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INFLAZIONE - Analisi di Anap-Confartigianato. Nel 2007 sui pensionati una 'tassa da inflazione' di 2,7 miliardi


Congiuntura 2007, edilizia in affanno

L’edilizia italiana chiude il 2007 in affanno, con alcuni dati in positivo, come l’aumento degli investimenti e dell’occupazione, e altri negativi, frutto soprattutto di fattori esterni. In particolare, a causa dell’aumento sfrenato dei tassi d’interesse dei mutui che ha limitato il mercato della compravendita delle case. Questa la sintesi dell’analisi congiunturale elaborata dall’Ufficio studi di Confartigianato sullo stato di salute della piccola imprenditoria delle costruzioni, che mostra qualche rallentamento dopo un periodo di benessere. Una delle note positive è il ritorno al segno positivo degli investimenti nell’edilizia dopo la brusca frenata arrivata nel secondo trimestre del 2007 quando, dal +1,6% di inizio anno, si perse più di un punto percentuale. Il terzo trimestre torna invece in attivo, registrando un positivo +1,4%. Una crescita che ha interessato tanto gli investimenti nelle costruzioni non residenziali quanto quelli nelle abitazioni. Nonostante la contrazione dell’intero comparto, l’Italia resta comunque il Paese europeo con il maggior numero di imprese del settore, 670.811, di cui il 65,6%, oltre 439mila, a carattere artigiano. Lavorano nell’edilizia, dunque, il 13,6% di tutte le imprese italiane, capaci di assorbire l’11,1% del mercato del lavoro e di partecipare al fatturato nazionale per il 7,4%. E’ ancora il Nord Italia a trainare l’intero comparto, a cominciare dalle 83.503 imprese lombarde, prima regione per numero di imprese. Seguono l’Emilia Romagna (49.844), il Veneto (45.635) ed il Piemonte (45.244). Ma dietro a queste si fanno vedere alcune regioni del centro Italia. Dal 2004 al 2007, infatti, il Lazio ha fatto registrare il miglior risultato di crescita, oltre il 20% di nuove imprese, seguito dalla Toscana, con un +17,6%. Il positivo andamento su lungo raggio delle imprese edili, per numero di addetti e fatturato, ha avuto riflessi soddisfacenti anche sull’andamento occupazionale del settore. Dal 2003 al 2005, infatti, l’edilizia ha creato più di 104mila nuovi posti di lavoro, di cui il 76,2% nella piccola impresa, una volta di più la colonna portante dell’edilizia italiana. Nel 2006 le costruzioni impiegavano quasi 2 milioni di lavoratori. Operai che hanno un’età compresa tra i 25 e i 44 anni. Dall’analisi congiunturale del settore edile emerge che i lavoratori di età compresa tra i 25 ed i 34 sono soprattutto dipendenti, il 27,8% del totale, in attesa di maturare esperienza e di mettersi in proprio. Non a caso, la fetta più grande dei lavoratori di età compresa tra i 35 ed i 44 anni sono proprio lavoratori indipendenti, che rappresentano il 31,3% degli occupati nel settore. Elemento particolarmente significativo, in un mercato del lavoro ad alto tasso di precarietà come quello italiano, è la forte capacità di stabilizzazione contrattuale dell’edilizia. Infatti, soltanto nel biennio 2005 - 2006, il 24,7 % dei lavoratori a tempo determinato ha ottenuto un contratto di lavoro permanente, facendo registrare il più alto tasso di stabilizzazione di tutti i settori produttivi. Nel 2006, in particolare, il 59,4% dei lavoratori aveva un contratto temporaneo, mentre il 24,7% uno a tempo indeterminato. Un’altra nota positiva per il settore edile arriva dagli infortuni sul lavoro, in forte diminuzione tra il 2004 ed il 2006. Una diminuzione del 6,1%, pari a 2.545 infortuni in meno avvenuti nei cantieri. Un dato positivo, segno dell’attenzione degli imprenditori italiani alla sicurezza dei lavoratori. Un elemento ancora più importante se rapportato agli incidenti avvenuti nei cantieri europei. L’Italia si posiziona dietro a paesi come la Spagna, prima nella classifica per incidenti sul lavoro, la Francia e la Germania. L’unica grande nazione comunitaria dove si registrano meno infortuni nei cantieri rispetto all’Italia è la Gran Bretagna, i cui dati, però, non sono forniti dal sistema assicurativo. Le imprese che hanno ottenuto i maggiori risultati sul piano della sicurezza e, di conseguenza, una forte diminuzione degli incidenti nei cantieri sono ancora quelle del Nord. In particolare del Nord Ovest (-9,2%) e del Nord Est (-7,9%). Buone anche le prestazioni delle imprese del Centro (-3,3%) e del Sud (-1,7%). Meno ampio, ma comunque in calo, il risultato delle Isole, dove gli infortuni sono diminuiti dello 0,8%. Infine, i dati relativi al periodo compreso tra gennaio e novembre 2007 registrano un calo degli infortuni mortali nei cantieri artigiani del 28,8%.


