STUDI – Giovani, occupazione cresce con ritmo doppio vs Ue, ma pesa lo spreco di 1,5 milioni di inattivi

Negli ultimi anni, mentre si osserva un incremento significativo dell'occupazione giovanile in Italia, con tassi superiori alla media europea, il Paese affronta il paradosso di un enorme potenziale di capitale umano sprecato, rappresentato da quasi un quarto dei giovani tra i 25 e i 34 anni che sono inattivi. Questo fenomeno si associa al difficile reperimento del personale, acuito dalla crisi demografica, e dalla fuga dei cervelli, evidenziando sfide strutturali che richiedono adeguate politiche del lavoro. Il focus sul mercato del lavoro giovanile è proposto nel 19° Rapporto annuale di Confartigianato ‘Italia, la grande officina delle piccole imprese’ (qui per un estratto) pubblicato in occasione dell’Assemblea annuale in cui è intervenuto il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Nell'arco dei tre anni caratterizzati dallo scoppio della guerra in Ucraina, una crisi energetica che ha accelerato l'inflazione, la stretta monetaria più severa della storia dell’euro e la crisi in Medio Oriente, l’occupazione dei giovani in Italia è cresciuta ad un tasso doppio della media europea.

Tra il 2021 e il 2024, ultimi dodici mesi a giugno, gli occupati under 35 in Italia sono saliti di quasi mezzo milione (454mila), pari ad un incremento del 9,2%, un tasso doppio rispetto al +4,6% della media UE e superiore al +4,9% della Francia e al +4,5% della Germania.

Il dinamismo del mercato del lavoro giovanile è diffuso sul nostro territorio, con una crescita del 10,1% nel Centro, del 9,6% nel Nord-Ovest, dell'8,6% nel Mezzogiorno e nel Nord-Est, performance tutte migliori rispetto alla media UE e a quelle di Francia e Germania.

Il sistema delle imprese è nel pieno di una transizione demografica, caratterizzata da bassa natalità e dall’invecchiamento della popolazione a cui si associa un basso profilo della dinamica della produttività. Sulle prospettive della crisi demografica e del suo impatto sull’offerta di lavoro influiscono quantità e qualità dei flussi migratori in ingresso e uscita, di cui la fuga di giovani cervelli è una delle caratterizzazioni. Nell’arco dell’ultimo decennio, una scarsa attrattività del mercato del lavoro ha portato un numero crescente di giovani a cercare opportunità di conoscenza ed economiche all’estero. Nel decennio 2013-2022 sono espatriati dall’Italia 352mila giovani di 25-34 anni, che per il 37,7% sono gli oltre 132mila che risultano laureati. In parallelo i rimpatri di giovani della stessa fascia d’età sono circa 104mila, di cui oltre 45mila erano i laureati: la differenza tra i rimpatri e gli espatri dei giovani laureati genera una perdita complessiva - una sorta di ‘brain gap’ - nel periodo in esame di oltre 87mila giovani laureati.

Va peraltro ricordato che, nonostante questo buon andamento del mercato del lavoro negli ultimi anni, il tasso di occupazione degli under 35 italiani nel secondo trimestre del 2024 è del 45,0% e rimane di 13,7 punti percentuali inferiore al 58,7% della media UE a 27.

Sul basso tasso di occupazione influisce il ‘grande spreco’ rappresentato da 1 milione 495mila giovani inattivi tra 25 e 34 anni registrati nel secondo trimestre del 2024, che non si offrono sul mercato del lavoro, un aspetto paradossale in un contesto di rarefazione del capitale umano determinata da una sfavorevole dinamica demografica.

I giovani inattivi rappresentano il 24,2% della relativa popolazione, una quota di 10,1 punti sopra alla media europea del 14,1%. L’Italia è al primo posto in UE a 27 non solo per numero ma anche per peso dei giovani inattivi, con una quota quasi doppia di quella degli altri maggiori paesi europei: la Germania registra il 12,5%, la Spagna il 13,5% e la Francia il 12,0%.

"I giovani non cercano lavoro e le aziende non trovano i lavoratori - ha denunciato il Presidente di Confartigianato, Marco Granelli - Credo che questo sia uno dei problemi sociali ed economici più grandi che dobbiamo affrontare. Perché riguarda l’avvenire dei nostri giovani, delle nostre imprese, di tutto il Paese".

