Una legge che non scherza: La direttiva UE sui giocattoli.

Dopo il ciclone che si è abbattuto lo scorso anno su una multinazionale del giocattolo, accusata di commercializzare bambole rifinite con vernici contenenti piombo, e dunque pericolose per la salute dei bambini, e a seguito dei sequestri di valanghe di prodotti per l’infanzia non certificati, provenienti dai mercati orientali, il Consiglio Europeo ha deciso di rimettere mano alla normativa in materia di sicurezza dei giocattoli, vecchia ormai di vent’anni. La Direttiva 88/378/CE del 3 maggio 1988, che fino a oggi ha regolato la commercializzazione di giocattoli prodotti o importati nell’Unione Europea, è pronta a finire in soffitta, rimpiazzata da una legislazione più moderna che adegua il testo normativo ai cambiamenti dei mercati, alle trasformazioni industriali, agli effetti della globalizzazione. L’obiettivo dichiarato dal legislatore è quello di “ridurre gli incidenti connessi ai giocattoli ed ottenere benefici per la salute”, anche se il progetto nel suo insieme è più ambizioso. Sono infatti tre i risultati che si intendono raggiungere: “Nuovi e più alti requisiti di sicurezza per far fronte ai rischi recentemente identificati”; “Rinforzare la responsabilità dei fabbricanti ed importatori nella commercializzazione dei giocattoli”; “Aumentare gli obblighi di sorveglianza del mercato degli Stati Membri”. Nessun dubbio che la proposta di revisione avrà un forte impatto sui produttori. Soprattutto su quelli piccoli e piccolissimi - circa 779 imprese, il 92,3% delle quali di piccola dimensione con meno di 20 addetti - che dovranno adeguare il sistema produttivo alle maglie molto strette della Direttiva. Secondo le elaborazioni dell’Ufficio Studi di Confartigianato, le aziende italiane produttrici di giochi e giocattoli danno lavoro a 5.866 addetti, realizzano un fatturato annuo di 962,3 milioni di euro ed esportano il 47,1% della produzione. Nel 2006 le vendite all'estero di giocattoli italiani si sono attestate a 460,9 milioni di euro, con un aumento del 6,4% rispetto al 2005. Sono soprattutto i Paesi europei ad apprezzare i giochi made in Italy, il 76,1% delle nostre esportazioni è rimasto, infatti, all'interno delle frontiere comunitarie. Diverse le criticità identificate da NORMAPME (Organizzazione Europea dell’Artigianato e delle Piccole e Medie Imprese per la Standardizzazione) e già segnalate al Gruppo di Lavoro del Consiglio europeo, insieme alle possibili misure correttive. La richiesta principale riguarda l’inclusione nel testo di disposizioni specifiche per le piccole produzioni o le produzioni non in serie. Secondo le prime indicazioni, dai giocattoli dovrebbero scomparire diverse cose. Le sostanze cancerogene, prima di tutto. Poi il piombo e il mercurio, e le fragranze allergeniche. Prevista una stretta in materia di commercializzazione, con nuovi adempimenti e nuove responsabilità per chi immette sul mercato i giocattoli. A partire dalle avvertenze sull’utilizzo del prodotto, che dovranno seguire le indicazioni redatte da una apposita Commissione. In caso di alcune tipologie di giocattoli, ad esempio quelli con magneti, attualmente non normati, sarà richiesto un test presso laboratori indipendenti. Il fabbricante avrà poi l’obbligo di mettere a disposizione dell’autorità per la Sorveglianza del Mercato le informazioni tecniche del prodotto. Obblighi per i produttori e i distributori di giocattoli, ma anche per gli Stati membri. La direttiva impone agli Stati dell’UE di rafforzare il grado di sorveglianza del mercato, con controlli sul posto e alle frontiere comunitarie, e di prevedere un sistema sanzionatorio in caso di mancata osservanza di quanto disposto dalla Direttiva.


