della kermesse norvegese, si è svolta anche la premiazione del Concorso fotografico FEP Awards, che ha visto tre italiani qualificati tra i primi dieci. Come novità 2024, FEP ha annunciato la realizzazione dell’annuario per il Gala degli Awards, una pubblicazione dedicata ai finalisti del concorso 2024, che la riceveranno in omaggio. Guarda QUI le immagini premiate
Confermate infine le qualifiche QEP e MQEP per il 2024, con la sessione estiva di giugno a Baden (Austria) e la sessione autunnale che si svolgerà in Germania.
Con stretta monetaria -7,6% prestiti a MPI. Il trend per regione nel report Confartigianato
Nella seduta di giovedì scorso il Consiglio direttivo della BCE ha mantenuto invariati i tassi di riferimento, rinviando l’attenuazione del livello di restrizione della politica monetaria. Come evidenziato da una nostra recente analisi, il perdurare della stretta monetaria pesa sulle condizioni finanziarie delle imprese italiane, maggiormente colpite dal caro tassi.
Le tendenze della politica monetaria, del credito e degli investimenti, asset fondamentale per la sostenibilità delle imprese, sono esaminate nel report dell’Ufficio Studi ‘Il trend del credito alle imprese e alle MPI nella primavera del 2024’ – qui per scaricarlo - presentato stamane nel corso di un webinar in cui sono intervenuti Bruno Panieri, Direttore delle Politiche Economiche, Emanuele Cecala, Responsabile Credito e Finanza, Enrico Quintavalle, Responsabile dell’Ufficio Studi e Licia Redolfi, ricercatrice dell’Osservatorio MPI Confartigianato Lombardia.
L’andamento del credito alle MPI - A dicembre 2023 i prestiti alle piccole imprese fino a 20 addetti diminuiscono del 7,6%, confermando il trend di settembre 2023 ma segnando una peggior performance rispetto ai prestiti al totale imprese che diminuiscono del 4,2%.
Nel focus territoriale, predisposto in collaborazione con l’Osservatorio MPI di Confartigianato Lombardia, si osserva una diffusa diminuzione dei prestiti alle imprese. Nelle principali regioni, si rilevano flessioni inferiori alla media per Provincia Autonoma di Bolzano con il -4,4% (meglio rispetto al -5,4% del totale imprese), Sicilia con il -5,7% (vs -1,2% totale imprese), Campania con il -6,0% (vs -0,8% totale imprese), Lazio con il -6,2% (vs -2,6% totale imprese), Puglia con il -6,4% (vs -2,0% totale imprese) e Toscana con il -7,5% (vs -3,8% totale imprese).
All'opposto, i cali superiori alla media sono quelli di: Veneto con il -9,3% (vs -6,1% totale imprese), Marche con il -9,1% (vs -6,5% totale imprese), Lombardia con il -8,8% (vs -3,9% totale imprese), Emilia-Romagna con il -8,0% (vs -4,9% totale imprese) e Piemonte con il -7,8% (vs -5,7% totale imprese). Il set completo dei dati territoriali è disponibile nella Appendice statistica ‘Credito e impatto caro-tassi su MPI nella primavera 2024’. Qui per scaricarla.
In calo i prestiti alle società artigiane - L'analisi dell’andamento dei prestiti per il segmento di riferimento per l'artigianato - pressoché interamente costituito da società di persone artigiane (quasi-società artigiane) - evidenzia una flessione più marcata rispetto a quella dei prestiti alle piccole imprese, pari all'11,9% a dicembre 2023 e che a gennaio 2024 peggiora toccando il -12,6%.
I contenuti del report - Il report fornisce un’analisi dettagliata delle ultime tendenze del mercato del credito alle imprese e alle micro e piccole imprese (MPI). Viene presentata un'ampia serie di dati congiunturali relativi a commercio internazionale, produzione, PIL, occupazione, vendite al dettaglio e investimenti. Vengono esaminate le conseguenze delle decisioni di politica monetaria della BCE e le prospettive riguardanti l’inflazione e i tassi di interesse.
