5 Novembre 2007, h. 00:00

Le tasse che bruciano l’energia

Allarme rosso per il prezzo del petrolio che nelle prossime settimane potrebbe toccare, e addirittura superare, i 100 dollari al barile. “Solo dopo ripiegherà” spiegano gli analisti. Secondo il Presidente dell’Unione Petrolifera, Pasquale De Vita, la colpa del rialzo record che nel giro di 10 mesi ha spinto il greggio dai 56 euro dello scorso gennaio agli attuali 96, con un aumento di quasi il 75%, è da attribuire a una bolla di speculazione che, come ha ricordato, arriverebbe a pesare “fino a 20-25 dollari sul costo del barile”. Di parere simile l’economista Alberto Clo’, che in un’intervista conferma che i motivi del boom del prezzo dell’oro nero sono “di carattere finanziario”, aggiungendo che “la domanda di prodotto cresce, ma l’offerta anche in queste settimane è stata assolutamente adeguata”. L’economista ricorda poi che “i prezzi sono allineati sostanzialmente a quelli di un anno fa, anche se superiori a quelli di inizio anno”. Conclude dando una notizia, cattiva e quasi scontata: le bollette sono destinate ad aumentare. “Dopo l’aumento molto consistente dell’1 ottobre temo che anche dall’1 gennaio, se ci saranno questi prezzi, ci sarà un altro aumento delle bollette sia dell’elettricità che del gas. A essere penalizzate saranno soprattutto le imprese, che già oggi soffrono di un maggior costo dell’elettricità del 40-50% rispetto ai competitori esteri”. Carburanti e bollette sono destinati quindi a prendere il volo, continuando ad infiammare l’inflazione che, secondo le stime provvisorie dell’Istat, a ottobre è salita da 1,7% di settembre a 2,1%: il balzo in avanti più alto degli ultimi 12 anni. Mentre si moltiplicano le richieste di intervento per frenare i rialzi che rischiano di mettere in crisi tutti i settori produttivi e particolarmente quelli più esposti al caro-combustibile come l’autotrasporto, l’Ufficio Studi di Confartigianato ha pubblicato un rapporto dal titolo “Un pieno di tasse”, che mette in luce uno degli elementi che contribuisce maggiormente a spedire alle stelle il costo già caro dell’energia e dei carburanti italiani: la fiscalità. Come non bastassero le bolle speculative che spingono l’oro nero ai livelli dei grandi shock petroliferi degli anni ’80, in Italia la tassazione sull’energia – il 30% più alta rispetto alla media dell’Unione Europea a 25 – spinge ancora più in alto i costi che i consumatori devono affrontare quando accendono la luce di casa, mettono in moto l’automobile e gli impianti produttivi delle aziende. Nel solo 2006 le accise sull’energia elettrica, gas e combustibili hanno pesato per 31.260 milioni di euro, il 2,1% del prodotto interno lordo. In testa le tasse sugli oli minerali (76,6%), seguite da quelle sul metano (14,6%) e sull’energia elettrica (8,7%). Un trend in continua ascesa: tra il 2002 e il 2006 le entrate fiscali sull’energia sono salite dell’8,7% e in particolare è aumentata l’imposta sul gas metano che è cresciuta del 42,1%, seguita dal gettito dell’imposta erariale sull’energia elettrica che sale del 16,6%, dalle addizionali sull’energia elettrica che crescono del 8,3%. Confartigianato ha stimato che ogni secondo affluiscono alle casse dello Stato quasi mille euro (per la precisione 997) grazie alle accise. Una cifra enorme, che pone l’Italia al secondo posto della classifica dei paesi europei con maggiori imposte sull’energia, sorpassata solo dalla Danimarca. Le ricadute pratiche di un simile regime sono piuttosto evidenti quando lo studio analizza la percentuale di imposte che insiste sui singoli prodotti energetici. Per ogni litro di gasolio più della metà del costo è rappresentato da imposte: a fronte di un prezzo lordo (tasse comprese) di 1,203 Euro/litro, si pagano 0,623 euro di accise, il 22% in più della media europea. Restando sempre al gasolio, quello da riscaldamento fa segnare il record dei tributi: ogni 1.000 litri di combustibile grava un’imposta di 593,75 euro. In pratica il 51,9% del prezzo finale di vendita è costituito da tasse. Nessuno riesce a far peggio in Europa, dove il peso del fisco in media è pari al 31,8%. Non va meglio sul fronte del gas. Anche qui la tassazione italiana è seconda solo a quella della Danimarca, esattamente il doppio della media dell’Europa a 27. Oltre un terzo del prezzo finale, esattamente il 35,7%, è determinato da tasse, contro il 21,9% del resto della UE. Una maggiore tassazione che contribuisce in maniera significativa a rimpinguare le casse delle Amministrazioni pubbliche italiane che, considerando i soli consumi di gas inferiori a 5.000 metri cubi sul mercato tutelato, ricevono un extragettito di 2.088 milioni di euro, rispetto a quello che otterrebbero applicando l’imposizione media europea.

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