EVENTI - Oggi il debutto di Spirito artigiano, la piattaforma web che valorizza la cultura dell’Italia artigiana
Spirito artigiano, la nuova piattaforma digitale sviluppata dalla Fondazione Manlio Germozzi sulla base del progetto culturale di Confartigianato teso a valorizzare il ruolo centrale dell’artigianato nel Paese, non solo a livello economico, ma anche sociale e culturale, approda oggi sul web.
“Spirito Artigiano – sottolinea il Presidente di Confartigianato Imprese, Marco Granelli - nasce per creare un luogo di riflessione, di condivisione e di confronto sulla cultura dell’artigianato. Un luogo virtuale, un magazine digitale, un’agorà contemporanea in cui produrre pensiero sul presente e futuro del lavoro artigiano, sulla sua complessità e bellezza, sui valori che esso esprime, ben oltre il significato puramente economico”.
“Si parlerà di valore artigiano - prosegue - e si cercherà di prendere la guida di un dibattito culturale che accompagni la trasformazione dell’essere artigiani oggi. E del Paese”.
Un sito innovativo, dall’approccio molto editoriale, colloca la piattaforma nel solco della grande tradizione dei magazine anglosassoni, puntando all’uso di grandi illustrazioni realizzate ad hoc per la notizia di apertura che cambierà con cadenza quindicinale. L’uso di illustrazioni conferisce alla homepage grande impatto, ed è accompagnato da una scelta tipografica forte e moderna.
La navigazione avviene attraverso un menu fluido, con poche voci a copertura delle aree tematiche individuate. La vera articolazione dei contenuti è affidata a un sistema di tag che permette di leggere trasversalmente i temi delle notizie collegando opinioni, ricerche, discussioni, articoli di rassegna stampa, storie di imprenditori, libri, webinar e approfondimenti redatti da firme del mondo accademico e del giornalismo.
La piattaforma è stata presentata in occasione della Giornata del Valore artigiano, promossa da Confartigianato lo scorso 19 marzo per celebrare l’identità e l’orgoglio dell’Italia artigiana.
“Non si tratta – ha spiegato il professore Mauro Magatti – di una ‘vetrina’, ma di un grande archivio di strumenti per valorizzare la qualità dell’artigianato nelle sue molteplici forme ed espressioni. L’Italia è il valore artigiano, ma occorre farlo comprendere con un’azione di accompagnamento culturale e di formazione, coinvolgendo i giovani e favorendo la trasmissione di conoscenza”.
“Abbiamo voluto denominarla ‘Spirito Artigiano’ – ha sottolineato nell'evento di lancio il professore Giulio Sapelli, Presidente della Fondazione Germozzi – perché la parola spirito richiama una forza di popolo, di persone e di imprese che sono legate e tenute insieme dallo spirito artigiano, il quale esprime la vocazione originaria incline alla creatività e all’amore per la bellezza. La missione della Fondazione Germozzi è proprio quella di valorizzare l’artigianato come persona, come opportunità per i giovani, come spinta al perfezionamento culturale e individuale”.
Naviga al sito Spirito Artigiano
STUDI – Verso il DEF 2022: le opzioni di marzo della politica economica. Servono interventi anticiclici contro la crisi energetica
In questo drammatico mese di marzo, sullo sfondo degli eventi della guerra in Ucraina, si sono delineate le opzioni di politica economica del prossimo futuro. Gli orientamenti non appaiono favorevoli per l'economia italiana, che nella crisi energetica in corso registra una forte perdita di competitività delle imprese. L’Italia, inoltre, registra il più ampio deterioramento del saldo import-export di energia tra i 27 paesi dell’Ue. DopoLeggere di più
STUDI – Guerra: a marzo -37 punti fiducia imprese su economia, gli effetti più diffusi in Emilia-Romagna, Veneto e Toscana
L'analisi dei dati pubblicati venerdì scorso dall'Istat evidenzia che a marzo l’indice di fiducia delle imprese torna a diminuire, dopo il recupero registrato lo scorso mese. In particolare, crollano le attese delle imprese sull'economia
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STUDI – Elettricità a tutto gas in Italia: per MPI extra costi di 6,2 miliardi € vs competitor europei. L’analisi di Confartigianato su IlSussidiario.net
Lo scoppio della guerra in Ucraina e l'alta dipendenza dall'import di gas russo accelerano la crescita dei prezzi delle commodities energetiche, con l’Italia più esposta ai conseguenti effetti recessivi. Il maggior utilizzo di gas per la produzione di energia elettrica spinge in alto il prezzo del chilowattora per famiglie e imprese, che a febbraio segna in Italia una crescita ampiamente divergente rispetto a quella dei competitor di Germania e Francia, i quali, nel cuore dell’Europa green, beneficiano della maggiore produzione di elettricità con carbone e nucleare, a fronte di una riduzione dell'apporto delle rinnovabili.