Si analizza le condizioni di accesso al credito per le piccole imprese e la dinamica degli investimenti. In relazione alle finanza d’impresa, vengono esaminate le principali fonti di finanziamento per le imprese, inclusi i prestiti bancari, l’autofinanziamento e altri strumenti finanziari. Per i temi della sostenibilità viene esaminata la diffusione della Rendicontazione non finanziaria e l’analisi delle emissioni di CO2 correlate ai prestiti per le imprese.
Per le prospettive future, si esaminano le previsioni sui tassi di interesse e l’evoluzione della spesa per interessi nel quadro della politica di bilancio di medio-lungo termine tracciata dal DEF 2024.
Dinamica tendenziale dei prestiti bancari a dicembre 2023: piccole imprese e totale imprese per regione
Dicembre 2023. Var. % tendenziali corrette, pallino verde: migliore performance relativa delle piccole imprese - Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Banca d'Italia
Digitalizzazione e lavoro: sfide e opportunità per le PMI al Seminario nazionale DigiSOC
Venerdì 12 aprile 2024 presso la sede dell’EBNA (Ente Bilaterale Nazionale dell’Artigianato) si è tenuto il Seminario “L’impatto della digitalizzazione nell’mercato del lavoro: riflessi attuali e prospettive future per le PMI”, organizzato nell’ambito del progetto europeo DigiSoc- Digital Social Partners.
Il Seminario Nazionale, svoltosi sia in presenza che online, ha approfondito temi di grande importanza per il mondo del lavoro e per il dialogo sociale nazionale ed europeo, tra i quali le sfide e le opportunità derivanti dall’utilizzo dell’intelligenza artificiale e l’impatto della digitalizzazione sull’artigianato e le PMI.
Per parlare di questi temi è intervenuto Michele Faioli, professore di diritto del lavoro dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, che ha aperto i lavori illustrando i contenuti dell’Accordo quadro europeo sulla digitalizzazione, siglato dalle parti sociali europee nel 2020. Inoltre, nella prima parte del Seminario, sono state illustrate alcune delle più rilevanti iniziative europee nell’ambito della digitalizzazione e del loro potenziale impatto sul mercato del lavoro: la nuova Direttiva europea sui lavoratori delle piattaforme digitali e il nuovo Regolamento sull’Intelligenza Artificiale.
La seconda parte dell’evento è stata dedicata al confronto tra le parti datoriali de sindacali, attraverso una tavola rotonda dal titolo “L’impatto della digitalizzazione per le PMI e le imprese artigiane” alla quale hanno partecipato, oltre ai rappresentanti di Confartigianato Imprese e CNA, anche CGIL, CISL e UIL.
Il progetto europeo DigiSoc, che coinvolge, oltre a Confartigianato Imprese, anche molti altri partner sociali europei e SMEunited, mira rafforzare il ruolo del dialogo sociale europeo attraverso diverse attività di approfondimento e formazione che ruotano intorno al tema della digitalizzazione. Le evidenze raccolte nei vari Seminari Nazionali organizzati da ogni partner nel proprio paese (Spagna, Romania, Cipro, Lituania, Ungheria e Slovenia) verranno raccolte in un report finale, che verrà presentato durante la conferenza finale del progetto che si terrà a Vilnius a settembre 2024.
Tassi Bce, Def e i rischi di una frenata della locomotiva Italia. L’analisi di Confartigianato su IlSussidiario.net
Nei giorni scorsi si sono meglio delineate le prospettive delle politiche economiche per l’Italia, in un contesto che rimane caratterizzato da rischi e incertezze. Martedì scorso il Governo ha varato il Documento di economia e finanza per il 2024, tracciando le tendenze dei conti pubblici a legislazione vigente, mentre giovedì il Consiglio direttivo della BCE ha mantenuto invariati i tassi di riferimento, nonostante a marzo l’inflazione dell’Eurozona sia scesa al 2,4% rispetto al 2,6% di febbraio.
