14 Dicembre 2010, h. 00:00

Stop al bando di qualificazione professionale

Scatta l’ennesima bandierina rossa per il bando di qualificazione dei restauratori, richiamato ai box dal team del Ministro Sandro Bondi per una attenta e profonda revisione. Lo fa sapere il ministero dei Beni Culturali che a più di un anno dal via alla procedura di selezione pubblica che doveva portare alla formazione del primo albo professionale dei restauratori e collaboratori, dopo quattro proroghe e le continue proteste delle oltre 13.000 imprese del settore, ha deciso di far slittare l’apertura del concorso dal 30 novembre a data da destinarsi. Una bandierina rossa che Confartigianato Restauro accoglie con soddisfazione. La sigla confederale, infatti, è stata tra le più attive nel sollecitare la modifica dei criteri per ottenere la qualifica di restauratore abilitato a operare con le sovrintendenze. Criteri troppo rigidi che rischiavano di spazzare via un’intera generazione di professionisti senza di fatto garantire la nascita di nuove professionalità. Criteri che non riconoscevano a pieno né le competenze acquisite sul campo, né quelle formative ottenute attraverso i corsi regionali, oltre a non identificare nessun percorso qualificato di crescita all’interno del settore. La revisione della normativa annunciata dal Ministero di via del Collegio Romano potrebbe però aprire la strada scenari tanto minacciosi quanto quelli che fino a ieri incombevano sul comparto. C’è il rischio, infatti, che il Ministero dei Beni Culturali voglia nuovamente cercare la complessa quadra da solo, evitare cioè il confronto con i rappresentanti del settore in quel tavolo tecnico di cui Confartigianato Restauro chiede da tempo l’istituzione. E se la ricerca della quadra si rivelasse infruttuosa, il Ministero potrebbe pensare di accontentare tutti allargando le maglie dell’accesso alla professione. Ma quello di cui ha bisogno il comparto, secondo Confartigianato Restauro, non è certo l’allentamento delle regole, ma norme in grado di cogliere lo spessore reale delle competenze degli addetti, competenze che attualmente sfuggono all’articolo 182 dei Beni Culturali. Un esempio di come la mancanza di regole chiare e ben definite penalizzi le professionalità del comparto arriva dai dati dell’Autorità di Vigilanza sui Contratti pubblici. Tra il 2008 e il 2009, secondo la rilevazione, per il restauro di beni monumentali quali il Colosseo, il Tempio di Antonino e Faustino, ma anche per la Fontana delle 99 cannelle simbolo de L’Aquila, si è di fatto guardato più alla solidità economica delle imprese che alle reali competenze in materia di restauro. Lavori che dovevano essere affidati alla direzione di restauratori qualificati sono finiti altrove, nel calderone dell’edilizia.

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