15 Giugno 2006, h. 15:00

Assemblea 2006 Roma,15 giugno La relazione del Presidente Giorgio Guerrini SINTESI NO ALLA CONCERTAZIONE ‘STRABICA’

Siamo pronti a raccogliere l’appello del Governo alla concertazione e a fare la nostra parte, con l’obiettivo di fronteggiare insieme le emergenze del Paese. Purchè si decida davvero, perché ne abbiamo abbastanza di riforme annunciate e rimaste sulla carta.

Non accettiamo forme ‘strabiche’ di concertazione.

La concertazione deve essere un campionato aperto dove tutti i soggetti della rappresentanza concorrono con pari dignità, elaborando proposte e assumendosi responsabilità. 

Non vorremmo, invece, dover assistere ad un campionato già deciso a tavolino, dove pochi sono predestinati a giocare e a vincere ed altri, pur convocati, sono costretti a stare in panchina.

Non devono esistere ‘corsie privilegiate’, né deve essere consentito ad alcuna parte di esercitare diritti di veto rispetto alle imprescindibili scelte di innovazione ed ammodernamento necessarie per rendere competitivo il sistema Italia.

Il compito della nuova concertazione presuppone una consapevolezza non indulgente delle cause – di tutte le vere cause, di tutti i nodi strutturali – che sono all’origine della caduta di competitività del sistema Paese.

Le ricette per il risanamento dei conti pubblici e le soluzioni per il rilancio dello sviluppo devono andare di pari passo, devono essere il frutto della partecipazione e del consenso più ampio possibile delle parti sociali, devono rispettare le esigenze delle differenti dimensioni d’impresa che operano nel Paese.

RIPRESA BLOCCATA DALLA ZAVORRA DI COSTI, VINCOLI, ANOMALIE

Si può riagganciare la ripresa economica. A patto di liberare l’Italia dai tanti primati negativi che ne condizionano lo sviluppo.

I piccoli imprenditori non crescono perché sopra la loro testa pesa un macigno fatto di costi, di vincoli, di anomalie tutte italiane, che ne schiacciano le potenzialità di sviluppo.

E’ come se, ogni giorno, dovessero correre la gara dei cento metri con una zavorra addosso.

LE “2 ITALIE”: CHI CORRE E CHI FRENA. 

LIBERALIZZAZIONI RIMASTE SULLA CARTA

C’è un’Italia che corre, che compete, che rischia. E c’è un’Italia che vive al riparo dalla concorrenza e che pesa sulle spalle degli altri.

Chiediamo al Governo di raddoppiare gli sforzi per completare e qualificare il processo di trasformazione del Paese e dell’economia in senso più libero ed europeo.

Sulle performances della nostra economia ha pesato il fatto che i grandi annunci delle privatizzazioni non si sono trasformati in reale concorrenza in settori strategici per lo sviluppo del Paese. Di conseguenza, non si è verificato il tanto atteso calo di prezzi e tariffe per le imprese e per i cittadini.

Al contrario, il nostro sistema economico subisce quella che abbiamo definito ‘tassa da scarsa concorrenza’ e che incombe su tutte le nostre imprese con maggiori costi per 7,8 miliardi di euro l’anno.

Ciò non è altro che il risultato delle condizioni di scarsa concorrenza, o in alcuni casi addirittura di monopolio, in cui operano banche, assicurazioni, poste, utilities, produttori di energia, trasporti aerei, autostrade.

CUNEO FISCALE: ATTENZIONE A NON TRASFORMARLO

IN BOOMERANG

Va bene ridurre la tassazione sul lavoro.

Ma attenzione ai criteri di selettività per diminuire il cuneo fiscale: vanno ben ponderati e condivisi da tutte le categorie produttive.

Non vorremmo si finisse per privilegiare i soliti noti, oppure quei soggetti che, ‘sulla carta’, fanno occupazione, ricerca, innovazione ed export, ma che operano ben al riparo dalla concorrenza. In tal modo si sprecherebbero le risorse pubbliche, senza alcun reale beneficio per il rilancio della competitività delle imprese. 

Al danno poi si aggiungerebbe la beffa se si pensasse di finanziare la riduzione del cuneo con l’innalzamento dei contributi previdenziali di artigiani e commercianti.

RIDUZIONE COSTO DEL LAVORO:

SI PUO’ FARE SUBITO, ABBASSANDO LE TARIFFE INAIL

C’è una soluzione già pronta per abbattere il costo del lavoro: basta avere il coraggio, che il precedente Governo non ha avuto, di attuare quanto già stabilito nella Finanziaria 2006, vale a dire la riduzione delle tariffe Inail pagate dalle imprese artigiane.

Si otterrebbe la diminuzione dello 0,6% del costo del lavoro. 

E’ una questione di equità e di giustizia. Occorre infatti sanare l’iniqua sperequazione che vede gli imprenditori artigiani versare all’Inail contributi 3 volte superiori rispetto alle prestazioni ricevute dall’Istituto. La riduzione è tanto più necessaria in considerazione dell’ottimo andamento, confermato anche nel 2005, della Gestione dell’artigianato presso l’Inail e della continua diminuzione degli infortuni, frutto dei positivi risultati dell’impegno delle imprese artigiane per garantire la sicurezza sul lavoro.