L’analisi dell’Ufficio Studi è proposta oggi nell’articolo I numeri della guerra/ Le nostre imprese pagano l'energia il 71,7% in più di Francia e Germania a firma di Enrico Quintavalle, su IlSussidiario.net.
L’aumento del prezzo del gas sta mettendo sotto pressione la bolletta energetica dell'Italia. Dopo la revisione della scorsa settimana da parte dell'Istat, il valore dell’import di gas nel 2021 sale del 138,9% rispetto al 2021, mentre a dicembre 2021 il prezzo del gas importato sale del 255,3% rispetto ad un anno prima. Con la guerra la situazione è peggiorata: le quotazioni del gas europeo (TTF) a marzo sono 8,3 volte quelle di dodici mesi prima.
La straordinaria escursione delle quotazioni sui mercati internazionali si riverbera già, in modo pesante, sui prezzi dell’energia pagati in Italia, caratterizzati da una più alta velocità di crescita rispetto agli altri paesi europei. L'esame degli indici dei prezzi al consumo pubblicati da Eurostat giovedì scorso, conferma che la maggiore inflazione energetica in Italia è trainata dall'energia elettrica, il cui prezzo a febbraio 2022 sale dell'81,9% rispetto dodici mesi prima, a fronte del +12,9% della Germania e il +4,9% della Francia (+10,4% nella media dei due paesi), un ritmo quasi triplo del +34,3% della media dell'Eurozona. Anche il prezzo del gas cresce di più in Italia (+64,4%), con un differenziale, seppur più contenuto rispetto a quello dell'energia elettrica, di oltre venti punti rispetto alla media del +41,4% dell'Eurozona.
Questa forte crescita dei prezzi, divergente rispetto ai competitor europei, avrà ricadute pesanti sulle imprese italiane. Stiamo già assistendo a diffusi casi di lockdown energetico. A gennaio 2022, nel settore del vetro, ceramica e cemento, un settore con una più intensità energetica, la produzione in Italia cala del 5,7% rispetto a dicembre, mentre per i competitor europei di Francia e Germania la produzione addirittura aumenta, rispettivamente, del 5,5% e dell’8,1%.
Si sta ampliando in modo insostenibile il gap di competitività dei prezzi di elettricità e gas, che già prima dello shock energetico erano più elevati in Italia: nel primo semestre del 2021 le imprese italiane pagavano prezzi per l’energia elettrica del 12,9% superiori al prezzo medio dell’Eurozona e del 5,3% rispetto alla media di Francia e Germania. Con una evoluzione del prezzo per le imprese che replica quello dei prezzi armonizzati, nel primo bimestre 2022 il gap di prezzo sull’elettricità per imprese in Italia sarebbe superiore del 53,1% rispetto all’Eurozona, addirittura del 71,7% rispetto alla media pagata dai competitor di Francia e Germania. Questa differente evoluzione di prezzo rispetto alla media dei competitor tedeschi e francesi determina per le micro e piccole imprese italiane (con consumi annui fino a 500 MWh), nell’ultimo anno, un extra costo di 6.193 milioni di euro.