Sul fenomeno dell’inattività pesano numerosi fattori, tra i quali i motivi familiari, più diffusi per le donne, l’effetto di scoraggiamento, dato dai giovani che dichiarano di non aver cercato lavoro perché convinti di non trovarlo, l’eccessivo ritardo negli studi universitari, i sussidi pubblici che disincentivano l’offerta del lavoro e la diffusione del sommerso e del lavoro irregolare.

L’analisi per territorio e genere evidenzia che, sempre nel secondo trimestre 2024, il Mezzogiorno, a fronte di poco più di un terzo (35,3%) della popolazione di giovani 25-34 anni, concentra oltre la metà (54,6%) degli inattivi in questa classe di età, con il relativo tasso di inattività che sale al 37,5%, più del doppio del 17,0% del Centro-Nord. In particolare, il tasso di inattività delle donne è pari al 31,2%, quasi il doppio di quello degli uomini, nel Mezzogiorno sale al 46,5%, più che doppio rispetto al 22,8% delle donne del Centro-Nord.

 
Giovani occupati under 35: dinamica 2021-2024 nei principali paesi UE e per le ripartizioni italiane
2021-2024 (III trim. 2023-II trim. 2024). Variazioni % - Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Eurostat e Istat
 

 
Giovani inattivi 25-34 anni nei paesi UE
II trimestre 2024. Valori assoluti degli inattivi in migliaia e tasso di inattività in % sulla popolazione (scala dx) - Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Eurostat


CYBERSECURITY - Webinar "Cyber Security e Normative Europee": prepararsi alle sfide digitali

Confartigianato Imprese organizza un webinar sul tema della Cyber Security, che si terrà il 10 dicembre 2024, dalle ore 10:30 alle ore 12:00, con l’obiettivo di illustrare le attività istituzionali in corso e prepararsi all’applicazione delle normative europee, tra cui la NIS2.

L'evento si propone di offrire un momento di approfondimento sulle sfide legate alla sicurezza informatica e sulla gestione dei crimini digitali, grazie all’intervento di esperti del settore e rappresentanti istituzionali.

Programma dell’evento

Saluti di apertura

Andrea Scalia, Responsabile Innovazione, Reti e Progetti di Coesione, Confartigianato Imprese

Introduzione

Fabrizio Peresson, Presidente Confartigianato ICT

CyberCrime e CyberSecurity: la Polizia Postale e i crimini informatici

Claudia Lofino, Vicequestore della Polizia di Stato e funzionario della III Divisione Servizio Polizia Postale e della Sicurezza Cibernetica

Sicurezza informatica e NIS2: perché ci interessa?

Francesca Nava, OM-Consulting Bergamo

Complessità e sicurezza informatica

Alessandro Molari, CEO Cyberloop Cesena

Question Time
Uno spazio dedicato alle domande e al confronto diretto con i relatori.

Per partecipare o richiedere qualsiasi informazione di carattere contenutistico, potete fare riferimento al Dr. Andrea Scalia, Responsabile Innovazione, Reti di Coesione (invia una e-mail) oppure al Dr. Vittorio Blasoni, Settore Innovazione, Reti e Progetti di Coesione (invia una e-mail)

 


RAPPRESENTANZA - Con l’elezione dei Presidenti di Federazione completati i rinnovi delle cariche del Sistema Imprese di Confartigianato

Nei giorni scorsi, con l’elezione dei Presidenti di Federazione si è completato il percorso di rinnovo, iniziato il 5 settembre, dei vertici delle categorie rappresentate da Confartigianato. Leggere di più


STUDI – La debole congiuntura d’autunno, un'analisi nel 19° Rapporto annuale

 

Le imprese italiane stanno operando in un contesto internazionale fragile e turbolento, dominato dai conflitti in Ucraina e Medio Oriente. L’autunno 2024 è caratterizzato da un indebolimento della crescita che rischia di far perdere lo slancio degli ultimi anni che ha visto l’economia italiana performare meglio di quelle di Francia e Germania per crescita del PIL e dell’occupazione tra il 2021 e il 2024, nonostante le condizioni avverse conseguenti all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, uno shock energetico, la stretta monetaria più pesante della storia dell’Euro, la caduta del commercio internazionale e le incertezze derivanti dallo scoppio della crisi in Medio Oriente.

L’analisi della complessa fase congiunturale è delineata nel 19° Rapporto annuale di Confartigianato ‘Italia, la grande officina delle piccole imprese’ e proposta nell’articolo ‘SCENARIO PIL/ Le scelte urgenti per sfuggire alla frenata autunnale a firma di Enrico Quintavalle, responsabile dell’Ufficio Studi di Confartigianato, pubblicato su il Sussidiario.net.

