STUDI – Occupati +1,2% in 12 mesi, ma sale la difficoltà di reperimento: 59,2% nell’artigianato, +4 punti vs 2023
A dicembre 2024 l’occupazione sale su base annua dell’1,2%, pari a 274mila occupati in più. La crescita è la combinazione dell’aumento dei dipendenti permanenti (+687mila) e del calo dei dipendenti a termine (-402mila) e degli autonomi (-11mila).
Si prospetta un leggero indebolimento della domanda di lavoro, con previsioni di assunzione delle imprese nel primo trimestre del 2025 che segnano un leggera flessione (-0,2%) rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, ma persiste una domanda tonica delle micro e piccole imprese, che prevedono assunzioni in aumento dell’1,7%.
Sale la difficoltà di reperimento del personale, più accentuata nell’artigianato - La crescita dell’occupazione si associa ad un rilevante e crescente mismatch tra domanda ed offerta di lavoro, soprattutto se qualificato. Da una analisi dei dati annuali dal Sistema informativo Excelsior pubblicati nei giorni scorsi da Unioncamere e Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, nel 2024 le imprese italiane indicano una difficoltà di reperimento del personale nel 47,8% delle entrate previste, in aumento di 2,7 punti percentuali rispetto al 45,1% del 2023. La difficoltà di reperimento nelle micro e piccole imprese (MPI) sale al 51,3% (3,2 punti in più del 48,1% nel 2023), per arrivare al 59,2% nelle imprese artigiane, quota superiore di 11,4 punti percentuali alla media delle imprese del 47,8% e in aumento di 4 punti percentuali rispetto al 55,2% del 2023.
Tra le regioni, al top Veneto, Umbria e Friuli-Venezia Giulia - L’aumento dell’indicatore di carenza di manodopera è diffuso sul territorio. Qui per scaricare la tavola con i dati per regione. Nel 2024 la difficoltà di reperimento più elevata si riscontra in Veneto con il 65,2% (era al terzo posto nel 2023), seguito, con valori sopra alla media, da Umbria con 65,1%, Friuli-Venezia Giulia con 64,8%, Trentino-Alto Adige con 62,7%, Piemonte - Valle d’Aosta, Toscana ed Emilia-Romagna, tutte con il 61,7%, Lombardia con 61,2% e Abruzzo, prima regione del Mezzogiorno, con 59,6%.
Le cause del mismatch e le azioni delle imprese – Diversi fattori influiscono sul fenomeno della carenza di manodopera. Una analisi delle determinanti del mismatch è proposta nel a pagg. 15-16 del Rapporto ‘La ricerca del lavoro perduto’ - qui per scaricarlo - presentato all’Assemblea di Confartigianato della scorsa estate. Sempre nello stesso lavoro sono esaminate le pratiche adottate per attrarre e trattenere il personale qualificato nelle piccole imprese (pagg. 28-37).
Tra i fattori esaminati, gli effetti di una profonda crisi demografica, determinata da denatalità e invecchiamento della popolazione, che restringe l’offerta di lavoro. A fronte del calo della popolazione in età lavorativa, si osserva il paradosso del ‘grande spreco’ rappresentato dai giovani inattivi, che interessa circa un quarto dei giovani tra 25 e 34 anni. Tra gli altri fattori, viene considerato il profilo del candidato conseguente al percorso scolastico e formativo svolto e il set di competenze acquisite nel percorso professionale. Rilevano, inoltre, il livello e le prospettive di evoluzione della retribuzione e della carriera in azienda, la tipologia contrattuale offerta, oltre all’accesso a strumenti di welfare aziendale. Sono determinanti gli investimenti nella contrattazione collettiva di qualità, come nell’artigianato, con l’obiettivo di fidelizzare i lavoratori alle imprese anche con le importanti tutele di welfare fornite dagli enti bilaterali. Cambiano le aspettative dei giovani rispetto al lavoro, con un crescente orientamento ad un lavoro autonomo che dia maggiore indipendenza e tempo libero. Sull’offerta di lavoro influiscono quantità e qualità dei flussi migratori in ingresso e uscita, di cui la fuga di giovani cervelli è una delle caratterizzazioni. Su quest’ultimo tema, un recente report dell’Ufficio Studi e della Direzione Politiche Sindacali e del Lavoro di Confartigianato esamina la presenza degli stranieri nel mercato del lavoro e nelle imprese.
