STUDI – La guerra dei dazi fa salire l’incertezza. Gli scenari per le imprese nell’analisi su IlSussidiario.net

L’avvio della guerra dei dazi fa salire l’incertezza sugli scambi internazionali e l’indice di incertezza della politica commerciale a febbraio 2025 raggiunge un nuovo massimo storico. L’aumento dell'incertezza penalizza gli interscambi commerciali e riduce la crescita, con un impatto più pronunciato nell’area dell'euro.

Una analisi degli effetti del protezionismo, la dinamica della congiuntura e il punto sulla direzione delle politiche economiche è proposta nell’articolo I NUMERI DELLA CRISI/ Come i venti di guerra commerciale cambiano lo scenario delle nostre imprese a firma di Enrico Quintavalle, responsabile dell’Ufficio Studi di Confartigianato, pubblicato su IlSussidiario.net.

Nelle previsioni della BCE di marzo la crescita dell’export nell'Eurozona è dello 0,8%, in rallentamento rispetto al trend del 2024 (+0,9%) e dimezzata rispetto alle previsioni di dicembre 2024 (+1,6%).

Di conseguenza, si registra un ritocco al ribasso della crescita del PIL reale nell’area dell’euro di 0,2 punti percentuali sia nel 2025 che nel 2026. Germania e Italia, le due maggiori economie manifatturiere europee, potrebbero essere maggiormente penalizzate dai dazi. A fronte di una applicazione da parte degli Stati Uniti di tariffe per un valore di 28 miliardi di dollari, mercoledì scorso la Commissione europea ha risposto con contromisure per un valore di 26 miliardi di euro.  L’escalation della guerra dei dazi rallenta la ripresa del commercio internazionale, ostacola le filiere manifatturiere globali, generando incertezze che frenano consumi e investimenti. Nel breve periodo i dazi alzano i prezzi pagati da imprese e consumatori, in primis quelli statunitensi. Un eccesso di inflazione potrebbe determinare un rialzo dei tassi da parte della FED e una rivalutazione del dollaro che, penalizzando le esportazioni degli Stati Uniti, genererebbe un paradossale effetto opposto a quello atteso dai dazi. I paesi più colpiti dai dazi USA potrebbero spostare le vendite sui mercati europei, aumentando la concorrenza per il made in Italy.

I dazi sono stati introdotti come conseguenza del disavanzo commerciale degli USA nei confronti dell’UE a 27. Nel 2024 l’Unione europea registra un avanzo commerciale con gli Stati Uniti di 198,2 miliardi di euro, pari all’1,1% del PIL. L'Italia presenta il terzo saldo import-export con gli USA, pari a 38,9 miliardi di euro (1,8% del PIL), inferiore solo a quello di Germania (92,2 miliardi pari al 2,1% del PIL) e Irlanda (50,8 miliardi, il 9,5% del PIL). Gli USA, dopo aver superato la Francia nel 2022, sono il secondo mercato del made in Italy dietro alla Germania, con esportazioni che nel 2024 valgono 64,8 miliardi di euro.

L’imposizione di dazi sulla importazioni USA potrebbe essere attenuata a seguito di una trattativa che potrebbe prevedere lo scambio tra  minori dazi per i prodotti UE e maggiori acquisti di energia dagli Stati Uniti, una ipotesi già delineata nei mesi scorsi in una intervista del Presidente della Bce Lagarde. Il negoziato potrebbe includere gli acquisti per la difesa e di tecnologie digitali. Nel 2023 gli USA sono il secondo fornitore di gas naturale dell'Unione europea, con il 16% dei volumi importati, dietro alla Norvegia (22,2%). Infine, secondo i dati di Banca d’Italia della bilancia tecnologica, gli Stati Uniti sono il principale paese di origine delle importazioni di tecnologia, pari a 3,1 miliardi di euro, in aumento rispetto ai 2,3 miliardi del 2022.

I dazi spingeranno in alto i costi di semilavorati e prodotti finiti. Su questo fronte va segnalato che nel trimestre dicembre 2024-febbraio 2025 le imprese italiane registrano un aumento del 30,4% del prezzo dell’energia elettrica, innescato da una forte escursione del prezzo sul mercato all’ingrosso. A marzo si osserva un raffreddamento delle quotazioni sul mercato elettrico, in riduzione del 14,3% rispetto alla media del trimestre precedente. Un rialzo dei prezzi dell’elettricità allarga il già pesante gap di competitività delle imprese italiane.

