3 Novembre 2015, h. 16:04

Il business del pagherò soffoca le imprese fornitrici. La testimonianza di un imprenditore veneto

GIULIANO_SECCO

Quando una delle più grandi aziende italiane della moda gli ha proposto il pagamento di una commessa a 210 giorni, Giuliano Secco, titolare della Tiemme di Badoere di Morgano, in provincia di Treviso, un’azienda artigiana contoterzista che lavora per grandi marche dell’abbigliamento, si è alzato dalla sedia e se ne è andato.

Ma per un imprenditore che non accetta di sottomettersi a condizioni di pagamento capestro, tanti altri scelgono di portare a casa la commessa, sapendo in partenza di rimetterci. O di guadagnare, a patto di commettere ogni genere di irregolarità amministrativa, previdenziale e fiscale.

Gli strumenti legislativi per limitare “le prassi aziendali” della grande committenza ci sarebbero, ma sono regolarmente disattesi a danno delle piccole imprese. “Un meccanismo perverso” spiega Giuliano Secco che oltre ad essere un imprenditore è pure il presidente nazionale di Confartigianato Abbigliamento. “Le leggi italiane e quelle europee parlano chiaro: i pagamenti devono avvenire entro il termine massimo di 60 giorni. Le parti possono però concordare tempi di pagamento più lunghi ma lo devono fare attraverso un regolare contratto. Io posso anche accettare il termine di 210 giorni per il saldo della fattura, ma lo devo mettere nero su bianco. Il punto è proprio questo. Le grandi imprese non ci fanno sottoscrivere contratti perché non rispettando gli accordi andrebbero incontro a sanzioni. E non possiamo neppure forzare troppo la mano nel far valere i nostri diritti perché rischiamo di perdere il cliente. E in questi tempi perdere il cliente vuol dire farsi male da soli, insomma chiudere”.

Eppure secondo le statistiche europee, nel nostro Paese i tempi di pagamento tra privati stanno migliorando: dai 94 giorni del 2014 si è scesi agli attuali 80. Ma siamo sempre lontanissimi dalla media europea di 45 giorni. Eppoi ogni settore produttivo ha i suoi tempi di pagamento, magari non scritti; quelli della moda ad esempio scendono difficilmente sotto i 120 giorni.

Se le piccole imprese non ce la fanno più a subire, anche tra gli industriali serpeggia il dubbio che così non si può andare avanti. Se ne è accorta anche Assolombarda che nel 2014 ha varato il Codice italiano dei pagamenti responsabili, un codice etico volontario che piace a Giuliano Secco, che vorrebbe vederlo adottato anche dalle industrie venete.

“Gli industriali – osserva Secco –  si lamentano che lo Stato li paga in 6 o 8 mesi. Ora però si sono accorti che anche loro nei nostri confronti sono dei ‘cattivi pagatori”. Io spero che tutte le grandi aziende aderiscano a questo codice perché noi siamo veramente nei problemi seri. Il contoterzismo presta manodopera, non commercializza prodotti con un proprio marchio, di conseguenza non ha grossi guadagni. E aver pagamenti a 120 o 210 giorni vuol dire che noi riusciamo più a restare in piedi”.

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