Difficoltà di reperimento del personale nelle imprese artigiane
2023 e 2024, % totale entrate previste nelle imprese artigiane - Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Unioncamere - MDLPS
Dinamica delle entrate trimestrali di lavoratori per classe dimensionale e settore
Trimestre gennaio-marzo 2025. Variazione % tendenziale - Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Unioncamere - MDLPS
STUDI – Politica fiscale e legge di bilancio: report e webinar con 500 fiscalisti di Confartigianato
Con la riforma del Patto di stabilità e crescita la politica di bilancio per l’Italia è delineata nel Piano strutturale di bilancio 2025-2029 varato dal Governo lo scorso settembre, entro il quale si è collocata la legge di bilancio per il 2025. Il Piano per l’Italia si impegna a conseguire una crescita media annua della spesa primaria netta pari all’1,5% nel periodo 2025-31. Tenuto conto delle poste di spesa più rigida – principalmente quelle per interessi, personale pubblico, pensioni e salute - il vincolo sulla crescita della spesa potrebbe spiazzare la spesa per investimenti e richiedere il finanziamento di interventi a favore delle attività economiche e per la tutela del territorio con nuove imposte. La manovra di bilancio, approvata lo scorso dicembre, delinea una politica di bilancio prudente, con un miglioramento del saldo strutturale che porterà il rapporto deficit/PIL che scenderà al 2,8% entro il 2026 e ad una riduzione del debito pubblico a partire dal 2027.
Il Report e il webinar con oltre 500 fiscalisti collegati - Le prospettive della politica fiscale sono esaminate nel Report 'Il punto sulla politica fiscale all’inizio del 2025', presentato dall’Ufficio Studi nel corso del Comitato Tecnico Fiscale del 30 gennaio 2025. Qui per scaricarlo. Le novità in materia fiscale contenute nella Legge di Bilancio 2025 sono state al centro del webinar della Direzione Politiche Fiscali tenuto lo scorso 31 gennaio a cui hanno partecipato oltre 500 fiscalisti delle Associazioni di Confartigianato.
Gli altri contenuti del Report – Le tendenze della politica fiscale sono esaminate alla luce del quadro macroeconomico e congiunturale, delle tendenze del mercato del lavoro, dell’andamento della produttività e della demografia. Il calo dello spread e l’allentamento monetario determina un significativo risparmio nella spesa per interessi. Viene analizzato l’utilizzo delle micro e piccole imprese del credito di imposta di Transizione 4.0, delineando la centralità degli interventi fiscali a sostegno degli investimenti in un contesto che nel breve periodo è caratterizzato da un elevato costo del credito e una riduzione della propensione ad investire delle imprese e nel lungo periodo prospetta un forte calo della popolazione in età lavorativa. Sono poi esaminate le condizioni di attuazione del PNRR e le tendenze della pressione fiscale, che rimane al di sopra della media dell’Eurozona. Un elevato carico fiscale e il peso della burocrazia si associano ad una bassa qualità dei servizi pubblici, con molte città italiane agli ultimi posti in Europa per efficienza amministrativa delle Pa locali. Nel Report mette in evidenza il paradosso che da un lato registra il contenimento delle detrazioni fiscali per le ristrutturazioni mentre dall’altro, il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC) inviato la scorsa estate alla Commissione europea indica ambiziosi target di aumento del tasso di riqualificazione energetica degli edifici.