Gli effetti recessivi dei dazi amplificano la crisi della manifattura, che nel 2024 registra un calo del 3,7% della produzione e un segno negativo (-0,5%) per l’export, con una pesante recessione nella meccanica e nella moda. Negli altri settori i segnali di debolezza si alternano a spunti positivi. A dicembre 2024 la produzione delle costruzioni diminuisce dell’1,7% rispetto a novembre, mentre nel complesso del 2024 si osserva un aumento del 5,0%. L’attività edilizia rimane sostenuta dalla crescita dell’8,6% degli investimenti in fabbricati diversi dalle abitazioni e altre opere, un aumento in larga parte attivato dalla spesa del PNRR. Si indebolisce il valore aggiunto nei servizi (-0,1% nel quarto trimestre 2024) con il 2024 che chiude a +0,6%. Negli ultimi due trimestri dell’anno la spesa delle famiglie segna due aumenti consecutivi su base congiunturale, e chiude l’anno 2024 con un +0,5%. L’aumento del 6,8% delle presenze turistiche degli stranieri sostiene la crescita del 2,5% delle presenze totali registrata nel 2024.

Per la politica fiscale il 2024 chiude con un deficit al 3,4% del PIL, inferiore al 3,8% previsto a settembre nel Piano strutturale di bilancio 2025-2029, anche grazie all'aumento del 6,4% delle entrate fiscali. Il buon andamento dell'occupazione fa salire dell'8,0% il gettito lrpef da lavoro dipendente privato. Il limite alla crescita della spesa primaria netta dell'1,5% all'anno, prevista dalle nuove regole europee di bilancio, limita le risorse per stimolare l'economia. Il piano per la difesa avviato dall’Unione europea porterebbe ad una diffusa crescita della spesa a debito, con un rialzo della spesa per interessi che nel 2024 in Italia è pari a 85,2 miliardi di euro (3,9% del PIL), la più elevata tra i 27 paesi dell’UE. Gli incrementi della spesa, in mancanza di un adeguato sistema di offerta europeo, potrebbero attivare una domanda di importazioni ampiamente superiore alla produzione europea, con effetti espansivi limitati. Secondo le valutazioni del Consiglio europeo, l’industria europea della difesa registra 581mila occupati, che rappresenta lo 0,3% dell’occupazione nell’UE a 27. Nel documento sulla strategia europea per la difesa della Commissione europea si indica che “il 78% delle acquisizioni nel settore della difesa da parte degli Stati membri dell'UE tra l'inizio della guerra di aggressione della Russia e il giugno 2023 è stato effettuato presso paesi terzi, con un'incidenza dei soli Stati Uniti pari al 63 %”. Un sistema di difesa efficiente richiede know how basato su investimenti in tecnologie avanzate digitali e attività di R&S, da sostenere con appropriate politiche industriali.

In un ambiente con una elevata turbolenza si registrano segnali di dinamismo delle imprese, che continuano a creare lavoro e tornano ad investire. A gennaio 2025 il numero di occupati è salito a 24 milioni 222mila e in dodici mesi si osserva un aumento dell’occupazione di 513mila unità, grazie alla crescita di 702mila dipendenti permanenti. Le previsioni di assunzione del trimestre marzo-maggio sono in aumento del 2,8%. Infine, mentre la BCE ha adottato il sesto taglio dei tassi di riferimento per la politica monetaria, a gennaio 2025 il costo dei prestiti alle imprese risulta pari al 4,29%, in calo di 22 punti base rispetto al 4,51% di dicembre e nel quarto trimestre 2024 si registra una crescita congiunturale del 3,2% degli investimenti in macchinari e impianti dopo quattro trimestri consecutivi di calo.

 

Elaborazioni Ufficio Studi Confartigianato su dati Banca d’Italia, BCE, Commissione europea, Consiglio europeo, Eurostat, GME, Mef, Istat, Unioncamere- Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali


STUDI – Incertezza sui mercati globali i rischi per il made in Italy nei settori MPI. Il trend nei territori

L’intensificazione delle guerre commerciali porta ai massimi l’incertezza sugli scambi internazionali. Prosegue la crescita dell’indice mensile di incertezza della politica commerciale elaborato da Dario Caldara, Matteo Iacoviello, Patrick Molligo, Andrea Prestipino e Andrea Raffo che a febbraio 2025 raggiunge un nuovo massimo storico.

