17 Aprile 2009, h. 00:00

Crisi del credito: Imprese, bruciati in un anno 13,8 miliardi di euro in maggiori oneri bancari

Intanto che il Governo effettua gli ultimi ritocchi sugli Osservatori per il credito, che dovrebbero debuttare a breve, consentendo – questa è l’attesa – di individuare tempestivamente tutte le criticità che nell’attuale difficile congiuntura possono frapporsi tra le imprese, le famiglie, e l’accesso al credito bancario, l’Ufficio Studi di Confartigianato ha calcolato i danni che la gelata creditizia ha già prodotto al sistema imprenditoriale. Considerando solo il mancato adeguamento dei tassi di mercato a quelli di riferimento della Banca Centrale Europea, il conto che le banche hanno presentato alle imprese nell’ultimo anno, in termini di maggiori oneri finanziari, ha raggiunto l’allarmante cifra di 13.837 milioni. I dati fanno riferimento allo scorso febbraio e confermano un trend in continua crescita: a dicembre, infatti, le stime di Confartigianato parlavano di un incremento dei costi pari a 12.537 milioni di euro. In poco più due mesi, dunque, la cifra è lievitata di ulteriori 1.300 milioni. L’analisi Confederale, prima di giungere alla conclusione che si tratta di aumenti assolutamente ingiustificati, prende in considerazione la politica condotta negli ultimi mesi dalla BCE. A luglio 2007, quindi ancor prima dello scoppio della bolla speculativa immobiliare statunitense, il tasso di riferimento fissato dalla Banca Centrale Europea era pari al 4,0%, parallelamente i tassi sui prestiti alle imprese viaggiavano al 5,60%. In piena crisi, a febbraio 2009, la BCE ha dimezzato i tassi portandoli al 2%, mentre le banche si sono guardate bene dall’allinearsi al ribasso, e si sono mantenute intorno al 4,83%. In sostanza, a fronte di una massiccia politica espansiva operata dalla BCE, la reazione delle banche è stata timida, con solo piccole variazioni nell’ordine dei centesimi di punto. Riconducendo gli aumenti al livello del tessuto imprenditoriale, emerge che ogni impresa, in media, ha pagato 2.267 euro in più a causa del maggior costo del denaro applicato delle banche. Le aziende del Nord sono state le più penalizzate: 2.289 euro quelle del Nord Ovest, 2.997 euro per quelle del Nord Est. Scendendo al dettaglio delle singole regioni, l’Ufficio Studi di Confartigianato osserva che in quattro regioni il maggior costo totale sopportato dalle imprese supera il miliardo di euro. Il primato negativo va alla Lombardia (4.064 milioni di euro); seguono il Lazio (1.597 Mln), l’Emilia Romagna (1.515 Mln), il Veneto (1.491). In media, ogni impresa della Lombardia ha pagato 4.243 euro in maggiori oneri bancari, contro i 3.576 euro delle imprese del Trentino Alto Adige, i 3.174 di quelle dell’Emilia Romagna e i 2.926 euro del Veneto. Scendendo lungo lo stivale, calano anche i costi per le imprese che oscillano tra i 793 euro della Sicilia e i 556 euro della Calabria. Ma non sono solo i maggiori costi che devono affrontare le imprese per mantenere la liquidità di cassa a rappresentare un problema. Il denaro che esce dalle banche, infatti, non solo è costoso, è anche poco, in alcuni casi inesistente. A febbraio 2009 l’8% delle imprese manifatturiere ha richiesto un finanziamento senza ottenerlo. Nel 6,6% dei casi la motivazione è il rifiuto da parte della banca, un fenomeno più marcato (6,6%) quando a richiedere la linea di credito è una piccola impresa. Tra tutti i comparti, quello manufatturiero, è quello in cui suonano con maggiore insistenza i campanelli d’allarme: a febbraio 2009 il 40,2% delle imprese hanno registrato un peggioramento delle condizioni di accesso al credito bancario rispetto al mese precedente. Che l’intervento della BCE non sia riuscito a raffreddare le richieste esagerate delle banche, lo confermano i dati. Ora resta da vedere se lo strumento individuato dal Governo per correggere le storture del sistema bancario – gli Osservatori sul credito costituiti presso le Prefetture, ai quali parteciperanno anche rappresentanti di Confartigianato – sia tra tutti gli strumenti possibili quello più appropriato. L’idea di attribuire ai Prefetti un potere di monitoraggio del comportamento delle banche e degli altri soggetti che hanno influenza sulla vita delle imprese è tutt’altro che sbagliata. Quello che a una prima lettura stona è non aver dotato questi ultimi di poteri reali, un fattore che rischia di ridurre pesantemente la portata dell’iniziativa. Tra le 38 proposte presentate il 17 marzo dalla Confederazione ai Parlamentari di maggioranza e opposizione, una in particolare mirava a riequilibrare il rapporto tra banche e imprese proprio potenziando il ruolo dei Prefetti nell’ambito degli Osservatori. Si legge nel testo della proposta: “Il Prefetto, laddove rilevi comportamenti che ostacolino in modo ingiustificato l’accesso al credito, in merito alla corretta valutazione del merito del credito e delle caratteristiche dell’impresa richiedente, a dotta, entro trenta giorni dalla segnalazione (…) un’ordinanza con la quale ingiunge all’istituto di credito la rimozione delle condizioni restrittive adottate. In caso di mancato adeguamento ai rilievi contenuti nell’ordinanza, la Prefettura provvede alla segnalazione del caso alle autorità governative”.

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