4 Novembre 2019, h. 16:59

STUDI – Efficienza energetica – In Italia valore aggiunto per unità di energia +19,3% rispetto media UE

L’analisi dei conti dell’Istat mediante i quale sono misurati i flussi di energia dall’ambiente verso l’economia, all’interno dell’economia e dall’economia verso l’ambiente, consente di valutare la domanda per tipologia di prodotto energetico e per settore economico utilizzatore.

Se concentriamo l’analisi sui consumi totali di energia osserviamo che il 69,1% si riferisce alle attività economiche, di cui il 24,8% nella manifattura, il 24,4% nei servizi, il 15% nella produzione di energia elettrica e gas e il rimanente 4,9% da agricoltura, costruzioni e le residue attività economiche. Le famiglie pesano per il 30,9% della domanda, con un prevalente utilizzo, pari al 13,5% dei consumi totali, per attività di riscaldamento e raffreddamento, a cui segue l’11,2% impiegato per l’attività di trasporto.

In relazione ai prodotti energetici degli impieghi di energia come consumi intermedi, ad esclusione dei consumi per trasformazione, le imprese utilizzano prevalentemente gas naturale ed energia elettrica, rispettivamente pari al 26,2% e al 25,6%; seguono diesel per autotrazione con 13,2%, olio combustibile residuo con 5,7%, energia termica con 5,2%, cherosene e jet fuel con 5,0%, gasolio da riscaldamento e altri gasoli con 4,1%, altri prodotti petroliferi compresi additivi/ossigenati e prodotti base di raffineria con 3,8%, gas di raffineria, etano e gpl con 3,4%, nafta con 2,8%, carbon fossile con 1,3% e prodotti derivati dal carbone (coke, catrame di carbone, agglomerati di carbon fossile, mattonelle di lignite e prodotti di torba) con 1,2%.

I conti sui flussi fisici di energia dell’Istat sono perfettamente integrati con i conti economici nazionali e consentono alcune valutazioni sull’intensità energetica. In media per le attività economiche si rilevano 3,2 TJ di energia consumata per milione di valore aggiunto a prezzi costanti 2015, combinazione di 6,9 TJ/mln € per la manifattura e 2,4 TJ/mln € relativi ai servizi e altre attività non manifatturiere. Nel complesso i cinque settori a maggiore intensità energetica – si tratta di coke e prodotti raffinati, metallurgia, vetro, ceramica e cemento e carta e assorbono 32,4 TJ di energia per milione di euro di valore aggiunto – sono capital intensive e registrano una maggiore presenza di medie e grandi imprese, nelle quali lavora il 61,9% degli occupati. All’opposto nei rimanenti settori manifatturieri – caratterizzati da una più bassa intensità energetica, mediamente pari a 2,5 TJ/mln € – predominano le piccole imprese, nelle quali lavora il 53,7% degli occupati.

Nelle scorse settimane Eurostat ha aggiornato al 2017 l’indicatore di produttività dell’energia, che misura il valore aggiunto prodotto per energia consumata, l’inverso dell’intensità energetica. Si tratta di uno degli indicatori relativi all’obiettivo ‘Energia pulita e accessibile’ compreso nei Sustainable Development Goals (SDGs) adottati con l’Agenda 2030 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite e che, complessivamente, individua 17 obiettivi con relativi 169 variabili target. La produttività dell’energia per l’Italia vale 9,9 euro di valore aggiunto per kg di petrolio equivalente, il 19,3% in più rispetto ai 8,3 euro/ktep della media UE a 28 e superiore ai valori rilevati in Germania (9,0 euro/kep) – maggiore competitor manifatturiero – Francia (8,4 euro/kep) e Spagna (8,2 euro/kep). Nell’ultimo anno l’Italia registra una riduzione di 0,2 euro/kep mentre in UE a 28 sale di 0,1 euro/kep.

L’analisi nella rubrica ‘Imprese ed energia’ su QE-Quotidiano Energia.

 

 

Impieghi di energia delle attività economiche per prodotto energetico

2016 – % impieghi energia diversi dalla trasformazione – Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Istat

 

 

Produttività dell’energia in Italia, Germania e UE 28

2000-2017, euro a prezzi 2010 per kep – Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Eurostat

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