L’aumento dell'incertezza penalizza i flussi di commercio estero e riduce la crescita, in modo particolare nell’area dell'euro. Nelle previsioni della BCE di marzo il tasso di crescita del PIL mondiale (con esclusione dell'area dell'euro) è ritoccato al ribasso di 0,1 punti percentuali nel 2025 e di 0,2 punti nel 2026. Poiché l'economia dell'Eurozona ha un grado di apertura maggiore e la composizione delle sue esportazioni è orientata verso beni durevoli, le previsioni della BCE calcolano un impatto più pronunciato, con una crescita dell’export del +0,8%, in rallentamento rispetto al trend del 2024 (+0,9%) e dimezzata rispetto alle previsioni di dicembre 2024 (+1,6%). Di conseguenza si registra un ribasso della crescita del PIL reale nell’area dell’euro di 0,2 punti percentuali sia nel 2025 che nel 2026.

I rischi per l’export e il trend nei settori di MPI nei territori – La frenata dell’export si ripercuote su Germania e Italia, le due maggiori economie manifatturiere dell’Eurozona, aggravando un bilancio dell’export che per l’Italia nel 2024 è in negativo, segnando un calo dello 0,4%. La flessione è risultata contenuta grazie alla tenuta delle vendite del made in Italy nei settori di micro e piccola impresa (MPI): alimentari, moda, mobili, legno, metalli e altre manifatture, tra cui gioielleria ed occhialeria, comparti in cui l’occupazione nelle imprese con meno di 50 addetti supera il 60%. Infatti, la diminuzione dello 0,4% dell’export totale è la combinazione di un aumento del 3,0% dell'export nei settori di MPI e di una flessione dell'1,6% nel resto della manifattura. Nel 2024 l’export nei settori di MPI sale a 176,1 miliardi di euro, pari al 9,0% del valore aggiunto.

In chiave settoriale si osserva una robusta crescita per gioielleria, occhialeria e altre industrie manifatturiere, che segna un +19,6% e per i prodotti alimentari con 9,8%. Segno positivo (+0,7%) per l’export del legno, mentre sono in territorio negativo i prodotti in metallo con -2,2%, i mobili con -2,6%, e la moda con un calo del 4,5%. In quest’ultimo settore si osserva un segno positivo, in controtendenza, in Piemonte e Veneto. Il calo della domanda estera dei prodotti in metallo e del tessile, abbigliamento e pelle sono tra i fattori che connotano la grave crisi in corso della meccanica e della moda.

Nell’analisi per le regioni con un peso delle esportazioni nei settori di MPI sul valore aggiunto regionale superiore alla media, evidenzia una maggiore crescita dell'export in questo cluster settoriale in Toscana con +13,6%, una crescita in linea con i restanti settori. Seguono il Piemonte con +3,6% nei settori di MPI a fronte del -7,6% dei restanti settori che nel complesso determina una variazione dell'export regionale del -4,9%, Emilia-Romagna con +1,7% nei settori di MPI a fronte del -3,2% dei restanti settori che nel complesso determinano un calo del 1,0% dell'export regionale. In Friuli-Venezia Giulia la leggera flessione (-0,5%) nei settori di MPI è bilanciata dal +0,4% dei restanti settori che nel complesso determina una tenuta (+0,2%) dell'export regionale. Segno negativo diffuso in Veneto con un calo dell’1,7% nei settori di MPI a fronte del calo dell’1,9% dei restanti settori che nel complesso determina una variazione dell'export regionale del -1,8%. In Lombardia il calo dell’1,7% nei settori di MPI è bilanciato dal +1,4% dei restanti settori che nel complesso determina una variazione positiva (+0,6%) dell'export regionale. Nelle Marche si osserva un calo più contenuto (-3,9%) nei settori di MPI, a fronte del forte calo (-38,4%) dei restanti settori che nel complesso determina una flessione del 29,7% dell'export regionale.

#SAVETHEDATE - Il quadro delle tendenze sull’export territoriale sarà approfondito nel corso del webinar del prossimo 31 marzo in cui sarà presentato il 33° report congiunturale di Confartigianato.

 
Trade Policy Uncertainty Index
Gennaio 2005-febbraio 2025 - Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Caldara, D., Iacoviello, M., Molligo, P., Prestipino, A. e Raffo, A.