Manca soltanto un ultimo passaggio, il più rilevante: il provvedimento interministeriale dei Dicasteri del Lavoro e delle Finanze che approvi le nuove tariffe dei premi.

FISCO: UN NUOVO PATTO CON GLI IMPRENDITORI

Va recuperata la profonda ragione etica del rapporto tra cittadini e fisco. Bisogna riscrivere un nuovo patto, dopo quello sugli studi di settore che firmammo esattamente 10 anni fa, nel settembre del 1996, con reciproci impegni da parte del Governo e dei corpi intermedi della società civile, in primis le associazioni di categoria.

Bisogna definitivamente superare una stagione caratterizzata dai condoni e dai concordati come strumenti ordinari dell’accertamento fiscale, dalla rassegnazione al fenomeno dell’economia sommersa, dalla tolleranza dei fenomeni dell’elusione fiscale, dei privilegi e delle rendite di posizione.

Per quanto concerne l’IRAP, in attesa della sentenza della Corte di giustizia europea che potrebbe sancirne l’incompatibilità, bisogna cominciare a ragionare su come modificarla, piuttosto che abrogarla.

Va ripresa la stagione delle semplificazioni tributarie e l’introduzione di nuove norme deve essere comprensibile e conoscibile nell’impianto economico globale ma, soprattutto, vanno attentamente valutati gli impatti sul mondo dell’economia.

DAL GOVERNO VOGLIAMO RISPOSTE ‘A MISURA’

DI CHI FA DAVVERO SVILUPPO E OCCUPAZIONE

Il Governo trovi il coraggio di liberare il Paese dalla logica di un modello imprenditoriale concepito ‘a taglia unica’. Non esistono imprenditori di serie A e imprenditori di serie B. Bisogna uscire dalla logica della conservazione dei privilegi.

Il Governo ha la responsabilità di dare risposte a misura delle potenzialità di crescita delle grandi, medie e piccole aziende e di ‘premiare’ quegli operatori che, al di là delle dimensioni d’impresa, dimostrano di saper fare davvero sviluppo, di saper davvero creare occupazione.

LE RIFORME NECESSARIE

PER LIBERARE LE ENERGIE DELLE IMPRESE

Bisogna proseguire sul terreno delle riforme per creare condizioni e contesti favorevoli a liberare le energie delle imprese.

Occorre favorire una maggiore capitalizzazione delle piccole imprese, facilitarne l’accesso ai fattori di competitività quali, soprattutto, la formazione, l’innovazione tecnologica, la ricerca, il credito a condizioni eque, i servizi di accompagnamento all’export.

Servono grandi infrastrutture fisiche ed immateriali. Ma servono anche piccole infrastrutture di prossimità e reti corte.

Serve una formazione permanente e di qualità, che accompagni l’intera vita del lavoratore e dell’imprenditore impegnandoli ad investire su loro stessi.

Occorre un accesso al credito che non sia una ‘corsa ad ostacoli’ per il piccolo imprenditore ma che ne sostenga e ne faciliti le occasioni e le potenzialità di crescita. L’elevato costo del denaro ha sempre rappresentato un problema per le piccole imprese. Abbiamo bisogno di una nuova e forte Artigiancassa, potenziando quello che, da 50 anni, rappresenta uno straordinario strumento di finanziamento delle imprese artigiane.

Bisogna raccordare, con nuove modalità e strumenti, i centri di ricerca e di innovazione, l’Università con la realtà delle piccole imprese.

Il prossimo DPEF dovrà individuare interventi per valorizzare il ruolo strategico del Mezzogiorno e per ‘premiare’ le iniziative imprenditoriali che hanno saputo realizzare vero sviluppo.

Per rivitalizzare i distretti produttivi italiani e reagire alla concorrenza dei Paesi emergenti è indispensabile coinvolgere le Associazioni delle Pmi e servono dosi massicce di innovazione tecnologica, di nuove competenze professionali per imprenditori e lavoratori, di reti di servizio alle imprese, di semplificazione degli adempimenti amministrativi.

DIFESA DEL MADE IN ITALY: UNA QUESTIONE DI ORIGINE

Per difendere e valorizzare i nostri prodotti, serve un impegno deciso a renderne riconoscibile l’origine. Nella scorsa legislatura, il Parlamento ha perso l’importante occasione di varare il marchio ‘full made in Italy’ che avrebbe rappresentato un’arma in più per identificare e tutelare i prodotti italiani dalle imitazioni a basso costo.

Chiediamo che il provvedimento approvato con larghissimo consenso bipartisan dalla Camera dei Deputati lo scorso anno sia ripreso in esame in questo primo semestre dal nuovo Parlamento.

FEDERALISMO E REFERENDUM

Il federalismo non è fatto solo di norme, ma di impegno e concretezza. Tutti i livelli di governo, in primo luogo le Regioni, sono responsabilizzati a fare la loro parte, anche in termini di riduzione dei costi, oltre che di gestione delle entrate. Alle Regioni spetta una responsabilità strategica: ridurre la spesa improduttiva e ottimizzare gli investimenti, indirizzandoli verso lo sviluppo e quindi generando coesione sociale, creazione di impresa e benefici economici.

Qualunque esito abbia la consultazione referendaria del 25 giugno, serve un intenso lavoro di cooperazione interistituzionale, libero da contrapposizioni e finalizzato a completare quelle riforme che rappresentano il substrato indispensabile alla modernizzazione del Paese.

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