Tre ricette per un Paese a “prova” di piccole imprese

Su almeno una cosa Walter Veltroni, Silvio Berlusconi, Pier Ferdinando Casini, sono d’accordo. I leader delle tre formazioni politiche che si sono confrontati in tre distinti incontri con la Giunta Esecutiva di Confartigianato, in vista delle consultazioni elettorali del 13 e 14 aprile, si sono detti d’accordo che le priorità indicate dalla Confederazione alla politica come essenziali per far ripartire il sistema Paese, sono quelle giuste. E loro le sottoscrivono. Tutti d’accordo, quindi, che la spesa pubblica va ridotta, gli sprechi eliminati, la pressione fiscale su imprese e famiglie abbassata, i costi della burocrazia contenuti. Ma c’è di più. E anche su questo Confartigianato ha incassato un sostanziale ‘si’ dai tre leader: porre le piccole imprese al centro degli interventi per rilanciare la competitività. Perché c’è poco da dire, sono le piccole imprese che trainano l’occupazione: in un anno hanno creato 517.000 posti di lavoro, mentre nello stesso periodo le grandi aziende ne hanno persi 117.000. Un Paese a “misura” di piccola impresa, è un Paese destinato a crescere. Sui principi generali, insomma, il giudizio è unanime: le inefficienze che pregiudicano lo sviluppo vanno sanate e sono urgenti misure per alleggerire il pesante fardello che grava su imprese e famiglie. Sulle misure da attuare, invece, ognuno propone una ricetta diversa. Al cuore del progetto politico di Walter Veltroni, che ha aperto la rassegna di incontri di Confartigianato, c’è il desiderio-impegno di un ‘Paese semplice”. In sostanza, più snello dal punto di vista burocratico e meno gravoso da quello fiscale. La proposta di Veltroni prevede la riduzione del numero degli adempimenti e l’abbassamento di almeno un punto della pressione fiscale, una misura quest’ultima, che a suo giudizio si potrebbe ottenere attraverso proporzionali tagli alla spesa pubblica. Alla semplificazione è dedicata l’iniziativa “Un’impresa in un giorno”. “Lo Stato è troppo lento e richiede documenti che ha già – spiega Veltroni –. Per aprire un’impresa deve bastare un’autocertificazione. Fatto salvo il rispetto degli adempimenti previsti dalla legislazione sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, che vanno rispettati”. Per le imprese Silvio Berlusconi propone “un’azione importante: l’Iva non si paga all’emissione della fattura, ma quando viene incassata”. E poi il rilancio delle infrastrutture. “La mancanza di infrastrutture pesa, per il tempo di spostamento dei cittadini e delle merci, per il 20,6% del Pil, mentre nel resto d’Europa per il 16%. Una differenza di quattro punti che vale 65/67 miliardi di euro”. Quindi via libera alle merci – “ma solo a quelle su rotaia”, ha specificato Berlusconi – ai trafori, al Corridoio 5. Per tagliare il debito pubblico, la proposta del Popolo delle Libertà è quella di ammodernare e ‘digitalizzare’ la pubblica amministrazione, ma anche, e soprattutto, vendere i beni dello Stato. “Pensiamo di ridurre il debito pubblico mettendo in vendita anno dopo anno alcuni beni dello Stato”. Una vendita scalare che, secondo il Cavaliere, dovrebbe portare al recupero di “almeno un punto di Pil l’anno – quindici miliardi di euro ogni anno – abbattendo in cinque anni il debito pubblico dal 105% al 100%.” Tra le priorità di Berlusconi anche gli interventi a sostegno delle famiglie. “Bisogna ridare i soldi alle famiglie – ha dichiarato il Cavaliere – attraverso gli incentivi e i premi di produttività. Con questo noi aumenteremo la produttività, soldi che entrano nelle tasche delle famiglie, e che fanno aumentare i consumi”. Sempre per contrastare la sindrome della terza settimana, il leader del PDL ha avanzato la proposta del taglio di “due miliardi di euro di Ici. Un vero pilastro”. Prevista anche una ricetta per innalzare le pensioni: “Faremo un adeguamento al costo della vita, toglieremo il divieto di cumulo tra moglie e marito, e a chi, pur essendo pensionato continua a lavorare, gli entrerà quasi il 50% in più”. Casini, invece, compie un percorso inverso da quello di Berlusconi e differente da quello di Veltroni. Per l’ex-presidente della Camera bisogna partire dalla riduzione della spesa pubblica per arrivare agli interventi a favore della famiglia. “Una delle differenze fondamentali fra il nostro programma e il libro dei sogni degli altri candidati è che noi partiamo dal risanamento dello Stato, e indichiamo anzitutto il modo con il quale reperire le risorse per qualsiasi intervento”. Il primo taglio indispensabile secondo Casini è quello delle Province che “consentirebbe il risparmio di 11 miliardi di euro, senza toccare posti di lavoro”. A Ministeri e Agenzie, Casini riserverebbe l’accorpamento. In alcuni casi, come quello del Cnel, la chiusura. Come Berlusconi anche Casini prevede la smobilizzazazione dei beni dello Stato. Circa 30 miliardi di euro che il leader dell’UDC destinerebbe “alla riduzione del debito pubblico”, ma con una significativa novità. “I risparmi liberati grazie ai minori interessi, per la riduzione del debito, saranno utilizzati per ridurre le tasse”. Sempre in tema di fiscalità Casini ha indicato come essenziale il “rispetto dello statuto del contribuente”, per cui niente più imposte retroattive. E poi la “Pax fiscale” (“Ci impegnamo a non introdurre per almeno due anni regole nuove o a modificare quelle presenti”), e le politiche a favore della famiglia. “Se sosteniamo la famiglia – ha spiegato il candidato premier dell’UDC – favoriamo i consumi. E’ per questo che abbiamo introdotto il raddoppio degli assegni famigliari per ogni figlio a carico, la deduzione dal reddito delle spese per gli asili nido, le suole materne, i libri scolastici, ma anche le spese mediche, l’aumento delle detrazioni fiscali per gli interessi dei mutui sulla prima e sulla seconda casa. Una cedolare secca del 20% di Irpef sugli affitti, il blocco delle addizionali regionali e comunali Irap e Irpef, la detassazione degli straordinari sui redditi da lavoro…”. Convergenza tra Casini e Berlusconi sull’energia. Per entrambi, la strada da percorrere per sganciare il Paese da una sudditanza energetica - pericolosa dal punto di vista strategico e costosa da quello pratico - è un rapido dietro-front rispetto alle scelte degli anni 70/80, che il Cavaliere ha definito “assurde” e il leader dell’UDC “scellerate” e “demenziali”. Sulla produzione dell’energia, Casini ha detto che l’Italia è il paese del ‘no’. “Abbiamo detto no a tutto. No ai rigassificatori, no ai termovalorizzatori, no al nucleare. Queste scelte ci stanno uccidendo”. Conclusione comune per i due politici: riprendere la strada del ‘sì’ a queste importanti infrastrutture. Le liberalizzazioni. Nonostante le ovvie differenze ideologiche e di impostazione, sia per Veltroni che per Casini, il problema segnalato dalla Confederazione c’è eccome, e va pure risolto in fretta. “Condividiamo l’approccio top-down – ha dichiarato il leader del Partito Democratico -. Serve a poco liberalizzare alcuni “piccoli” se poi non si superano le rendite di posizione dei “grandi”. Noi vogliamo contrastare l’offensiva delle utilities nel mercato post contatore. Un’offensiva che in molti casi si configura come un vero e proprio abuso di posizione dominante”. Casini, invece, sottolinea che sulla questione il suo programma “è quello più liberale in circolazione”. E non risparmia un affondo al Governo Prodi. “Hanno colpito migliaia di piccole imprese senza ottenere risultati apprezzabili. Io non ho visto più taxi in giro, e neppure sono diventati meno cari. Non si è liberalizzato dove si doveva”. Il leader dell’UDC un settore da liberalizzare in via prioritaria ce l’ha in testa, e anche da tempo: i servizi pubblici locali. Che sono sfuggiti al Disegno legge del Ministro Lanzillotta, bloccato dal veto ideologico di Rifondazione Comunista, e dal prevedibile veto dei Comuni. “E’ necessario ristabilire la concorrenza nel settore dei servizi pubblici locali (energia, gas, acqua, rifiuti), con ovvi benefici sulle tariffe dei servizi erogati”.<