 
Peso dell’export di MPI sul valore aggiunto regionale
2024, esportazioni settori MPI % su valore aggiunto 2023, Ateco 2007  CB, 10, 16,18,25,31 e 32 - Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Istat


STUDI – Meccanica, -6,4% produzione e -5,0% export. Il punto sulla crisi nel Rapporto Meccanica 2025 presentato al MECSPE

La difficile congiuntura della manifattura presenta effetti amplificati sulla meccanica e sulla moda, due settori chiave del made in Italy. Sulla crisi della meccanica incide l’incertezza geopolitica che indebolisce la ripresa del commercio internazionale. Agisce da ulteriore freno la guerra commerciale innescata dai dazi degli USA. La stretta monetaria ha portato in territorio negativo il trend della domanda di investimenti in macchinari e impianti, mentre la recessione in Germania e il basso profilo di crescita della Cina pesano sulla domanda di prodotti del made in Italy. La fase recessiva della meccanica è condizionata dalle incertezze dell’automotive nella difficile transizione alla mobilità elettrica.

L’analisi del comparto è contenuta nel Rapporto Confartigianato Meccanica 2025 'Imprese della meccanica, tra incertezze dei mercati globali e sfide della twin transition’ presentato dall’Ufficio Studi con l’Osservatorio MPI Confartigianato Emilia-Romagna il 6 marzo 2025 al Villaggio Confartigianato al MECSPE di Bologna nel corso della riunione congiunta dei consigli direttivi Confartigianato meccanica e Subfornitura e Confartigianato Carpenteria meccanica convocata durante. Qui per scaricarlo.

I contenuti del Rapporto Confartigianato Meccanica 2025 - Il Rapporto analizza le condizioni del settore della meccanica in Italia e le prospettive per il 2025, evidenziando le principali sfide e opportunità per un settore strategico per l’economia italiana, con una forte specializzazione in alcune regioni come Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto. La produzione meccanica ha subito un calo del 6,4% nel 2024, più marcato rispetto al calo del 3,7% del manifatturiero nel suo complesso. Il Rapporto evidenzia una migliore tenuta dell’indice di produzione ponderato per le micro e piccole imprese (MPI). La doppia transizione, digitale e green, è un fattore chiave per delineare il futuro del settore. Il Rapporto esamina lo stato dell’arte nei processi di digitalizzazione delle imprese – con un focus in relazione al  progetto Gate4Innovation avviato da Confartigianato -, dell’efficientamento energetico e della riduzione dell’impatto sull’ambiente. Permane una elevata difficoltà nel reperire personale con competenze qualificate, in particolar modo nell’ambito digitale e della sostenibilità. Il commercio internazionale ha mostrato segnali di ripresa, ma con un ritmo inferiore alle attese. Nel 2024 le vendite del made in Italy della meccanica di produzione sono scese del 5,0%. Sull’export gravano i timori dei dazi USA mentre la recessione della Germania genera un impatto negativo sulle esportazioni italiane di prodotti della meccanica.

La stretta monetaria ha aumentato il costo del credito, penalizzando la domanda di investimenti, in particolare in macchinari e impianti. L’incertezza sulla transizione verso la mobilità elettrica e la debole domanda di autoveicoli influiscono sulla performance della filiera dell’automotive.  In Italia il flusso delle immatricolazioni di veicoli elettrici è ampiamente inferiore a quello necessario per raggiungere gli obiettivi nazionali indicati nel Piano Nazionale integrato Energia e Clima.

L’occupazione presenta un calo nei prodotti in metallo, macchinari e mezzi di trasporto, mentre rimane in positivo per metallurgia e riparazione macchinari. Le previsioni della domanda di lavoro sono in forte calo nella primavera del 2025. Nell’ultimo trimestre i prezzi dell’energia elettrica hanno registrato un marcato rialzo, incidendo sui costi di produzione delle imprese della meccanica. Nel comparto è in corso un marcato processo di selezione delle imprese.

All’interno di un quadro critico del settore, il Rapporto Meccanica 2025 di Confartigianato evidenzia alcuni significativi segnali positivi relativi al miglioramento delle attese sugli ordini, la tenuta e la crescita della produzione in settori con elevata presenza di imprese artigiane, il proseguimento della riduzione tassi da parte della BCE, la crescita congiunturale degli investimenti in macchinari e impianti nell’ultimo trimestre del 2024 dopo quattro trimestri consecutivi di calo, una complessiva resilienza dell'occupazione, il calo degli infortuni nell'artigianato, la crescita della qualità intrinseca delle esportazioni di beni strumentali, con un calo della produzione che si trasmette solo in parte sulla riduzione del valore aggiunto.

 
Dinamica produzione Meccanica 2014-2024
var. % indice corretto con giorni lavorativi, ponderazione con addetti MPI - Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Eurostat