26 Ottobre 2007, h. 00:00

Studi di settore: le proposte correttive di Confartigianato

Sugli ‘Studi di settore’ continua l’azione di Confartigianato che sollecita il Parlamento a completare la correzione delle norme introdotte con la Finanziaria dello scorso anno che avevano penalizzato le piccole imprese. Si ricorda che le modifiche apportate unilateralmente dal Governo, nel mese di Marzo, avevano stravolto la natura degli gli studi di settore, trasformandoli da strumento per la corretta “indicazione di ricavi”, a una modalità automatica per la “determinazione dei redditi”, con la conseguenza di far risultare incongrue più del 60% delle imprese e quindi di innalzare la pressione fiscale. Una stortura evidente che aveva messo a dura prova il dialogo tra parti sociali e Governo, la cosiddetta compliance su cui si basano, appunto, gli studi di settore, che come previsto dal Protocollo siglato da Confartigianato il 14 dicembre 2006 con il Vice Ministro delle Finanze Visco e con il Ministro dello Sviluppo Economico Bersani, in molte parti disatteso, prevede “il coinvolgimento degli esperti delle associazioni di categoria sia nella fase di definizione sia in quella delle successive modifiche”. Solo nel corso dell’estate le ragioni dell’artigianato, delle piccole imprese e dei commercianti hanno convinto il Parlamento a rimettere in discussione il percorso di modifica intrapreso dal Governo. Il risultato è che sono stati depotenziati gli indicatori di normalità e, finalmente, si è riaperta la possibilità che gli studi di settore tornino ad essere quello strumento selettivo di equità fiscale già previsto dal Protocollo. Nonostante i risultati positivi ottenuti, secondo Confartigianato, ci sono ancora diverse azioni da compiere per riportare in equilibrio gli studi di settore che appaiono ancora sbilanciati a sfavore delle aziende. Per questo la Confederazione ha sollecitato la presentazione di alcuni emendamenti correttivi alla Legge Finanziaria 2008 Il primo riguarda l’introduzione di una specifica norma che disciplini l’entrata in vigore dello studio revisionato dal periodo d’imposta successivo alla sua approvazione, dando così risposta alle esigenze poste dai contribuenti e dagli intermediari sia in materia di pianificazione fiscale, sia in materia di ordinato svolgimento degli adempimenti. Una seconda proposta è sul valore della prova degli indicatori di normalità economica da inserire a regime nei successivi studi di settore. In sostanza, secondo Confartigianato, gli indicatori, rappresentando uno strumento di individuazione delle condizioni di non normalità economica nell’esercizio dell’attività, devono avere natura di presunzioni semplici, prive, cioè, dei requisiti di gravità, precisione e concordanza. In caso di accertamento, l’onere della prova, ovvero motivare e fornire elementi a sostegno degli scostamenti riscontrati, deve essere posto a carico dell’ufficio accertatore. In pratica gli indicatori non devono partecipare direttamente alla determinazione del ricavo congruo, bensì dovrebbero essere utilizzati soltanto come ‘campanelli d’allarme’ per selezionare i contribuenti da sottoporre ad accertamento. Una terza proposta di modifica mira alla riduzione dell’ammontare iscrivibile a ruolo quando l’accertamento per mezzo degli studi di settore avviene in presenza di una attestazione dei motivi che giustificano la mancata congruità dei ricavi. In questo caso Confartigianato chiede al Governo che si rispetti quanto previsto nel Protocollo siglato il 14 dicembre 2006, ossia la riduzione al 25% della percentuale delle somme dovute a titolo di riscossione provvisoria in pendenza di giudizio. Si ritiene infatti che la presenza dell’attestazione possa rappresentare un elemento favorevole circa l’esito finale del ricorso, tale da legittimare una riduzione delle somme dovute per adire le Commissioni Tributarie.

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