L’elevata instabilità geopolitica e il crescente utilizzo dei dazi indeboliscono la ripresa del commercio internazionale e riducono la produzione manifatturiera, con una crisi più acuta per moda e meccanica. Il clima di incertezza frena gli investimenti delle imprese, con ricadute sul tasso di crescita: ad ottobre scende il clima di fiducia delle imprese, portandosi su un livello minimo da aprile 2021.

Per il prossimo anno si prospetta un indebolimento dell’attività edilizia, dopo una lunga fase espansiva. Le previsioni della Commissione europea pubblicate a metà novembre indicano per il 2025 in Italia una flessione del 3,8% degli investimenti in costruzioni. Nel corso dell’estate del 2024 si osserva una tenuta dell’attività nelle costruzioni, con il relativo indice della produzione che nel trimestre luglio-settembre 2024 segna un aumento dello 0,3% rispetto al trimestre precedente. L’intervento sulle detrazioni edilizie contenuto nel disegno di legge di bilancio frena l’attività di ristrutturazione delle abitazioni, allontanando l’Italia dal raggiungimento degli ambiziosi obiettivi previsti dalla direttiva green degli edifici.

I consumi di beni e le vendite al dettaglio sono in flessione, mentre tiene la spesa per i servizi. La spesa delle famiglie nel secondo trimestre del 2024 aumenta dello 0,3% rispetto al trimestre precedente, dinamica sostenuta dall’aumento dell’1,1% della spesa per i servizi mentre quella per i beni scende dello 0,3%. Il basso profilo dei consumi di beni è confermato dalla debolezza delle vendite al dettaglio, il cui volume nei primi nove mesi dell'anno segna un calo dello 0,7% su base annua. Ad ottobre la fiducia dei consumatori evidenzia un’evoluzione sfavorevole, con un peggioramento delle aspettative. Il turismo non conferma la crescita dello scorso anno: tra gennaio e settembre del 2024 le presenze turistiche ristagnano, con aumento su base annua delle presenze straniere che compensa il calo delle presenze dei turisti italiani.

La domanda interna è sostenuta da un buon andamento del mercato del lavoro, che a settembre 2024 registra un aumento di 301mila occupati in un anno (+1,3%, sostenuto dall’aumento di 331mila dipendenti permanenti, pari al +2,1%), pur segnando, dopo tre mesi di crescita, un calo su base mensile del numero di occupati. Rimane elevata la carenza di manodopera, in particolare di quella maggiormente qualificata: a novembre 2024 risulta di difficile reperimento il 47,9% delle entrate previste dalle imprese, quota che sale al 60,1% per gli operai specializzati e conduttori di impianti e macchine.

Il nuovo ciclo di politica fiscale delineato dal Piano strutturale di bilancio, caratterizzato da una riduzione del deficit e da un contenimento della spesa pubblica primaria, si associa ad una politica monetaria che ha determinato un caro tassi più pesante per le imprese italiane rispetto alle omologhe europee, riducendo la domanda di prestiti e la propensione ad investire delle imprese, ostacolando una complessa doppia transizione, digitale e green. Le imprese italiane a settembre 2024 hanno visto salire il costo del credito di 337 punti base rispetto a giugno 2022, mese precedente all’inizio della stretta monetaria: si tratta di 40 punti in più rispetto ai 297 punti in più registrati in Eurozona e dell’aumento più consistente tra i maggiori paesi europei. A settembre 2024 i prestiti alle imprese sono diminuiti del 2,4%, mentre la dinamica degli investimenti delle imprese dal primo trimestre del 2024 è entrata in territorio negativo e nel secondo trimestre dell’anno segna un calo del 2,3% su base annua. La BCE ha avviato un percorso di allentamento delle condizioni monetarie, ma che rimane ancora incerto nella sua intensità, dipendendo dall’evoluzione della congiuntura. La crescita ‘zero virgola’ dell’economia dell’Eurozona rende auspicabile, fin dalla prossima riunione del Consiglio della BCE del 12 dicembre, un deciso taglio dei tassi di cinquanta punti base.

Agli alti oneri finanziari si associa un livello dei prezzi di elettricità e gas che rimane ampiamente al di sopra dei livelli del 2021, anno precedente allo scoppio della crisi energetica. Il conflitto in Medio Oriente mantiene una elevata volatilità dei prezzi delle commodities energetiche.