Quadro programmatico dei principali indicatori di finanza pubblica
2024-2029, valori percentuali - Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Mef – PSBMT 2025-2029
Il gap di competitività dei prezzi dell’energia delle MPI. L’analisi su IlSussidiario.net
La stima preliminare del PIL pubblicata nei giorni scorsi dall’Istat indica una crescita zero dell’economia italiana nell’ultimo trimestre del 2024. Un rialzo dei prezzi dell’energia frenerebbe ulteriormente la crescita ed aumenterebbe le difficoltà delle imprese manifatturiere già alle prese con un calo dell’export e della produzione, con una grave crisi nella moda e nella meccanica e con la lenta riduzione dei tassi di interesse da parte della BCE. La recessione in Germania, principale mercato dell’export italiano, ha ridotto del 5,1% la domanda tedesca dei prodotti del made in Italy. La perdita di competitività data dagli alti costi dell'energia è più intensa per le micro e piccole imprese, più diffuse in Italia rispetto agli altri maggiori paesi europei. Le piccole imprese sono penalizzate dallo squilibrio del prelievo fiscale e parafiscale sui consumi di energia elettrica. Il punto sull’evoluzione dei prezzi energetici in Italia è proposto nell’articolo ‘PREZZO ENERGIA/ Perché in Italia è più alto che negli altri Paesi Ue’ a firma di Enrico Quintavalle, responsabile dell’Ufficio Studi di Confartigianato, pubblicato oggi su IlSussidiario.net.
Le tensioni sui mercati all’ingrosso a inizio 2025 – Ad inizio anno si consolidano i preoccupanti segnali rialzisti dei prezzi dell’energia già manifestati nel corso del 2024. A gennaio 2025 l’indice del prezzo sul mercato del gas (Italian Gas Index, IGI) elaborato dal GME sale del 60,8% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente e dell’80,0% rispetto ai minimi dello scorso febbraio mentre il prezzo all’ingrosso dell’energia elettrica a gennaio 2025 sale del 44,2% su base annua e del 64,8% dal minimo di aprile 2024.
Sale lo spread elettrico - L’analisi delle statistiche del GME evidenzia che il prezzo all’ingrosso sul mercato elettrico italiano è generalmente più alto delle altre borse europee, ma con lo scoppio della crisi energetica si è impennato lo spread di prezzo pagato sul mercato italiano rispetto alla media europea (ponderata con i consumi di elettricità), che è passato dal 16,3% del 2021 al 44,3% del 2024, un divario che penalizza la competitività delle imprese italiane. Si registrano tensioni anche sui prezzi retail: l’aggiornamento di Arera per il primo trimestre del 2025 indica prezzi della bolletta elettrica in aumento del 18,2%, su cui pesano le “tensioni geopolitiche in alcune aree strategiche e il rialzo stagionale dei prezzi all’ingrosso dell’energia elettrica, correlato alle quotazioni del gas naturale in vista della stagione invernale”. Su questa correlazione dei prezzi delle commodities energetiche influisce l’elevato uso del gas nel mix di generazione elettrica: l’elaborazione dei dati dell’Agenzia internazionale dell'energia evidenzia che nel 2023 l’Italia produce il 46% dell’energia elettrica utilizzando il gas, a fronte del 22,5% della Spagna, del 17,1% della Germania e del 5,9% della Francia.
I prezzi dell’elettricità per le piccole imprese italiane sono i più alti dell’Ue a 27 – La spinta al rialzo dei prezzi dell’elettricità allarga il divario di competitività per il sistema delle micro e piccole imprese. L’analisi dei dati di Eurostat evidenzia che il prezzo dell’energia elettrica delle imprese nella classe di consumo fino a 20 MWh, nella quale si addensa l’88% dei punti di prelievo del mercato non domestico, nel primo semestre 2024 risulta il più alto tra i 27 paesi dell’Ue e superiore del 22,5% alla media europea.
Un rialzo prolungato del costo dell’elettricità nel corso del 2025 si cumulerebbe al pesante impatto della crisi energetica che, nel biennio 2022-2023, ha determinato per le micro e piccole imprese italiane un divario di costo con i competitor europei che Confartigianato ha stimato pari a 11,8 miliardi di euro.
