Moda italiana in affanno: produzione giù del 6,6% e 11 imprese chiuse al giorno
La moda italiana attraversa una fase ancora estremamente critica. L’analisi degli ultimi dati congiunturali delinea un quadro allarmante. Nei primi otto mesi del 2025 la produzione nel tessile abbigliamento e pelli scende del 6,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, una caduta di oltre cinque punti più ampia rispetto alla media della manifattura italiana (-1,4%). Anche il mese di agosto conferma la tendenza negativa con un calo dell’1,9% su base annua.
Il punto sulla congiuntura nel settore della moda è stato elaborato dall’Ufficio Studi di Confartigianato a margine dell’incontro tenuto mercoledì scorso al Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT) per affrontare le emergenze della moda italiana, in cui è intervenuto Moreno Vignolini, Presidente della Federazione Moda di Confartigianato Imprese.
L’export diminuisce mentre cresce la concorrenza extra-UE. Le esportazioni di prodotti del tessile, abbigliamento e pelli scendono del 3,4% nei primi otto mesi del 2025 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (con +-7,6% ad agosto), a fronte del +2,6% della media della manifattura.
L’import di prodotti tessile, abbigliamento e pelli aumenta del +3,4% nei primi otto mesi del 2025 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, combinazione di una flessione del 2,0% dai paesi UE e di un aumento dell’8,2% dai paesi extra UE, con una crescita a doppia cifra (+11,8%) dell’import dalla Cina, che rappresenta circa un terzo (34,3%) delle importazioni extra UE della Moda.
Le attese sugli ordini a settembre 2025 ancora in negativo, con saldo di -9,6 (era -11,4 ad agosto e -9,0 a luglio).
Il prezzo sociale della crisi è alto. Nel secondo trimestre del 2025 si sono registrate 1.035 cessazioni di imprese del tessile abbigliamento e pelli, di cui 843 sono relative a chiusure di imprese artigiane: nel trimestre in esame il settore ha visto chiudere 11 imprese al giorno, di cui 9 sono imprese artigiane.
Sulla crisi della moda italiana, al ciclo congiunturale debole si sovrappongono rilevanti fattori strutturali. Come evidenziato in un recente lavoro pubblicato dalla Banca d’Italia sul settore moda, dopo un biennio di elevata inflazione, i consumatori sono più sensibili ai prezzi, mentre si alza la propensione al risparmio a fronte di una elevata incertezza. La transizione green induce una maggiore circolarità dei beni di consumo. La quota della moda sugli scambi globali si è sensibilmente ridotta. Inoltre, pesano i dazi, a cui fa fronte il robusto posizionamento qualitativo del made in Italy della moda. Oltre alla frenata dell’export negli Stati Uniti determinata dai dazi, le vendite del made in Italy della moda potrebbero risentire del dirottamento verso altri mercati di prodotti di moda cinesi precedentemente diretti negli Stati Uniti. Inoltre, è bassa la probabilità che i prodotti della moda italiana possano sostituire quelli cinesi su mercato statunitense, che richiede prodotti più sostituibili provenienti da altri produttori asiatici, tra cui domina il Vietnam. L’incertezza che caratterizza l’attuale fase della domanda mondiale influisce sull’offerta della moda specializzata nei beni di lusso.
L’evoluzione della moda italiana ha ricadute sul settore a livello europeo. L’Italia nel settore della moda, infatti, conta 461 mila addetti, ed è il primo paese nell’Ue a 27 davanti al Portogallo con 168 mila addetti, alla Polonia con 139 mila, alla Romania con 133 mila e alla Germania con 131 mila. L’occupazione in Italia è pari al 27% del totale del settore dell’UE.
Trend della produzione della moda in Italia e i Ue a 27
Gennaio 2022-agosto 2025 – var. % tendenziale, dati corretti per calendario, C13-14-15 – Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Eurostat
Addetti della Moda in 26 paesi UE
Anno 2023. Valori assoluti. Ateco 2007: 13, 14 e 15. * Escluso Lussemburgo n.d. e per Spagna nostre stime – Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Eurostat
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