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Usa e Cina, due mercati da 23,2 miliardi di euro di made in Italy nei settori di MPI

 

Nel viaggio in Asia del presidente degli Stati Uniti Trump è previsto per giovedì l’incontro con il premier cinese Xi. Le tappe al summit dell’Asean in Malaysia e la visita in Giappone hanno l’obiettivo di consolidare le relazioni con paesi che possono essere alleati preziosi per il confronto con la Cina nell’area del Pacifico. Nel bilaterale Usa-Cina a margine del vertice dell’Apec (organismo di cooperazione economica Asia-Pacifico di cui sono membri sia gli Stati Uniti che la Cina) che si tiene a Gyeongju in Corea del Sud si potrebbero ridisegnare i termini di una lunga guerra commerciale, iniziata nel 2018. Sul tavolo anche gli scenari su Taiwan, terre rare ed energia. Nell’incontro di domani, oltre ai termini per un accordo commerciale, è prevista la definizione delle forniture di terre rare, di cui la Cina è produttore e trasformatore primario, e degli scambi di soia. Sullo sfondo si delinea il tema delle esportazioni di energia dalla Russia, oggetto nei giorni scorsi di ulteriori sanzioni da parte degli Stati Uniti. La prospettiva di limitazioni di offerta determina pressioni sui prezzi che potrebbero frenare il trend di discesa: ad agosto in Italia il prezzo all’importazione del petrolio greggio è in discesa del 17,5%.

I dazi USA potranno intensificare il dirottamento della produzione cinese verso l’Unione europea: già nei primi otto mesi del 2025 l’export cinese in UE sale del 9,4%, un aumento che per l’Italia arriva al +24,5%.  In parallelo l’export dell’Italia verso la Cina è debole e nei primi otto mesi del 2025 scende dell’11,1%, ampliandosi al -13,2% al netto del farmaceutico. I dazi avranno un impatto negativo sul già debole trend delle vendite del made in Italy: nel totale dei primi otto mesi del 2025, al netto farmaceutico, l’export negli Usa scende del 3,0%.

Nel 2025 (ultimi dodici mesi ad agosto) l’export del made in Italy negli Stati Uniti e Cina vale 82,0 miliardi di euro, pari al 12,9% dell’export totale, di cui 67,8 miliardi di euro di vendite negli Usa e 14,2 miliardi in Cina.

L’export nei settori di MPI – alimentari, moda, mobili, legno, metalli e altre manifatture, tra cui gioielleria ed occhialeria, comparti in cui l’occupazione nelle imprese con meno di 50 addetti supera il 60% – vale 23,2 miliardi di euro, di cui 17,7 miliardi negli Stati Uniti e 5,5 miliardi in Cina. Sulla dinamica dell’export sui due mercati un segnale positivo arriva dalle stime preliminari dell’Istat del trend di settembre pubblicate stamane.

L’analisi territoriale del 35° report congiunturale di Confartigianato ha delineato le tendenze su territorio del made in Italy negli Stati Uniti e in Cina, proponendo una analisi della dinamica al netto del settore farmaceutico, interessato da scambi infragruppo delle multinazionali. Nel mercato statunitense l’export manifatturiero al netto del farmaceutico segna tra le regioni (qui il grafico) un aumento del 27,3% nel Lazio, del 17,3% in Trentino- Alto Adige e del 12,9% in Friuli-Venezia Giulia. Tra le maggiori regioni esportatrici segno positivo anche per Lombardia (+0,7%), mentre segnano una flessione Veneto (-6,1%), Emilia-Romagna (-7,7%) Toscana (-10,1%) e Piemonte (-11,9%) (qui il grafico per provincia). Sul mercato cinese il calo è diffuso tra le regioni, mentre per sette provincie (qui il grafico per regione e provincia) si registra, in controtendenza, il segno positivo: si tratta di Belluno con il 34,4%, Lecco con il 28,4%, Bergamo con il 18,8%, Treviso con il 16,3%, Alessandria con il 13,0, Bologna con l’11,8% e Monza e Brianza con +0,6% .

Usa e Cina nel mercato mondiale dell’energia – È del tutto evidente che le relazioni tra Stati Uniti e Cina hanno rilevanza sistemica, dato che le prime due economie globali determinano il 42,7% del PIL mondiale. Nel 2025 gli Stati Uniti generano il 26,1% del PIL mondiale mentre la Cina detiene una quota del 16,6%. Come evidenziato nell’analisi dell’Ufficio Studi su QE-Quotidiano Energia, le due maggiori economie mondiali, impegnate in una aspra guerra commerciale, hanno una grande rilevanza sui mercati dell’energia.

Gli Stati Uniti, detenendo la leadership mondiale di produzione di energia da fonti fossili, usano anche l’energia, oltre ai dazi, per influenzare il quadro geopolitico. Su questo fronte va ricordato che l’accordo commerciale tra Stati Uniti e Unione europea definito ad agosto delinea una bolletta energetica europea a “stelle e strisce”. L’accordo prevede acquisti di 250 miliardi di dollari all’anno equivalenti a 221 miliardi di euro, che per l’Italia sono stimabili pari a 29,5 miliardi di euro. Le dimensioni dell’impegno di acquisto sono ampiamente superiori all’attuale domanda. Nel 2025 (ultimi dodici mesi a luglio) l’Unione europea importa petrolio greggio e gas dagli Stati Uniti per 56,4 miliardi di euro. Per l’Italia l’import è di 5,2 miliardi di euro, con gli Stati Uniti che sono il quarto fornitore oil&gas dietro ad Algeria, Azerbaigian e Libia.

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