Malattie professionali, arriva l’aggiornamento del Lavoro

La Commissione Scientifica incaricata dal Ministero del Lavoro ha aggiornato l’elenco delle malattie di sospetta origine professionale, uno strumento valido per la prevenzione dei disturbi di salute legati al luogo di lavoro. Così, con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale ed il precedente decreto del Ministero, l’aggiornamento diventa ufficiale e va a sostituire il vecchio elenco dell’aprile 2004. Il registro, come nelle passate versioni, distingue le possibili malattie in tre diverse liste secondo la probabilità di ricondurre il male alla professione svolta. Nella terza sono indicate le malattie la cui origine lavorativa è appena possibile, nella seconda compaiono quelle di limitata probabilità ed infine, nella prima lista, quelle che con elevata probabilità possono essere ricondotte al lavoro svolto. E’ proprio da quest’ultima lista che parte la revisione che periodicamente effettua la Commissione Scientifica, i cui membri sono rappresentanti dei Ministeri del Lavoro, del Tesoro e della Salute, dell’Istituto Superiore della Sanità, dell’INPS, dell’INAIL e di altre Istituzioni, come il CNR e l’Ipsesl, l’Istituto per la sicurezza sul lavoro. Il decreto legislativo n. 38/2000, ultima tappa dell’iter di costituzione del registro, oltre a riconoscere nella Commissione Scientifica il gruppo di lavoro incaricato di aggiornare periodicamente l’elenco, considerate le continue variazioni dei processi produttivi, ha anche istituzionalizzato la possibilità di ricondurre ogni malattia, anche se assente dall’elenco, alla professione svolta, purché sia proprio il lavoratore a dimostrarne l’effettivo legame.