Gli squilibri del prelievo fiscale e degli oneri di sistema – Sul gap di competitività per le micro e piccole imprese pesa la disparità del prelievo degli oneri generali di sistema. Secondo i dati di Arera, nel 2023 il gettito per gli oneri di sistema ammonta a 8,2 miliardi di euro - di cui l’83,0% sui clienti non domestici - con un sistema di prelievo per unità di consumo fortemente regressivo, che penalizza le piccole imprese italiane in modo più accentuato dei competitor europei. Le imprese in bassa tensione determinano il 34,0% dell'energia prelevata dalle imprese del settore non domestico, ma pagano il 50,3% degli oneri generali di sistema e l’agevolazione per le imprese a forte consumo di energia elettrica.
Anche sul fronte dei carburanti pesa un’eccessiva pressione fiscale, con l’Italia che registra l’accisa sul gasolio per autotrazione più alta dell’Eurozona.
La bolla del 2022 non si ancora sgonfiata – L’escalation dei costi dell’energia innescata dalla crisi del 2022 non è ancora completamente rientrata. Si delinea una “nuova normalità” in cui i prezzi si sono assestati su livelli più alti del passato. Nel 2024 l’indice del prezzo al consumo di elettricità e gas è del 46,9% superiore a quello del 2021, precedente allo scoppio della crisi energetica.
Dall’analisi incrociata dei differenti vettori dei prezzi emergono alcuni aspetti critici. Nel 2024 il prezzo medio di acquisto all'ingrosso dell’elettricità in Italia è del 13,5% inferiore rispetto a quello del 2021, mentre i prezzi dell’energia elettrica al consumo sono del 47,1% superiori a quelli del 2021. Inoltre, nel 2024 l’Italia importa commodities energetiche – petrolio greggio e gas naturale – con prezzi che sono del 5,1% superiori a quelli del 2021, mentre i prezzi al consumo dell’energia – elettricità, gas e carburanti – sono del 37,5% superiori ai livelli del 2021. Nella media dei 27 paesi dell’Unione europea i prezzi all’importazione sono del 23,5% superiori a quelli del 2021 (18,4 punti in più dell’Italia), con prezzi al consumo dei beni energetici che sono del 33,0% superiori a quelli del 2021 (4,5 punti in meno dell’Italia).
Queste vischiosità sottendono la presenza di criticità nella formazione dei prezzi lungo la filiera che, dall’acquisto all’estero in poi, comprende la generazione elettrica (con il relativo mix di fonti), i mercati all’ingrosso, il trasporto e la distribuzione di elettricità e gas. Come ha evidenziato l’ultima relazione annuale dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, la crisi energetica ha amplificato le asimmetrie informative e la debolezza contrattuale dei consumatori, determinando situazioni di vulnerabilità economica. Nella presentazione del Presidente si ricorda che “l’Autorità ha chiuso undici procedimenti istruttori relativi a pratiche commerciali aggressive volte a indurre i consumatori ad accettare modifiche unilaterali peggiorative dei prezzi dell’energia elettrica e del gas. Le condotte oggetto di procedimenti chiusi con accertamento dell’illecito hanno interessato 4,5 milioni di consumatori e micro-imprese, con un danno prudenzialmente stimato - sulla base dei consumi minimi calcolati da ARERA - di oltre 1 miliardo di euro”.
Elaborazioni Ufficio Studi Confartigianato su dati Arera, Commissione europea, Eurostat, GME, IEA e Istat
STUDI – Atteso il quinto taglio dei tassi BCE. Costo credito per imprese +301 punti base nella stretta monetaria
Nel Consiglio direttivo della BCE che si conclude domani è atteso un ulteriore taglio ai tassi di riferimento. Da giugno 2024 sono state effettuate quattro riduzioni dei tassi sulle operazioni di rifinanziamento per complessivi 135 punti base dopo una successione di rialzi che hanno cumulato un aumento di 450 punti base. Qui la serie storica dei tassi di riferimento. A dicembre 2024 il Consiglio direttivo della BCE ha confermato che “continuerà a seguire un approccio guidato dai dati in base al quale le decisioni vengono definite di volta in volta a ogni riunione” e “senza vincolarsi a un particolare percorso dei tassi”.
