6 Marzo 2008, h. 00:00

Gli operatori di spiaggia in assemblea a Rimini

Il turismo balneare, almeno a Rimini, è al giro di boa. Lo stesso vale per le tante stazioni turistiche del resto della penisola che nell’ultimo decennio hanno puntato sulla destagionalizzazione, per inseguire clienti che si muovono ormai tutto l’anno e che al mare – forse non proprio in spiaggia – ci vogliono andare anche nel fuori stagione. In tante località hanno fatto l’errore di Rimini: hanno spostato il baricentro dell’offerta turistica troppo sul fuori stagione e verso l’entroterra, depotenziando così i servizi di balneazione. Un problema grave, ma solo uno dei tanti che pesano sul turismo balneare. La denuncia viene da Giorgio Mussoni, Presidente degli operatori di spiaggia aderenti a Oasi Confartigianato, che, nel corso dell’assemblea nazionale di categoria che si è tenuta ai primi di marzo a Rimini, ha tracciato il quadro delle emergenze del comparto a un passo dall’inizio della stagione. La stagione con la ‘s’ maiuscola, quella estiva. Canoni e classificazione dell’arenile, riduzione dell’Iva, lotta all’abusivismo, questi gli argomenti all’ordine del giorno, sui quali il Presidente Mussoni ha chiesto l’intervento della politica. Partendo proprio dall’ultimo punto, che secondo Mussoni, tanto ultimo non è. “Ci sono sei o sette corpi di forze dell’ordine che controllano i bagnini d’estate. Vorremmo che altrettanta attenzione ci fosse per quanto accade a venti metri di distanza, sulla battigia, dove in molti punti per i turisti è difficile guadagnare il mare per la presenza ingombrante e arrogante dei venditori abusivi”. Di qui l’invito alle Capitanerie di porto perché orientino “la propria attenzione e le proprie energie per mantenere la battigia libera, consentendo la circolazione dei bagnanti, cosa ormai impossibile”. E ancora una proposta: l’istituzione di un numero telefonico apposito “per consentire agli operatori di collegarsi con i centri operativi delle forze dell’ordine e realizzare gli interventi nel tempo più breve possibile”. Ma non sono solo i “vu’ cumprà” a preoccupare gli operatori di spiaggia. Preoccupa anche il balzello dell’Iva che per il settore è al 20%. “La legge 135 sul turismo – ricorda Mussoni – da alcuni anni classifica gli stabilimenti balneari come imprese turistiche. Ma non sono state aggiornate le tabelle. Per questa dimenticanza paghiamo l’Iva al 20% contro il 10% degli alberghi. Quello dell’Iva è un aspetto che va armonizzato anche nei confronti dei nostri competitori: Francia e Spagna fanno pagare ai clienti appena il 6%”.

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