3 Settembre 2008, h. 00:00

Artigiani, sì al federalismo fiscale

Gli artigiani italiani hanno voglia di federalismo. Un desiderio che nasconde il bisogno di scrollarsi di dosso il peso di una burocrazia pesante e costosa, che grazie al federalismo fiscale potrebbe utilizzare le tasse versate dai contribuenti in maniera più efficiente e contrastare in maniera netta e decisa l’evasione fiscale, soprattutto quella legata al lavoro sommerso e all’abusivismo. Sono questi i primi spunti di riflessione offerti dai risultati del sondaggio che l’Ispo di Renato Mannheimer ha condotto su un campione di imprenditori associati a Confartigianato. Il sondaggio, centrato sul federalismo fiscale, è stato presentato il primo settembre a Roma, nel corso dell’annuale edizione della Summer school di Confartigianato. Il 75% degli intervistati spera che il Paese prenda la via del federalismo, più o meno radicale, per risolvere molti dei problemi che angosciano l’Italia. In particolare, ai piccoli imprenditori piace soprattutto l’idea di uno Stato federale che conceda più autonomia e poteri alle Regioni. Per il 62% degli artigiani intervistati, infatti, allo Stato spetta il compito di garantire soltanto alcuni servizi fondamentali, tra cui istruzione e sanità, senza farsi carico di competenze che potrebbero essere lasciate agli enti locali e che spesso comportano un aumento al già ingente prelievo fiscale. Una tassazione che oggi l’88,5% degli imprenditori definisce alta e che soltanto l’11,3% degli intervistati ritiene essere giusta. Tasse troppo alte e mal gestite dallo Stato, se si considera che la maggioranza degli artigiani italiani, l’86% del campione intervistato, ha dichiarato di “ricevere meno benefici e servizi di scarsa qualità rispetto alle tasse” che paga. Tasse che il federalismo potrebbe limare, ma che non dovrà aumentare, neanche se questo dovesse portare ad un miglioramento dei servizi locali rispetto a quelli nazionali. Quando l’Ispo ha chiesto agli intervistati se, pur di alzare gli standard dei servizi sanitari regionali, i cittadini sarebbero stati disposti a pagare più tasse, il 79% del campione ha risposto con un laconico no. Una ferma convinzione che tradisce l’eccessivo prelievo fiscale che attualmente ricade sugli italiani. L’Ufficio studi di Confartigianato ha calcolato che se la pressione fiscale “ufficiale” è del 43,3%, quella effettiva, e cioè quella che considera anche il sommerso e l’evasione fiscale, si attesta sul 51,6%. Senza parlare dell’incremento dei tributi locali nel decennio 1996/2006. Non deve essere un caso se in Italia, paese secondo soltanto alla Spagna nella speciale classifica che registra l’aumento delle tasse locali, l’imposta che ha subito il maggior incremento nel decennio preso in esame è stata l’Irap, l’imposta regionale sulle attività produttive, aumentata del 62,2%. Attualmente, con il disegno legge Calderoli sul federalismo fiscale ancora in fase di elaborazione, sono state rese pubbliche soltanto alcune indiscrezioni. Tra queste, la possibilità da parte dello Stato o delle Regioni più ricche di sostenere le regioni più povere. Una possibilità che il 64% degli artigiani intervistati ha condiviso, dimostrando che il federalismo che sognano non vuole spaccare l’Italia, né tanto meno abbandonare al loro destino gli abitanti delle Regioni dove si produce minor ricchezza. Il federalismo che sognano gli artigiani, e che emerge dai risultati del sondaggio Ispo commissionato da Confartigianato, è una nuova organizzazione dello Stato che, oltre a consentire all’Italia di uscire dalla crisi economica e di riavvicinarla agli altri Stati comunitari, permetterebbe ai cittadini di controllare in maniera più incisiva l’utilizzo delle tasse, la qualità dei servizi offerti dagli enti locali e, a questi, di combattere con maggiore incisività l’evasione fiscale, soprattutto quella prodotta dal lavoro sommerso e dagli operatori abusivi. Un’esigenza confermata da alcune elaborazioni di Enrico Quintavalle, responsabile dell’Ufficio studi di Confartigianato. Secondo i dati diffusi durante la Summer school, infatti, il valore aggiunto prodotto dal sommerso nel 2006 è compreso tra il 15,3% ed il 16,9% del PIL. Nel 2007, inoltre, l’evasione fiscale ha prodotto un “fatturato” da 107,1 miliardi di euro. Con l’attuazione di un modello di federalismo fiscale, i piccoli imprenditori sperano di poter beneficiare di una gamma di servizi di qualità migliore, dalla sicurezza alla sanità, passando per quella semplificazione burocratica per le imprese che gli artigiani richiedono da ormai troppo tempo. Avvicinando il prelievo fiscale al territorio, dunque, gli enti locali avrebbero maggiori risorse da gestire per l’offerta dei servizi ai cittadini. Ma di quali servizi hanno bisogno gli artigiani, cittadini prima ancora che imprenditori? Maggiore tutela e sicurezza sul lavoro, ricerca ed innovazione per le imprese, infrastrutture e una più attenta tutela sanitaria. In altre parole, di tutta quella serie di interventi che il mondo della micro e piccola impresa italiana chiede da tempo per riaccendere il motore di un Paese che appare ingolfato.

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