L’analisi dell’Ufficio Studi degli scenari nelle politiche economiche è proposta nell’articolo I NUMERI/ Tassi Bce, Def e i rischi di una frenata della locomotiva Italia a firma di Enrico Quintavalle, pubblicato su IlSussidiario.net.
Il DEF 2024 abbassa le previsioni di crescita per il 2024-2025 e conferma una riduzione del rapporto deficit/PIL, che nel 2027 scende al 2,2%. Il peso del debito, invece, torna a salire, passando dal 137,3% del PIL del 2023 al 139,6% del 2026, modificando il sentiero di stabilizzazione tracciato lo scorso settembre nella Nota di aggiornamento al DEF 2023.
Il quadro programmatico – quello previsto con le manovre di bilancio – è rinviato al prossimo Piano fiscale-strutturale di medio termine previsto dalle nuove regole europee. Il Piano, che avrà una cadenza allineata alla durata della legislatura (5 anni per l’Italia), sarà presentato il prossimo 20 settembre e, nel periodo di programmazione, ogni 30 aprile, sarà integrato da un Rapporto di monitoraggio annuale.
Dietro alle traiettorie degli indici di finanza pubblica si celano le complessità della politica fiscale italiana. Il deficit è ampiamente superiore al 3% del PIL, e con il ritorno in vigore del Patto di stabilità e crescita - come preannunciato dal ministro dell'economia e delle finanze Giancarlo Giorgetti - è scontata l’apertura di una procedura per disavanzo eccessivo nei confronti dell'Italia, della Francia e di altri dieci paesi. Nelle raccomandazioni di maggio del 2023 la Commissione riteneva opportuno per l’Italia un miglioramento del saldo strutturale di almeno lo 0,7 % del PIL per il 2024. Nell’ipotesi di un aggiustamento di questo ordine di grandezza e la conferma degli interventi sul cuneo fiscale e sull’Irpef la prossima manovra di bilancio per il 2025 richiederebbe risorse per 1,4 punti di PIL da reperire con maggiori entrate e minori spese. In relazione al ciclo elettorale europeo (elezioni a giugno e nuova Commissione europea in autunno) si potrebbero contenere le richieste di aggiustamento per Italia e Francia.
I futuri aggiustamenti di bilancio dovranno adattarsi alle nuove regole previste dalla riforma del Patto di stabilità e crescita che, per i paesi ad alto debito come l’Italia, prevedono una riduzione del rapporto debito/PIL dell’1% all’anno e un prudenziale limite del rapporto deficit/PIL dell’1,5%. Il sostegno all’economia dato dal PNRR è depotenziato dai ritardi nell’attuazione del Piano e da una carente capacità amministrativa.
Un severo aggiustamento fiscale potrebbe ridurre le risorse necessarie per accompagnare le famiglie nell’attuazione della direttiva sulle case green, da cui è attesa una diminuzione dell’energia utilizzata di almeno il 16% entro il 2030 e di almeno il 20-22% entro il 2035. Si stima che siano 9,5 milioni (37,1%) le abitazioni occupate collocate nella classe energetica meno efficiente (G). Ulteriori incertezze e complessità burocratiche deriverebbero dalla sostituzione dei crediti di imposta con i contributi.
La stretta monetaria sta riducendo il tasso di investimento delle imprese, che nel 2023 scende al 18,7% del valore aggiunto, in calo di 1,2 punti dal 19,9% del 2022. In prospettiva di una restrizione fiscale, diventa particolarmente prezioso il pacchetto di sostegno agli investimenti per la transizione 5.0, contenuto nel decreto PNRR dello scorso 2 marzo, che prevede crediti di imposta per investimenti effettuati per 6,2 miliardi di euro nel biennio 2024 e 2025, che si aggiungono ai 6,4 miliardi già previsti dalla legge di bilancio.