Banche e artigiani: un buon rapporto se mediato da Confidi

La globalizzazione non risparmia le piccole imprese, anche quelle che, in termini di business, non guardano al di là dei confini del proprio comune di residenza. Anche queste, infatti, devono fare i conti con prodotti i cui prezzi vengono fissati in posti ben lontani dal Bel Paese. Si pensi, ad esempio, ai carburanti. A quei 100 dollari al barile di petrolio raggiunti - e poi superati - a New York, che in Italia hanno spinto il prezzo della benzina verde a 1,40 centesimi di euro al litro. Leggere di più


Tessile, arriva il correttivo congiunturale per la crisi

I settori produttivi che vivono una prolungata crisi economica generalizzata possono avvalersi di un nuovo correttivo congiunturale in sede di studi di settore. Una novità, introdotta dalla più recente revisione degli indicatori fiscali, per gli artigiani del tessile, abbigliamento e calzaturiero che così potranno avvalersi di studi di settore che tengano conto delle difficoltà economiche che da tempo stanno scuotendo l’intera filiera. Una crisi individuata anche dalla recente analisi congiunturale sull’artigianato dell’Ufficio studi di Confartigianato. I dati, relativi al secondo trimestre del 2007 non lasciano spazio a dubbi: la crisi del settore continua, anche se i primi sei mesi del 2008 dovrebbero coincidere con una parziale inversione di tendenza. Infatti, il tessile artigiano ha chiuso il 2007 in ribasso. Per la produzione/domanda, - 3,2% rispetto al 2006, e addirittura del - 3,9% rispetto ai primi sei mesi del 2007. Anche il fatturato ha segnato un andamento negativo, con cali del 3% rispetto al 2006 e del 2,6% sulla prima metà dell’anno scorso. I motivi della crisi del comparto tessile sono noti: dal rincaro delle materie prime, con i prezzi cresciuti del 7,8% nel 2007, a quello dell’energia, con le tariffe appesantite del 10,1%. Ma la piaga peggiore per il settore resta la stessa: il mercato del falso, che nel 2007 ha toccato un giro d’affari da record, ben 7miliardi di euro di merce sequestrata sul nostro mercato. Ottimistiche, invece, le previsioni di crescita del settore nei primi sei mesi dell’anno, quando, stando alle stime, la produzione/domanda dovrebbe crescere dell’1% e l’occupazione dell’1,8%. Si tratta di previsioni, comunque, ed è per questo che l’amministrazione fiscale ha deciso di riconoscere lo stato di difficoltà delle imprese della moda modificando il correttivo congiunturale degli studi di settore. Per l’anno 2007, dunque, il nuovo correttivo congiunturale si applicherà a sette studi (vedi tabella allegata), quelli che maggiormente hanno vissuto la crisi e che quindi registreranno ricavi minori eccezionali rispetto a quelli stimati dagli studi di settore. Tre le condizioni affinché le imprese artigiane del settore possano usufruire del correttivo per la crisi. In primo luogo che l’impresa non sia congrua ai risultati dello studio, in secondo che sia normale rispetto all’applicazione degli indicatori di normalità economica ed infine che nel 2007 abbia registrato ricavi inferiori a quelli dichiarati cinque anni prima, quindi nei documenti fiscali del 2003.


IN BREVE - Contributi INPS 2008:ecco gli importi per gli artigiani

L’Inps, con circolare n.13 del 1° febbraio 2008, ha comunicato gli importi dei contributi dovuti dagli iscritti alla gestione artigiani per l’anno 2008. Per i titolari di impresa (indipendentemente dall’età) e per i collaboratori di età superiore ai 21 anni l’aliquota contributiva è stata fissata al 20%, percentuale che scende al 17% per i collaboratori con meno di 21anni. Pertanto il contributo minimo (calcolato sul minimale di 13.819,00 euro) per l’anno in corso risulta così suddiviso: 2.763,80 euro annui (€ 230,31 mensili) per titolari e collaboratori con più di 21 anni; 2.361,66 annui (€ 195,76 mensili) per i collaboratori fino a 21 anni. Fissato anche il tetto di reddito entro il quale sono dovuti i contributi volontari: 67.942,00 euro. Con riferimento a tale massimale, il contributo per titolari e collaboratori al di sopra dei 21 anni è di 13.860,17 euro e di 11.821,91 per i collaboratori fino a 21 anni.


Studi di settore: l’annotazione separata va in pensione

Abolito l’obbligo di annotazione separata e del conseguente calcolo di congruità effettuato con Gerico AS per i contribuenti che esercitano due o più attività di impresa soggette a studi di settore. L’importante semplificazione, che dopo otto anni cancella un adempimento gravoso per le imprese e per i consulenti, è contenuto nel Decreto Ministeriale 11 febbraio 2008 in via di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Insieme all’obbligo di annotazione separata andrà in pensione anche il software Gerico As che fino a oggi ha reso possibile l’adempimento. Non scompare, invece, l’obbligo per i contribuenti di annotare separatamente i ricavi relativi alle diverse attività esercitate, nonché quelli che derivano dall’attività di vendita di generi soggetti ad aggio o a ricavo fisso. Il contribuente, inoltre, sarà tenuto a compilare lo studio di settore relativo all’attività prevalente in termini di ricavi. L’accertamento a mezzo studi di settore scatterà per i contribuenti considerati “non congrui”, ovvero quelli che ritraggono dall’attività principale almeno il 70% dei ricavi. Nel caso in cui le attività secondarie superino il 30% dei ricavi totali, il risultato che deriva dall’applicazione dello studio di settore sull’attività prevalente potrà essere utilizzato solo per selezionare le ‘posizioni’ da sottoporre a controllo con le metodologie ordinarie. Limitatamente al periodo di imposta 2007 il Decreto prevede una riduzione dal 30% al 20% del limite dei ricavi delle attività secondarie. Nulla di nuovo: si conferma la regola che, in presenza dello svolgimento di più attività, si applica lo studio di settore dell’attività prevalente, se dalla stessa deriva almeno l’80% dei ricavi totali.