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5 Settembre 2008, h. 00:00

Energia, mercato libero ma nessun beneficio per le imprese

Liberalizzazione mancata o mancata liberalizzazione? Quella del mercato energetico sembra rientrare nella prima categoria, quella dei mercati liberalizzati soltanto nella teoria. La realtà, infatti, appare completamente diversa. Lo dimostrano le adesioni degli utenti al mercato libero ed il costo dell’energia che non ha interrotto la propria corsa al rialzo. Tesi confermate dai numeri percentuali dell’Ufficio studi di Confartigianato che ha evidenziato come soltanto il 18,1% delle piccole imprese italiane sia passato al libero mercato energetico. Un’impresa ogni sei, invece, pari all’81,9% del tessuto imprenditoriale italiano, opera ancora sul mercato di maggior tutela, dove il costo dell’energia elettrica viene aggiornato ogni tre mesi dall’Autorità per l’Energia elettrica ed il gas, presieduta da Alessandro Ortis. Nonostante sia ancora decisamente bassa la percentuale di imprese che hanno aderito al mercato liberalizzato, “bisogna sottolineare – si legge nel rapporto Focus Energia dell’Ufficio studi Confederale – che l’11,2% delle imprese ha cambiato fornitore dopo il 1° luglio 2007, evidenziando come la maggiore articolazione delle offerte e il cross selling di elettricità e gas proposti dopo la completa liberalizzazione ha reso più appetibile il cambio di fornitore anche per le piccole imprese”. Bisogna ricordare, infatti, che la liberalizzazione del mercato energetico italiano si è articolata in due tappe: nel 2004 per il mercato delle imprese, il primo luglio 2007 per quello domestico. Ma nel frattempo, dal luglio 2007 al luglio 2008, le piccole imprese italiane hanno visto correre il prezzo dell’energia a tempi da record olimpico: in 365 giorni, infatti, ogni imprenditore che opera nel mercato tutelato ha pagato il 14,9% in più per l’energia elettrica della propria impresa. Un rincaro pari a 505,1 milioni di euro. Ma questo, direbbe qualcuno, è un problema comune non solo alle famiglie italiane, ma anche a tutti i paesi industrializzati. La realtà, una volta di più, non è proprio questa. Secondo le stime dell’Ufficio studi di Confartigianato, infatti, l’incremento per l’approvvigionamento energetico delle imprese è aumentato di cinque punti percentuali in più rispetto al prezzo pagato delle famiglie, cresciuto “soltanto” del 9,2%. “Ma le cose potrebbero addirittura peggiorare”, denuncia senza mezzi termini il Presidente di Confartigianato Giorgio Guerrini. “Dal primo gennaio 2009, infatti, per le piccole imprese che operano sul mercato di maggior tutela entrerà in vigore la profilazione per fasce orarie che pur rendendo i prezzi dell’energia elettrica più aderenti ai reali costi di produzione, potrebbe determinare aggravi di spesa per chi consuma nelle ore diurne dei giorni feriali, cioè proprio quelle in cui si concentra il 91,3% dei consumi di energia elettrica delle piccole imprese. Confartigianato ha stimato che si arriverebbe ad un ulteriore aumento di 384 milioni di euro, che andrebbero aggiunti ai 505,1 milioni di euro portati dall’incremento del costo dell’energia”. Prezzo del petrolio a parte, il problema che attanaglia il Paese è la mancanza “di un mercato dell’energia realmente libero ed animato da vera concorrenza, insieme ad un sistema di distribuzione e di trasmissione efficiente e trasparente”, conclude Guerrini.

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