I dati dicono che l’inflazione nell’Eurozona è in discesa e a fine 2025 arriverà al target del 2%. Le tensioni geopolitiche in corso e i recenti segnali rialzisti dei prezzi dell’energia rappresentano fattori di incertezza per l’azione della politica monetaria.
Le ricadute della politica monetaria su investimenti e mercato del credito delle imprese sono esaminate nel report 'Le sfide del 2025 per credito e investimenti delle MPI’ – qui per scaricarlo - presentato ieri dall’Ufficio Studi nel corso del webinar organizzato dalla Direzione Politiche economiche.
Il Report di Confartigianato evidenzia che per le imprese italiane il tasso pagato sui prestiti rimane eccessivo. A novembre 2024 il costo del credito per le imprese è del 4,64%, in calo rispetto al 4,85% di ottobre 2024 ma ancora superiore di 301 punti base all’1,63% precedente alla stretta monetaria, un livello che riduce gli investimenti e frena i complessi processi della doppia transizione, digitale e ambientale. Nel terzo trimestre del 2024 gli investimenti delle imprese sono in calo del 3,0% su base annua. Inoltre, l’accesso al credito per gli investimenti rappresenta un fattore strategico per le imprese per affrontare la carenza di manodopera e le sfide della glaciazione demografica.
Il Report, inoltre, offre una panoramica su trend e costo dei prestiti, nel confronto internazionale e territoriale a livello regionale, oltre a valutare i maggiori oneri finanziari pagati dalle imprese a causa dei caro-tassi generato dalla stretta monetaria in Eurozona. Le tendenze del credito alle imprese sono esaminate per settore, per dimensione rating d'impresa mentre per territorio sono proposte analisi dei prestiti e del costo del credito per settore e dimensione. Nel dettaglio vengono proposte le dinamiche ed il costo dei prestiti alle piccole imprese nel confronto con il totale imprese ed anche la dinamica dei prestiti alle società artigiane.
Il Report, inoltre, offre una panoramica sulle prospettive per il 2025 per poi fornire le più recenti tendenze su PIL commercio internazionale - alla luce dei preannunciati dazi degli USA -, occupazione e produttività. Vengono poi approfondite le tendenze settoriali evidenziando le difficoltà del manifatturiero colpito dalla crisi di moda e meccanica mediante le evidenze su attese sugli ordini, produzione e fattori critici per le imprese esportatrici. Si evidenziano le tendenze della produzione e degli investimenti nelle costruzioni, del fatturato nei servizi e delle presenze turistiche.
Per quanto riguarda le tendenze dei prezzi e la politica monetaria, vengono proposte la dinamica dei prezzi al consumo e dei prezzi internazionali delle commodities, i prezzi di energia elettrica e gas. Per quanto riguarda la politica fiscale il Report esamina i key data della manovra economica 2025, la recente dinamica del rendimento dei titoli di debito pubblico dei principali paesi dell'Eurozona, l’andamento della pressione fiscale, oltre ad alcune evidenze sull’attuazione del PNRR e la spesa per investimenti dei Comuni.
Costo del credito bancario per le imprese di Italia ed Eurozona e tasso ufficiale BCE giornaliero
Gennaio 2022-novembre 2024. Tasso % mensile per le imprese su nuove operazioni. A dicembre 2024 tasso BCE: 3,15% - Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Bce
Dinamica investimenti fissi lordi delle imprese e relativo tasso di investimento
I trim. 2021-III trim. 2024. Var. % y/y, prezzi correnti e % del valore aggiunto, dati destagionalizzati, società non finanziarie - Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Istat