28 Novembre 2007, h. 00:00

Sicurezza sul lavoro: le nuove “letture” del Ministero del lavoro

Una nuova circolare del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, indirizzata alle strutture degli Ispettorati del Lavoro, ha fornito ulteriori indicazioni e chiarimenti sull’applicazione delle norme in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro previste dalla Legge n.123/2007, in vigore dallo scorso 25 agosto. La circolare n. 24/2007 mette in primo piano l’interpretazione dell’articolo 5 della Legge 123 che specifica la platea e i presupposti per l’applicazione della “Sospensione dell’attività imprenditoriale”. Secondo il documento, il provvedimento interdittivo si applica anche al comparto edile. Una interpretazione fortemente contestata nei giorni scorsi da ANAEPA Confartigianato che ha ribadito come la nuova lettura sovverta quelle fornite in precedenza gettando l’intero comparto nel caos interpretativo. Il documento prosegue chiarendo che per “reiterate violazioni in materia di sicurezza”, si intendono violazioni plurime accertate successivamente all’entrata in vigore della Legge 123, di conseguenza dopo il 25 agosto. Chiarito, quindi, che la norma non ha carattere retroattivo. La circolare non chiarisce invece cosa si debba intendere per violazioni “gravi”, genericamente definite come “violazioni che giustificano l’adozione del provvedimento interdittivo in quanto ledono i principi fondamentali del sistema prevenzionale e mettono a repentaglio gli stessi interessi generali dell’ordinamento”. Una definizione piuttosto fumosa che rinvia a una più dettagliata che sarà stilata in accordo con le Regioni. Confermato, invece, che l’applicazione del provvedimento di sospensione dell’attività fa capo agli ispettori del lavoro solo nei settori di loro specifica competenza (costruzioni edili e di genio civile, lavoro in sotterraneo e gallerie, subacquei, ferroviari e nel settore delle radiazioni ionizzanti). Nuove indicazioni anche per quanto riguardo il “Documento unico di valutazione dei rischi interferenti”. L’impresa committente dovrà stilarlo per tutti i lavori in appalto, sia quelli realizzati internamente all’azienda sia quelli esterni, se questi ultimi possono essere considerati essenziali alla produzione, e rilevanti per la sicurezza. Per quanto riguarda il diritto da parte delle rappresentanze dei lavoratori di prendere visione del documento di valutazione dei rischi, non emergono argomentazioni originali in grado di modificare l’interpretazione corrente. Il “datore di lavoro – si legge nel documento – è tenuto a consegnare materialmente copia del documento nonché del registro infortuni al Rappresentante dei Lavoratori per la sicurezza”. Fermi restando l’obbligo da parte dei Rappresentati dei lavoratori di utilizzare le informazioni contenute nei documenti solo per esercitare le funzioni loro riservate, e l’imposizione di trattare i dati con riservatezza e segretezza. Per quanto riguarda l’obbligo del datore di lavoro di fornire il tesserino di riconoscimento al personale, introdotto dall’articolo 6 della Legge 123 anche per le attività non edili, si chiarisce che esso si applica solo negli appalti “interni”, ovvero in quegli ambiti di lavoro dove la compresenza di personale che proviene da diverse aziende rende problematica l’individuazione dell’identità dei lavoratori. I lavoratori, da parte loro, sono “tenuti a portare indosso in chiara evidenza la tessera di riconoscimento”. Nessun obbligo di esposizione del tesserino se le attività di produzione/erogazione di prodotti o servizi oggetto di appalto, sono effettuate nel ristretto ambito aziendale dell’impresa appaltatrice. La circolare non chiarisce se la norma trova applicazione anche nelle “fasi di passaggio” come consegne e forniture. Secondo Confartigianato, in una prospettiva cautelativa, si deduce che l’obbligo permane nel caso della compresenza dei vari lavoratori presso l’impresa appaltante (appalti direttamente realizzati nel luogo di pertinenza del cliente o in fase di scambio e operazioni congiunte tra impresa appaltante e appaltatrice).

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