Alla radice della divergente evoluzione dei prezzi europei del chilowattora, oltre alle differenze nei sistemi regolatori e nelle strutture di mercato, si trova il mix della generazione elettrica, che in Italia è molto sbilanciato sul gas. Sulla base dei dati pubblicati nei giorni scorsi dall’Agenzia internazionale dell'energia dell’Ocse (IEA, International Energy Agency), nel 2021 l'Italia è il terzo paese dell'Unione europea a 27 per produzione di elettricità, ma sale al primo posto per energia elettrica prodotta con il gas, con una quota del 47,9% sul totale dell’elettricità prodotta, quasi trenta punti superiore al 18,3% della media dei 27 paesi dell'Ue.
Il vantaggio competitivo delle imprese francesi è basato su una generazione elettrica dominata dal nucleare (67,4%), mentre il minore dinamismo dei prezzi per le imprese tedesche dipende dall’alta quota di elettricità prodotta con il carbone (29,3%) e l’ancora sostenuta produzione con il nucleare (11,6%), una fonte che la Germania ha programmato di abbandonare nel 2022.
A fronte del deragliamento del prezzo nel corso del 2021, Francia e Germania hanno ridotto l'utilizzo del gas rispetto all’anno precedente, mentre l'Italia lo ha aumentato. In parallelo, la Germania ha ridotto l’elettricità prodotta da rinnovabili (-5,9%), aumentando del 23,5% la produzione con il carbone e del 7,4% quella con il nucleare.
All’elevato utilizzo di gas nella generazione elettrica nel nostro Paese, si associa l’alta dipendenza dalle importazioni di gas dalla Russia. Secondo l’ultimo confronto europeo disponibile, nel 2020 il 43,3% del gas importato dall’Italia proviene dalla Russia, a fronte del 38,1% dell’Unione europea a 27. Sulla base dei dati, ancora provvisori, delle importazioni in volume del Dipartimento per l’Energia del Ministero della Transizione Ecologica, nel 2021 la quota della Russia è scesa di 3,4 punti; tra gli altri paesi fornitori si osservano riduzioni di 8,5 punti della Norvegia, di 2,3 punti della Libia, di 1,5 punti degli Stati Uniti e di 1 punto del Qatar (da questi ultimi due paesi importiamo gas naturale liquefatto), a cui fanno fronte gli aumenti di 9,9 punti della quota di Azerbaijan – grazie all’apporto del Tap - e di 8,3 punti di quella dell'Algeria.
Già dopo la crisi di Crimea del 2014, l'Unione europea indicava la necessità di ridurre la dipendenza dal gas della Russia. Detto, ma non fatto: la Germania, tra il 2013 e il 2020, ha ridotto le importazioni di gas di 17,4 miliardi di m3, ma ha aumentato quelle dalla Russia di 12,5 miliardi, anche grazie al collegamento diretto del Nord Stream 1, aperto nel 2011. La quota della Russia sull’import tedesco di gas passa dal 40,9% del 2013 al 65,2% del 2020. L’Italia, nel 2021, importa dalla Russia 29,0 miliardi di m3 di gas dalla Russia, il 3,3% in più dei 28,1 miliardi del 2013; va comunque ricordato che nell’arco di tempo esaminato diminuisce di 5,4 punti la quota dell’import di gas russo, riduzione più che compensata dai maggiori flussi di gas algerino e azero.
Lo scoppio della guerra ha portato al pettine i numerosi nodi della politica energetica. I maggiori costi per le imprese italiane determinati da una alta tassazione delle commodities energetiche, nonostante la minore intensità di emissioni della nostra economia. La bassa presenza di rigassificatori, e il loro più basso utilizzo - stimato al 50% da una recente analisi di Bruegel - riduce la concorrenza tra i fornitori. La complessa regolazione del mercato europeo rende difficile l'applicazione di un tetto al prezzo del gas (price cap), mentre sul fronte delle rinnovabili, il solare cresce molto poco – nel 2021 la Spagna ha sorpassato l’Italia - e la siccità riduce la produzione di energia idroelettrica, una fonte rinnovabile che pesa circa un terzo del gas utilizzato per produrre elettricità.
