19 Gennaio 2008, h. 23:59

Senza il peso della burocrazia per le micro imprese + 5,8% di produttività

Un sistema a ‘burocrazia zero’ consentirebbe alle micro imprese di incrementare la produttività del 5,8%.

E’ la stima dell’Ufficio studi di Confartigianato che ha analizzato gli effetti del peso degli adempimenti amministrativi sul sistema imprenditoriale.

Tutte le imprese italiane pagano ogni anno 14.920 milioni per costi della burocrazia. Complessivamente gli imprenditori ‘bruciano’ un punto di PIL in costi interni ed esterni per gestire i rapporti con la Pubblica Amministrazione. Il maggiore onere, pari a 11.386 milioni di €, viene sopportato dalle microimprese (quelle fino a 9 addetti).

Confartigianato ha calcolato che, se le tutte le aziende italiane fossero liberate dalla zavorra burocratica, incrementerebbero la produttività del 2,3%. Addirittura le microimprese registrerebbero un aumento del 5,8%, recuperando più della metà (53,7%) del gap di produttività che attualmente scontano rispetto alla media della produttività di Francia, Germania e Spagna.

La Commissione europea ha presentato a novembre 2006 una proposta finalizzata a ridurre del 25% gli oneri amministrativi per le imprese entro il 2012, con potenziale aumento dell’1,5% del PIL dell’Unione Europea. Per l’Italia questo obiettivo si tradurrebbe, a prezzi costanti 2006, in un calo del costo per oneri amministrativi ad un ritmo del 4,6% all’anno, con minori costi per 3.730 milioni in 6 anni.

Confartigianato fa anche rilevare che, tra il 1998 e il 2007, i maggiori Paesi europei hanno adottato provvedimenti per ridurre il peso della burocrazia, peso sintetizzato dall’incidenza sul PIL delle retribuzioni pubbliche. Nell’UE a 15, tra il 1998 e il 2007, la spesa per il pubblico impiego sul PIL è scesa dello 0,5%

L’Italia mostra, invece, un dato di controtendenza: tra il 1998 e il 2007 l’incidenza sul PIL della spesa pubblica per retribuzioni è cresciuta dello 0,2%, mentre in Francia è scesa dello 0,5%, in Spagna dello 0,6% e in Germania addirittura dell’1,4%.

La spesa per lavoro dipendente nella pubblica amministrazione ha registrato una forte crescita delle retribuzioni procapite negli ultimi sette anni: tra il 1999 e il 2006 le retribuzioni per unità di lavoro dipendente nella P.A. sono aumentate complessivamente del 56,0%. Nello stesso arco temporale, le retribuzioni dell’intera economia sono cresciute 23,8%: quindi le retribuzioni nel pubblico impiego sono cresciute più del doppio di quelle del comparto privato.

Il pubblico impiego pesa per il 19,9% dell’occupazione totale dipendente, pur con forti differenze territoriali. In particolare l’incidenza del pubblico impiego sul totale degli occupati è più elevata nel Mezzogiorno: in sei regioni più di un dipendente su quattro è pubblico: in Calabria la percentuale è del 29,0%, in Molise del 28,8%, in Campania del 27,1%, in Sicilia del 26,9%, in Basilicata del 26,6% e nel  Lazio del 25,4%.

A fronte della crescita della spesa per il pubblico impiego, sono stati scarsi gli sforzi  per aumentarne la produttività attraverso investimenti in Information & Communication Technology. Gli investimenti in ICT nella PA in rapporto al costo del lavoro dei pubblici dipendenti in Italia mostrano un valore inferiore di 0,3 punti percentuali rispetto alla media di Francia, Germania e Spagna (2,6% rispetto a 2,9%). In particolare, secondo Confartigianato,  si osserva che a fronte di 100 € di retribuzioni del pubblico impiego, la Germania ne investe 3,5 in ICT nella P.A, contro i 2,6 dell’Italia.

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