23 Agosto 2005, h. 11:04

PREZZI ENERGIA ELETTRICA: LE PMI PAGANO 10.300 € IN PIÙ ALL’ANNO RISPETTO ALLA MEDIA UE. FISCO TROPPO ALTO: PESA PER IL 29% SUL COSTO DELL’ENERGIA. E AUMENTANO LE TASSE LOCALI

In Italia l’energia elettrica costa alle imprese dal 16,4% al 51,7% in più rispetto alla media europea. Colpa anche del peso del fisco che nel nostro Paese incide per circa il 29% sul prezzo finale dell’elettricità. Rispetto alla media Ue, le tasse sul chilowattora in Italia sono superiori di una percentuale che oscilla tra il 5,4% e il 7,3%. (Vedi tabelle a pagina 2)

E’ quanto emerge da un’analisi condotta da Confartigianato che ha esaminato i fattori che ostacolano la competitività delle aziende italiane.

Per esemplificare l’impatto del costo dell’elettricità, Confartigianato ha esaminato il caso di un’impresa con un consumo medio di 358.017 chilovattore/anno, vale a dire una piccola-media impresa energivora.

Questa tipologia di impresa paga l’energia elettrica 10.300 €/anno in più rispetto ad un competitor europeo, dei quali 5.160 €/anno (il 50,1%) dovuti alle imposte.

Per questo profilo di imprese, il divario dei prezzi dell’energia (al lordo delle imposte) rispetto alla media europea, tra il 1999 e il 2004 è più che raddoppiato, passando da 13,7% al 27,6%.

Confartigianato ha poi rilevato che l’impatto delle tasse locali sul costo dell’elettricità per le imprese, oltre ad essere aumentato, è ripartito in modo sperequato sulle diverse classi di consumo.

Infatti, l’attuale normativa italiana delle imposte addizionali degli enti locali sui consumi di energia elettrica per usi industriali prevede l’applicazione di un’aliquota soltanto per i consumi inferiori a 200.000 chilovattore/mese (vale a dire quelli delle piccole e medie imprese). Essa è pari a 0,93 centesimi di euro (18 lire) per chilovattora ed è incrementabile a discrezione di ciascuna amministrazione provinciale fino a 1,13 centesimi di euro (22 lire) per chilovattora.

Invece, per i consumi superiori a 200.000 chilovattora/mese (vale a dire quelli delle grandi imprese) è prevista l’esenzione totale dall’addizionale.

Secondo Confartigianato, si tratta di un trattamento fiscale iniquo, che penalizza ulteriormente le piccole imprese italiane rispetto ai grandi consumatori industriali (che tra l’altro godono già di molti altri trattamenti agevolati, come gli incentivi e le riserve di bande estere per l’energia elettrica interrompibile).

L’analisi della distribuzione territoriale dell’addizionale enti locali sul consumo di energia elettrica mostra che tale accisa da sola incide tra il 7% e il 9% sul costo totale della bolletta elettrica finale dei consumatori industriali con consumi mensili inferiori ai 200.000 chilovattore.

Dal confronto tra i valori dell’addizionale tra il 2000 e il 2004, effettuato su tutte le province, si nota che il numero delle Amministrazioni provinciali che hanno applicato l’aliquota massima (0,0113 €/chilovattora) è cresciuto in 4 anni dalle 17 province del 2000 a ben 57 province del 2004 (+ 335%), a conferma dell’incremento della peso della fiscalità locale su un importante fattore di costo per le Pmi e le imprese artigiane quale il consumo di energia elettrica.

Quindi il 45,1% delle Province ha aumentato tra il 2000 e il 2004 l’aliquota dell’addizionale. Inoltre, ben 38 province su 102 sono passate dalla aliquota minima a quella massima (37,3% del totale, ovvero circa una provincia su tre) e 16 amministrazioni che nel 2000 richiedevano l’aliquota massima, non l’hanno diminuita nel 2004.

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