“Load profiling”? Solo per chi lo sceglie: non aumentano più le bollette elettriche delle PMI

Le bollette elettriche delle PMI non aumenteranno. Almeno non a causa del “load profiling”, il nuovo metodo di calcolo dei consumi introdotto dall’Autority per l’energia, attivo dal primo aprile. La conferma è venuta direttamente dal Presidente dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas, Alessandro Ortis, nel corso di un incontro con il Presidente di Confartigianato Giorgio Guerrini. Nelle scorse settimane era stata proprio Confartigianato a lanciare l’allarme circa i danni economici che la “profilazione in funzione del carico”, avrebbe causato alle piccole imprese che concentrano i consumi nella fascia oraria di massimo prezzo, quella compresa tra le 8 e le 18, dal lunedì al venerdì. Aumenti che l’Ufficio Studi di Confartigianato aveva stimato in circa 226 milioni di euro. Ad essere penalizzate sarebbero state soprattutto le imprese di due comparti, l’edilizia e il manufatturiero, già in affanno per specifiche criticità congiunturali. In una lettera del 18 marzo, il presidente Guerrini aveva invitato Ortis a “prendere in considerazione l’allarme che proviene dal nostro mondo” e a voler “ponderare tutte le misure di accompagnamento idonee a diluire nel tempo una ricaduta così pesante e difficilmente sostenibile, garantendo al mercato, agli operatori e agli utenti finali, il tempo di organizzarsi affinché il passaggio avvenga con logiche di omogeneità, equità e trasparenza”. La risposta all’invito di Confartigianato, Ortis l’ha data direttamente al Presidente Guerrini. Il Presidente dell’Autority ha chiarito che il “load profiling” non produrrà nessun cambiamento significativo per le imprese che usufruiscono del servizio di maggior tutela (piccole imprese con meno di 50 dipendenti, un fatturato annuo o un totale di bilancio non superiore a 10 milioni di euro e i cui punti di prelievo sono connessi in bassa tensione). Nessuna esclusa. Neppure quelle che tecnicamente dovrebbero essere già interessate dalla misura, perché dotate di misuratore elettronico. Anche queste ultime continueranno “transitoriamente” a pagare il prezzo monorario e verranno trattate per fasce solo ai fini del dispacciamento dell’energia come previsto dalla delibera 237 e dal Testo integrato di vendita. Nessuna sorpresa in agguato dietro all’avverbio “transitoriamente”, che il Presidente Ortis ha tradotto con: “fino a quando il mercato non sarà maturo”. Quindi certamente non ora. Nel corso dell’incontro è stato sciolto un altro importante nodo. In un primo momento l’Autorità aveva stabilito che le imprese che decidevano di rivolgersi al mercato libero per l’acquisto di energia passavano automaticamente dal prezzo monorario al prezzo per fasce. Un passaggio che di fatto avrebbe vanificato ogni beneficio. Ora l’automatismo è venuto meno: le aziende sono libere di scegliere il profilo tariffario più in linea con le proprie esigenze. Soddisfazione per il chiarimento è stata espressa dal Presidente di Confartigianato che ha auspicato una sempre più stretta collaborazione con l’Auotrità per l’Energia al fine di migliorare le condizioni di accesso delle piccole imprese al mercato energetico.


ENERGIA Incontro tra i vertici dell’Autorità dell’Energia Elettrica e del Gas e Confartigianato. Chiarimenti sui prezzi dell’energia per fasce orarie

Oggi il Presidente dell’Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas Alessandro Ortis ha incontrato il Presidente di Confartigianato Giorgio Guerrini.Leggere di più


autorità energia elettrica

ENERGIA - Incontro tra i vertici dell'Autorità dell'Energia Elettrica e del Gas e Confartigianato. Chiarimenti sui prezzi dell'energia per fasce orarie