14 Dicembre 2007, h. 00:00

Il tessile cinese monitorato speciale

Dal 1° gennaio 2008 cesserà il sistema delle “quote” che dal 2005 a oggi ha regolato le importazioni dalla Cina in Unione Europea di dieci categorie di prodotti tessili, di fatto l’unica barriera normativa all’invasione di tessuti e capi di abbigliamento di bassa qualità, basso prezzo, altissimo numero. Allo scadere dell’accordo il Parlamento UE ha approvato una risoluzione comune sostenuta da tutti i gruppi politici (eccetto Indipendenza Democratica ) che sollecita la Commissione europea a intraprendere una serie di iniziative – elencate punto per punto nel documento – a difesa dei consumatori e dell’intero comparto manufatturiero. Nella risoluzione si sottolinea innanzitutto come il 70% di tutte le merci contraffatte che entrano nel mercato europeo proviene dalla Cina e che “la metà di tutte le procedure doganali europee contro la contraffazione riguarda il settore tessile e quello dell’abbigliamento”. Il documento prosegue ricordando che l’eliminazione del sistema delle quote scaturisce da un accordo legalmente vincolante e contestuale all’adesione della Cina all’Organizzazione Mondiale del Commercio, e che quindi non può essere messo in discussione nonostante il venir meno di queste regole metta a rischio la stabilità dell’intero settore tessile comunitario. Dopo un piccolo passo indietro, e cioè dopo l’ammissione del Parlamento UE che non è possibile prorogare il sistema delle quote, è la volta dell’affondo. I parlamentari ricordano, infatti, che l’accordo dell’OMC che fissa al 1° gennaio 2008 la scadenza dei ‘livelli concordati’, consente a tutti i membri, compresa l’Unione Europea, “di applicare misure di salvaguardia nei confronti di importazioni dalla Cina fino alla fine del 2008”, qualora si rendesse necessario. Con l’inizio dell’anno scatterà il sistema di controlli bilaterali sull’importazione delle dieci categorie tessili, fino al 31 dicembre 2007 oggetto delle “quote”. Le verifiche saranno effettuate presso le dogane cinesi e quelle dei Paesi dell’Unione Europea. Un’iniziativa che in autunno, al momento della presentazione ufficiale, è stata valutata con favore da Confartigianato Moda, che a più riprese ha segnalato il pericolo determinato dalla mancata proroga dell’accordo, considerato l’ultima difesa contro il rischio di ‘colonizzazione’ di un mercato – come quello del tessile europeo – già fortemente penalizzato dalle triangolazioni commerciali e dalle importazioni illegali di merce a basso costo dall’estremo oriente. La Commissione della UE ha specificato che non si tratta di una misura protezionistica, per limitare i livelli di import, ma di uno strumento per monitorare l’ingresso delle merci. Se sull’iniziativa la Commissione ha incassato da subito la fiducia del Parlamento, adesso deve fare i conti con le raccomandazioni contenute nella risoluzione. Il Parlamento esprime “profonda preoccupazione” per le modalità di istituzione del sistema e invita la Commissione a garantire un’adeguata applicazione oltre a valutare l’efficacia del dispositivo, “in modo da assicurare una transizione agevole verso il libero commercio di prodotti tessili”. Valutazione che dovrebbe avvenire – questa la richiesta del Parlamento – entro la fine del primo trimestre 2008 “in modo da garantire che gli effetti perturbatori di un’impennata delle importazioni tessili siano debitamente e rapidamente presi in considerazione”. E’ poi la volta del “Made in”, la denominazione d’origine dei prodotti tessili importati da paesi terzi che, secondo un progetto ancora in corso di esame, andrebbe riportata obbligatoriamente in etichetta. Anche su questo punto il parere degli eurodeputati è chiaro: il Consiglio adotti rapidamente la proposta di regolamento e applichi le “norme vincolanti”. Sul “Made in”, un provvedimento da tempo sollecitato da Confartigianato Moda, il Parlamento europeo ha adottato ufficialmente una risoluzione scritta l’11 dicembre (vd. Box), che ribadisce il diritto dei consumatori europei ad essere informati sugli acquisti, che le indicazioni fraudolente sull’origine dei prodotti sono inaccettabili, e che devono essere garantite condizioni di parità con i partner commerciali dell’UE, oggi troppo sbilanciate a oriente. Sulla sicurezza dei consumatori, i deputati UE chiedono che il Consiglio si avvalga dei suoi poteri per “proibire che siano immessi prodotti pericolosi nel mercato UE”, in particolare quelli che arrivano dalla Cina. La raccomandazione diventa più specifica quando si parla di tessuti: “devono essere soggetti ad esigenze di sicurezza e protezione dei consumatori identiche a quelle applicate ai prodotti tessili confezionati nel territorio dell’Unione europea”. E’ poi la volta delle misure che il Parlamento ritiene necessarie per rafforzare la presenza delle PMI del tessile e dell’abbigliamento sul mercato interno e su quello internazionale. La prima preoccupazione riguarda “le elevate barriere tariffarie e non tariffarie in numerosi paesi terzi”, che secondo i deputati andrebbero rimosse in sede di accordi bilaterali, regionali e multilaterali, un fattore indicato come “essenziale per il futuro dell’industria tessile e dell’abbigliamento basata in Europa, in particolare per le PMI”. Ammodernamento dell’industria tessile, formazione professionale, innovazione tecnologica, sono le azioni-chiave identificate dagli eurodeputati per sostenere il comparto. Con riferimento specifico alle Piccole e medie imprese “ampiamente colpite dalla liberalizzazione del mercato”. Identificate anche le risorse finanziarie: il Fondo di adeguamento alla globalizzazione. Per i deputati occorre inoltre assistere i lavoratori del tessile e dell’abbigliamento “con misure sociali” e “realizzare piani concreti per le imprese che devono attuare misure di ristrutturazione”. -BOX- Dichiarazione del Parlamento europeo sul marchio d’origine – 11 dicembre 2007 Il Parlamento europeo , vista la propria risoluzione del 6 luglio 2006 sul marchio di origine, visto l’articolo 116 del proprio regolamento, A. considerando che l’Unione europea accorda la massima importanza alla trasparenza per i consumatori e che a tal fine l’informazione sull’origine delle merci è un elemento fondamentale, B. considerando che sta aumentando il numero di casi di indicazioni fuorvianti e fraudolente dell’origine delle merci importate nell’Unione europea, il che compromette potenzialmente la sicurezza dei consumatori, C. considerando che l’Agenda di Lisbona dell’Unione europea mira a rafforzare l’economia dell’UE migliorando globalmente la competitività delle industrie dell’UE, D. considerando che alcuni dei principali partner commerciali dell’Unione europea, come gli Stati Uniti, il Giappone e il Canada, hanno introdotto requisiti obbligatori in materia di marchio di origine, 1. ribadisce il diritto dei consumatori europei ad un accesso immediato alle informazioni relative ai loro acquisti; sottolinea che le indicazioni fraudolente sull’origine dei prodotti sono, come qualunque altro tipo di frode, inaccettabili; ritiene che debbano essere garantite condizioni di parità con i partner commerciali dell’UE, in linea con un’equa agenda commerciale; 2. sostiene pienamente la proposta della Commissione di regolamento del Consiglio sull’indicazione del paese di origine di alcuni prodotti importati da paesi terzi; 3. invita gli Stati membri ad adottare senza indugio tale regolamento nell’interesse dei consumatori, dell’industria e della competitività; 4. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente dichiarazione, con l’indicazione dei nomi dei firmatari, al Consiglio, alla Commissione e ai governi e parlamenti degli Stati membri.

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