Il percorso di miglioramento dei conti pubblici delineato dal Piano strutturale di bilancio 2025-2029 limita all’1,5% il tasso annuo di crescita della spesa primaria netta. Tale vincolo - introdotto dalla riforma del Patto di stabilità e crescita – in presenza di una maggiore rigidità delle uscite per previdenza, sanità e lavoro pubblico potrebbe spiazzare la spesa pubblica per gli investimenti, per gli interventi a sostegno delle attività economiche e per la difesa del territorio, questi ultimi resi sempre più necessari per contrastare gli effetti del cambiamento climatico. Sono opportuni gli interventi di riduzione della pressione fiscale, a fronte di un carico fiscale che in Italia nel 2024 rimane più alto di 1,7 punti di PIL rispetto alla media dell’Eurozona. L’indebolimento di una spinta fiscale espansiva può derivare anche dai ritardi nello stato di avanzamento delle opere previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), che a inizio ottobre 2024 registra una spesa complessivamente sostenuta di 53,5 miliardi di euro, pari al 27,5% del totale delle risorse finanziarie del Piano (194,4 miliardi).

 Nostre elaborazioni su dati Banca d’Italia, Bce, Commissione europea, Eurostat, Istat, Mef, Unioncamere-Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e Upb


STUDI – Profondo rosso per moda e meccanica, persi 23 miliardi € di ricavi in otto mesi del 2024. Il focus su IlSussidario.net

Un esame degli ultimi dati sulla produzione industriale pubblicati dall’Istat confermano la difficile congiuntura della manifattura, appesantita dalla crisi di due settori chiave del made in Italy, la moda e meccanica. L’analisi della crisi che attanaglia i due comparti è proposta nell’articolo ‘I NUMERI/ Le armi spuntate di Italia e Ue contro la crisi di moda e meccanica’ a firma di Enrico Quintavalle, responsabile dell’Ufficio Studi di Confartigianato, pubblicato oggi su il Sussidiario.net.

Incide la debole ripresa del commercio internazionale: mentre il Fondo monetario internazionale ad ottobre stima per quest’anno una ripresa del 2,6%, l'analisi dei dati dell'istituto indipendente olandese CPB evidenzia nei primi otto mesi del 2024 una crescita dimezzata (+1,3%). Il calo dell’attività manifatturiera è determinante nell’azzeramento della crescita del PIL nel terzo trimestre del 2024.

Nei primi nove mesi del 2024 la produzione manifatturiera scende del 3,4%, con cali più pesanti e più ampi della media per la moda (-10,8%) e per i settori della meccanica rappresentati da mezzi trasporto (-9,2%), macchinari e impianti (-4,2%) e metallurgia e metalli (-3,7%). I fattori globali determinano una caduta della produzione di dimensione europea (-4,6% per moda e meccanica in Ue a 27), ma in Italia la crisi è più severa (-5,5%).

Nell'ambito settoriale in esame operano 186 mila imprese in cui lavorano 2 milioni e 76mila occupati pari ad oltre la metà (54,6%) della manifattura italiana. Di questi, oltre un milione lavora nelle micro e piccole imprese. Si tratta di un caleidoscopio di produzioni che, in diversi casi, hanno profonde radici nella storia del Paese: tessile, abbigliamento, pelli e calzature oltre a metallurgia, prodotti in metallo, macchinari e impianti, autoveicoli e componentistica, costruzione di camion, navi, treni e aerei e l'attività di servizio di riparazione e installazione dei macchinari. L’Italia è il primo produttore europeo della moda e il secondo, dietro alla Germania, nella meccanica.

Sulla crisi di questi primari settori manifatturieri pesano, oltre alle incertezze del commercio internazionale, altri fattori specifici. Sulla moda influiscono la spinta dei prezzi, più marcata nella fiammata inflazionistica innescata dallo shock energetico, le criticità nella supply chain innescate da pandemia e crisi internazionali, gli effetti della Brexit oltre al basso profilo della domanda di alcuni tra i maggiori mercati dei prodotti della moda, quali Germania e Giappone. Sulla meccanica condizionano la caduta della domanda di beni di investimento conseguente alla stretta monetaria, la recessione dell’economia tedesca e le incertezze dell’automotive nella difficile transizione alla mobilità elettrica. Nel 2024 si assiste ad una caduta della produzione di autoveicoli, che nei primi nove mesi del 2024 si riduce del 25,5%, una flessione drammaticamente più profonda del già grave calo del 9,2% della produzione in Ue a 27. Rimane elevata l’incertezza della domanda di veicoli elettrici: per raggiungere l’obiettivo al 2030 del Piano Nazionale integrato Energia e Clima (PNIEC), servirebbero 49 mila auto elettriche in più al mese, ma secondo i dati Unrae nei primi dieci mesi del 2024 se ne sono immatricolate poco più di 5 mila al mese. La fase recessiva dell’auto colpisce un ampio indotto, su cui dominano i settori della meccanica: le imprese dei prodotti in metallo determinano il 9,3% del valore aggiunto della filiera dei mezzi di trasporto su gomma, quelle dei macchinari il 6,9% e quelle della metallurgia il 4,2%.

