29 Settembre 2015, h. 16:40

L’italianità è un valore. Parola di (super)mercato

Made-in-ItalyPubblichiamo un’analisi sul valore del made in Italy, a firma di Francesco Delzio, apparsa sul quotidiano ‘Avvenire‘ del 26 settembre 2015.

II nostro è uno dei soli cinque Paesi del Gruppo dei 20 ad avere un surplus strutturale con l’estero nei prodotti manufatti non alimentari. L’italianità come sinonimo di valore e di qualità, di “ben fatto”. Non è soltanto uno slogan, non è la solita illusione di un popolo che ama cullarsi sugli allori. Il fenomeno al quale possiamo assistere facilmente facendo la spesa in un supermercato, curiosando tra gli scaffali di una boutique di moda, visitando un negozio di arredamento a Roma, a Milano o in qualsiasi altra città o paese d’Italia, dalle metropoli alla provincia. E noteremmo lo stesso fenomeno se fossimo a New York oppure a Shangai, a Berlino oppure a Mosca. Si moltiplicano in Italia e nel mondo i prodotti alimentari e manifatturieri che enfatizzano il loro essere prodotti in Italia o da ingredienti italiani, sbandierando questo elemento per aumentare il loro appeal, la capacità di presa, nei confronti dei potenziali clienti. E un’ottima notizia. Mentre il caso Volkswagen scuote alle fondamenta il mito dell’affidabilità tedesca, i consumatori di molte aree del mondo considerano l’italianità un valore di riferimento. E poiché – ancora troppo spesso – i prodotti italiani non riescono ad arrivare direttamente sui mercati che li richiedono, a causa delle debolezze strutturali del nostro sistema imprenditoriale, dilaga in ogni angolo del mondo il semplice (e truffaldino) italian sounding, l’acquisto di prodotti che d’italiano hanno solo il nome, o addirittura usano strane “imitazioni” della lingua italiana. E quello che il Censis definisce «il valore economico della bellezza», un valore che per molti anni abbiamo sottovalutato o neanche stimato. Eppure oggi – insieme a Cina, Germania, Giappone e Corea – l’Italia è uno dei soli 5 Paesi del G-20 ad avere un surplus strutturale con l’estero nei prodotti manufatti non alimentari: al punto da poter vantare quasi mille prodotti in cui siamo tra i primi tre posti al mondo per saldo commerciale attivo con l’estero. In altri termini, escludendo l’energia e le materie prime agricole e minerarie, l’Italia è uno dei Paesi più competitivi a livello mondiale nella produzione. Lo dimostra anche ciò che sta accadendo nelle (sempre più frequenti) acquisizioni di aziende italiane da parte di gruppi stranieri: le produzioni – soprattutto quelle più sofisticate – vengono lasciate in Italia dall’azionista straniero, per non perdere le capacità realizzative dei nostri artigiani e dei nostri operai. Gli italiani sanno ancora produrre, dunque. E il mondo se ne sta accorgendo. @FFDelzio

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