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Moda, il punto sulla congiuntura tra dazi, consumi deboli e investimenti per la doppia transizione

Il 2025 si chiude per la moda italiana sotto il segno di una congiuntura complessa, aggravata dall’impatto dei dazi e da un quadro macroeconomico incerto. Il settore – che conta 79 mila imprese e oltre 456 mila addetti, con una presenza di 40 mila imprese artigiane (50% delle imprese) – mostra segnali di fragilità diffusa, ma evidenzia anche importanti elementi di resilienza e trasformazione. L’analisi del settore è stata delineata nel report ‘La congiuntura delle imprese della moda nell’anno dei dazi’ presentato da Licia Redolfi dell’Osservatorio MPI Confartigianato Lombardia il 9 dicembre 2025 a Milano nel corso di un evento organizzato da CSM – Camera Showroom Milano, associazione partner di Confartigianato Moda, in occasione dell’anniversario dei cinque anni dalla sua fondazione. Qui per scaricare il report.

Il report evidenzia il trend della produzione nei primi 9 mesi del 2025 ancora in calo del 6,3%, più marcata del calo del 4,5% della media UE, ma di intensità inferiore rispetto al 2024 (-11,6%), tendenza che dovrebbe mantenersi anche nei prossimi mesi in quanto le attese sugli ordini sono ancora negative, con un saldo di -7,2 a novembre 2025 ma in miglioramento rispetto al -10,9 del mese precedente. Tutte i settori della moda registrano cali di produzione, con criticità più marcate nella pelle (-11,8%), mentre emergono segnali positivi nella fabbricazione di tessuti a maglia (+3,6%) e nella biancheria intima (+2,2%). Il rallentamento riguarda l’intera filiera della moda europea, ma in Italia risulta più acuto rispetto ai principali partner UE. Nel confronto europeo, lo ricordiamo, l’Italia è al 1° posto in Ue a 27 per occupati della moda.

La crisi del settore è conseguenza anche di una domanda interna debole (-2,1% nel 2024 per i consumi di abbigliamento e calzature), di vendite al dettaglio in riduzione (-1,2% nei primi 10 mesi del 2025) e di esportazioni in flessione (-3,6% nel primo semestre del 2025), con cali più marcati negli scambi extra-UE (–7,6%) e in particolare verso Svizzera, Russia e Cina. Tengono invece gli Stati Uniti, un mercato con prospettive condizionate dai dazi, mentre crescono la Germania, Polonia ed Emirati arabi uniti. Tra le conseguenze della crisi del settore l’elevato numero di cessazioni di impresa, 10 al giorno nel terzo trimestre 2025, di cui l’84,3% sono imprese artigiane. Il fenomeno si riverbera negativamente anche sui livelli occupazionali.

Indicatori sotto pressione anche sul mercato del credito: mentre il costo del denaro per le imprese italiane a settembre 2025 rimane di 188 punti base superiore al livello di giugno 2022, precedente alla stretta monetaria, i prestiti alle imprese moda diminuiscono del 6,4%, un calo tra i più severi della manifattura.

Accanto alle criticità, il report mette in luce traiettorie di cambiamento che rafforzano il profilo competitivo del made in Italy. La qualità intrinseca delle produzioni cresce: nel confronto con il 2019, i valori medi unitari dell’export moda aumentano molto più dei prezzi alla produzione, segnale di un posizionamento alto di gamma sempre più consolidato. Inoltre, il settore della moda è attivo nelle due principali transizioni in atto, digitale e green, indirizzando gli investimenti su competenze, innovazione e tecnologie: il 60% delle imprese della moda ha avviato investimenti in tecnologie digitali, mentre il 51% ha investito in competenze green. In particolare, sul fronte digitale la prossima frontiera è l’intelligenza artificiale (IA), con il 7% delle imprese della moda a fare da pioniere di questa tecnologia, utilizzandola soprattutto nella gestione economico-finanziaria, nel marketing e a supporto dei processi di e-commerce.

Nonostante un quadro congiunturale complesso, tengono (+0,3%) le previsioni di assunzione nel trimestre novembre 2025–gennaio 2026, pur con un’elevata difficoltà di reperimento del personale (58%).

Il quadro che emerge è quindi bifronte: da un lato la pressione combinata di dazi, costi finanziari, consumi deboli e chiusure aziendali; dall’altro la capacità delle imprese – in particolare quelle artigiane – di continuare a investire in qualità, sostenibilità e digitale, che restano i veri asset per traghettare il settore verso una nuova fase di competitività.

 

Dinamica della produzione nei settori della Moda: Italia e UE

Variazione % annuale 2024 e variazione % primi 9 mesi 2025, indice corretto con giorni lavorativi. Ateco 2007: 13, 14 e 15 – Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Eurostat

 

Dinamica tendenziale dell’export prodotti moda verso principali 20 Paesi partner

Variazione % tendenziale del valore nel I sem. 2025 (decrescenti) e nel 2024 – Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Istat

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