Ad ottobre 2024 cedono ulteriormente le attese sugli ordini, che presentano diffusi saldi negativi e in peggioramento rispetto a settembre.

Si avvicina la fine dell’anno, periodo di bilanci, e quello dei ricavi dei due comparti in esame è in profondo rosso. Una anticipazione del Rapporto annuale di Confartigianato che sarà pubblicato in occasione dell’Assemblea di mercoledì prossimo, evidenzia che, sulla base dell’andamento dell’indice mensile del fatturato dell’Istat, nei primi otto mesi del 2024 le imprese della moda e meccanica hanno registrato una perdita di ricavi pari a 23,5 miliardi di euro, equivalenti a 2,9 miliardi di euro al mese.

Sul calo della produzione di macchinari contribuisce una stretta monetaria che tra giugno 2022 e settembre 2024 ha aumentato di 337 punti base il costo del credito alle imprese. Al crescere del costo del denaro cede la domanda di investimenti in macchinari che nel primo semestre del 2024 scende del 4,6% su base annua, con una intensità più che doppia rispetto al calo dell’1,9% della media Ue a 27. Sul basso profilo degli investimenti in macchinari grava ‘l’effetto burocrazia’ per Transizione 5.0, rappresentato da un eccessivo carico di adempimenti imposto alle imprese per accedere agli incentivi che ne frena l’utilizzo.

Il ritardo nella ripresa del commercio internazionale determina nei primi nove mesi del 2024 un calo del 4,8% delle esportazioni di moda e meccanica, più severo rispetto al -0,8% della media della manifattura. In particolare, il conclamato secondo anno di recessione in Germania determina una caduta della domanda del maggiore mercato del made in Italy. Sempre nei primi nove mesi del 2024 la flessione dell’export verso la Germania dei prodotti della moda, della meccanica e dell’automotive arriva al -11,3%, il doppio rispetto al -5,5% del totale delle esportazioni nel paese, e su cui influisce il crollo (-29,6%) delle esportazioni di autoveicoli sul mercato tedesco.

Il difficile ciclo congiunturale di moda e meccanica, che coinvolge 2 milioni di occupati, determina una forte diminuzione delle previsioni di assunzione che nel trimestre novembre 2024-gennaio 2025 scendono del 21,7% su base annua rispetto allo stesso periodo del 2023 - pari ad oltre 35 mila entrate in meno nel trimestre – e con una intensità doppia rispetto al calo del 9,9% della media della manifattura.

I territori maggiormente specializzati in moda e meccanica risultano più esposti alla tempesta in corso. I due comparti registrano un maggiore peso sull’economia regionale in Piemonte, Marche, Friuli Venezia-Giulia, Toscana, Veneto ed Emilia-Romagna. Moda e meccanica insieme rappresentano oltre un quinto dell’economia del territorio nelle undici province di Prato, Fermo, Lecco, Vicenza, Biella, Brescia, Novara, Mantova, Modena, Reggio Emilia e Gorizia.

Per intervenire con efficacia su questa crisi della manifattura gli attori di politica economica, nazionali ed europei, devono uscire dagli schemi dell’ordinaria amministrazione che, ad oggi, offrono armi spuntate. Mentre si registra la bassa velocità dell’allentamento monetario della Bce, il limite dell’1,5% della crescita annua della spesa pubblica primaria netta richiesto dalla riforma del Patto di stabilità e crescita riduce gli spazi per politiche industriali anticicliche. Infine, gli interventi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, da cui arriva un importante sostegno alla crescita dell’economia italiana, hanno un impatto più contenuto sulla manifattura, comparto che beneficia del 13% della creazione di valore innescata dal Piano.

 

Elaborazioni Ufficio Studi Confartigianato su dati Bce, Commissione europea, Cpb, Eurostat, Fondo monetario internazionale, Istat, Mef e Unioncamere-Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali