6 Maggio 2009, h. 00:00

Varato il contratto che mette in rete le imprese

Fino a oggi le piccole imprese che volevano unirsi tra loro per realizzare innovazioni tecnologiche o di prodotto e per accrescere la capacità di stare sul mercato non avevano a disposizione strumenti societari appropriati per conciliare l’obiettivo della crescita economica con quello della tutela dell’individualità e della flessibilità, elementi alla base della filosofia della piccola impresa. Oggi questo strumento c’è, l’ha messo in campo il Governo che ha introdotto la figura giuridica del “Contratto di rete tra le imprese”, prevedendolo all’interno dell’articolo 3 della legge 33/2009 (di conversione del Decreto Legge 5/2009, il cosiddetto ‘Decreto incentivi’) approvata lo scorso 8 aprile. In sostanza, grazie al nuovo strumento – di cui da alcuni anni Confartigianato auspicava l’attuazione – le piccole imprese potranno incanalare le energie, le risorse e la progettualità verso un obbiettivo comune e definito. A tale scopo potranno dedicare un patrimonio specifico e poi collegarsi tra loro attraverso un contratto firmato davanti al notaio. Il tutto senza doversi fondere o connettere in modo integrato. La principale novità dell’istituto, che lo differenzia nettamente dalle norme in materia di distretti produttivi, è proprio quella che permette alle imprese di non rimanere legate alle rigide previsioni del diritto commerciale o societario. Il contratto di rete, infatti, è un contratto attraverso il quale le imprese scelgono liberamente le modalità di collaborazione e di cooperazione avendo la possibilità di dare all’accordo una qualificazione attraverso il ricorso a un atto pubblico o a una scrittura privata autenticata. Appare chiaro che il modello preso a riferimento in termini operativi, non è il diritto societario ma l’autonomia negoziale che hanno le parti tramite lo strumento contrattuale. Per dare maggior peso allo strumento, il legislatore, oltre a prevedere la registrazione pubblica del contratto, ha anche previsto la sua annotazione nel registro delle imprese. Entrando nel dettaglio, il contratto può essere stipulato da due o più imprese. Il legislatore non ha fissato un tetto al numero di aziende che possono partecipare a una stessa rete, ha invece previsto l’identificazione di un programma “che contenga – si legge nel testo approvato – l’enunciazione dei diritti e degli obblighi assunti da ciascuna impresa partecipante e le modalità di realizzazione dello scopo comune da perseguirsi attraverso l’istituzione di un fondo patrimoniale”, quest’ultimo amministrato da un organo comune che avrà anche il compito di seguire il programma di rete. Prevista anche l’estensione alle reti di impresa dei benefici previsti per i distretti industriali confermando in questo modo il collegamento logico tra i due modelli di sviluppo. Alcuni aspetti della nuova disciplina sono considerati migliorabili da Confartigianato. In particolare, nel testo approvato sono stati tralasciati alcuni aspetti di rilievo che impediscono l’attivazione di un pieno processo di innovazione aggregativa. Dai partecipanti di diritto al contratto di rete, infatti, risultano esclusi gli “enti pubblici, privati o di natura associativa”, come era invece previsto nella formulazione originaria proposta dalla Confederazione. Un secondo aspetto attualmente non previsto è quello della limitazione della responsabilità verso i terzi al solo patrimonio conferito nel fondo patrimoniale. Una mancanza che a giudizio di Confartigianato rischia di scoraggiare la diffusione della pratica, a causa della maggiore responsabilità richiesta ai singoli soggetti che sottoscrivono il contratto, che risultano illimitatamente responsabili per le obbligazioni assunte dalla rete di imprese. L’occasione per la revisione del testo – secondo la Confederazione, che si è già mossa in tale direzione – potrebbe essere offerto dall’iter di approvazione di un provvedimento in discussione al Senato (DDL 1195) che contiene norme su reti e distretti di imprese.

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