STUDI – Con la guerra +22,7% del prezzo gasolio in 26 giorni. Sconto carburanti, intervento necessario sulle accise più alte d’Europa
Il Dl Contrasto crisi in Ucraina varato venerdì scorso ha recepito le indicazioni di Confartigianato per attenuare il pesante impatto sulle piccole imprese dei rincari di energia e carburanti.
L’analisi dell’indice elaborato di QE-Quotidiano energia su dati dell'Osservaprezzi del Mise, evidenzia che tra il 23 febbraio e il 21 marzo 2022 il prezzo del gasolio (self service) è salito del 22,7%: l’aumento di 0,393 euro al litro in solo un mese è più della metà (58,1%) dell’aumento cumulato nell’ultimo anno (0,677 euro al litro, pari a +46,9%).
L’intervento è reso ancora più cogente dall’elevata tassazione energetica, poco rispettosa del principio ‘chi inquina paga’, uno dei paradossi della politica energetica italiana, amplificati dallo scoppio della guerra in Ucraina.
L’analisi dell’ultimo Weekly Oil Bulletin della Commissione europea evidenzia le conseguenze di questa distorsione del sistema fiscale, con l’Italia che si colloca al 13° posto in Ue per prezzo industriale del gasolio – inferiore del 6% della media Ue – ma sale al 1° posto per livello delle accise sul gasolio che, prima dell’intervento del Governo di venerdì scorso, ammontavano a 62 centesimi di euro al litro, superando del 23,7% la media dei paesi dell’Eurozona (50 centesimi) e del 32,3% la media Ue a 27 (47 centesimi) e rappresentando oltre un terzo (35,0%) del prezzo pagato dalle imprese, 7,4 punti percentuali in più rispetto al 27,5% della media Ue. A seguito dell’alta pressione fiscale, l’Italia sale al 7° posto in Ue per prezzo pagato dalle imprese (Iva esclusa) e al 5° posto in Ue per prezzo alla pompa.
Il peso della fiscalità complessiva – Iva e accise - per ogni litro di gasolio in Italia è pari a 1,01 euro, il valore più alto in Ue, superiore del 24,9% alla media Ue di 0,81 euro e del 16,4% alla media Uem di 0,86 euro. Le imposte rappresentano il 46,7% del prezzo alla pompa, peso secondo solo al 54,3% di Malta dove però un litro di gasolio costa solo 1,21 euro, quasi la metà del prezzo praticato in Italia.
Tornando al confronto internazionale dei prezzi del gasolio, al 14 marzo 2022 – media settimanale - il prezzo per le imprese in Italia è di 1,77 euro per litro, con il prezzo alla pompa che arriva a 2,15 euro e quello industriale a 1,15 euro, toccando i massimi dall'inizio delle rilevazioni a gennaio 2005. L’ultima rilevazione del Mite, al 21 marzo, indica un ritracciamento, con il prezzo alla pompa a 2,12 euro al litro. Come anticipato, il prezzo industriale del gasolio in Italia è inferiore del 6,0% rispetto alla media Ue (1,15 euro vs. 1,22 euro) ma la situazione si inverte nel caso del prezzo pagato dalle imprese, che in Italia diventa superiore del 4,2% alla media europea (1,77 euro vs. 1,69 euro), un gap che sale al 6,2% nel caso del prezzo pagato alla pompa (all inclusive di 2,15 euro vs. 2,03 euro medio Ue)
Gasolio auto: prezzo alla pompa, prezzo industriale e prezzo pagato dalle imprese in Italia dal 2005
3 gennaio 2005-14 marzo 2022. Euro per 1 litro. Imposte=accise ed Iva (applicata sia sul prezzo industriale sia sulle accise) - Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Commissione europea
Gasolio auto nei paesi UE: prezzo industriale, accise e prezzo pagato dalle imprese al 14 marzo 2022
Euro per 1 litro. Media Ue a 27 e Eurozona con consumi al 2020 - Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Commissione europea