14 Aprile 2010, h. 00:00

Caos per imprese e consumatori, due marchi registrati confondono la pelletteria italiana

Marchi di qualità e certificazioni varie sono spesso l’unico strumento per offrire a cittadini e consumatori la possibilità di scegliere consapevolmente i prodotti che comprano. Un’opportunità a disposizione delle imprese, del mercato ma soprattutto di chi sceglie e compra un prodotto di qualità. E’ il caso di molte categorie del manifatturiero artigianale, vera e propria roccaforte del Made in Italy, un settore costretto a respingere i continui attacchi di prodotti falsi e merce contraffatta. Con le indicazioni riportate su etichette e prodotti, i cittadini hanno uno strumento chiaro ed immediato per essere certi che il prodotto scelto sia davvero quello che un marketing sempre più aggressivo vorrebbe far credere. Ma se la marcatura confonde, divide e crea incertezza, la natura stessa di un marchio di qualità rischia di fallire. Come successo alla pelletteria italiana, che soltanto recentemente ha scoperto che i marchi “vera pelle” e “vero cuoio”, quelli comunemente impressi su cinte, borse e scarpe di pelle, sono in realtà marchi registrati, per i quali è necessaria un’autorizzazione e il pagamento di eventuali diritti. E così, mentre gli imprenditori artigiani sono costretti ad utilizzare varianti come “pelle e cuoio naturale”, i cittadini si ritrovano un marchio tanto, troppo simile a quello che per legge deve essere applicato su tutti i prodotti di pelle e cuoio, la forma geometrica a sette lati, creando incertezza e offrendo un assist a chi, nella confusione di marchi e certificazioni varie, ci sguazza da tempo. Ogni riferimento a falsificatori e taroccatori del Made in Italy è assolutamente voluto.

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