Se la governance fiscale diventa restrittiva, è più che mai necessario un rapido cambio di direzione della politica monetaria. A marzo l'inflazione nell'Eurozona scende al 2,4% (era 2,6% a febbraio) e la componente di fondo si colloca al 3,1% (era 3,3% a febbraio). Il segnale di riduzione dell’inflazione non si è ancora tradotto in un taglio dei tassi. Nella seduta dello scorso 11 aprile il Consiglio direttivo della BCE ha mantenuto invariati i tassi di riferimento. Nel comunicato stampa si indica che “se la valutazione aggiornata del Consiglio direttivo in merito alle prospettive di inflazione, alla dinamica dell’inflazione di fondo e all’intensità della trasmissione della politica monetaria accrescesse ulteriormente la sua certezza che l’inflazione stia convergendo stabilmente verso l’obiettivo, sarebbe opportuno ridurre l’attuale livello di restrizione della politica monetaria.” Un riduzione dei tassi è più probabile a giugno, ma i tempi rimangono incerti: “il Consiglio direttivo continuerà a seguire un approccio guidato dai dati in base al quale le decisioni vengono definite di volta in volta a ogni riunione, senza vincolarsi a un particolare percorso di riduzione”. Il perdurare della stretta monetaria aggrava le condizioni finanziarie delle imprese italiane, maggiormente colpite dal caro tassi. A febbraio 2024 il costo del credito bancario per le imprese italiane è pari al 5,44%, di 32 punti base in più rispetto al 5,12% dell’Eurozona e superiore di 381 punti base rispetto a quelli di giugno 2022, mese precedente al primo rialzo, un aumento più marcato dei 329 punti base in più registrati in Eurozona.
Una eccessiva debolezza delle politiche economiche e un ritardo nella ripresa del commercio internazionale causato dalle turbolenze geopolitiche in atto, azionerebbero il freno a mano all’economia italiana, locomotiva europea nella ripresa post pandemia. Tra il 2019 e il 2023 l’Italia ha cumulato una crescita del PIL del 3,5%, facendo meglio di Spagna (+2,5%), Francia (+1,5%) e Germania (+0,7%). Nei precedenti vent’anni l’Italia è sempre stata all’ultimo posto tra le maggiori economie europee per tasso di crescita.
In parallelo, le imprese stanno sostenendo il ciclo espansivo del mercato del lavoro. A febbraio 2024 l'occupazione continua a crescere, segnando un aumento dell’1,5% su base annua, anche se dalle previsioni di Unioncamere-Anpal per il trimestre aprile-giugno 2024 arriva un segnale di raffreddamento della domanda (-3,0% su base annua).
Le statistiche annuali confermano una straordinaria crescita dell’occupazione nell’ultimo biennio. Nonostante le incertezze del conflitto in Ucraina, una grave crisi energetica e il calo del commercio internazionale, tra il 2021 e il 2023 gli occupati in Italia sono saliti di 1 milione 26mila unità (+4,5%), con 838mila dipendenti permanenti in più (+5,7%) – di cui 801 mila a tempo pieno - a fronte di un aumento di 74mila dipendenti temporanei (+2,5%) e di 114mila indipendenti (+2,3%).
In una classifica ibrida tra le regioni italiane e i restanti 26 paesi dell’Ue, le performance occupazionali nell’ultimo biennio della Sicilia con +7,6%, della Puglia con +7,1% e del Veneto con +7,0%, sono migliori di quella della Spagna (+6,2%). L’intero Mezzogiorno con +5,7% fa meglio della Provincia Autonoma di Bolzano (+5,1%) e della Germania (+4,2%). La Calabria con +3,5% fa meglio della Provincia Autonoma di Trento (+3,4%) e della Francia (+3,1%). L’occupazione nel biennio in esame sale a doppia cifra a Catania (+15,1%), Padova (+13,7%), Prato (+12,3%), Benevento (+12%), Agrigento (+11,4%), Ascoli Piceno (+11,0%) e Catanzaro (+10,5%).