STUDI – Post Brexit +8,2% made in Italy nel Regno Unito vs +1,3% Eurozona e -7,2% di Germania

Nei primi due mesi del 2023 l’export verso il Regno Unito sale dell’8,5%, segnando un ritmo meno accentuato del +13,0% del totale export. Recuperano le importazioni, che salgono del 30,4%, spinte dall'aumento dell'import di petrolio greggio (commodity che a gennaio 2022 ha determinato il 38,5% dell'aumento dell’import). Tra i maggiori comparti, si osserva un maggiore dinamismo dell'export per metalli di base e prodotti in metallo con +30,1%, apparecchi elettrici con +25,7%, mezzi di trasporto con + 14,0% - ma ristagna  (-0,3%)  export di autovetture - prodotti alimentari e bevande con +12,1% e macchinari e apparecchi, sempre con +12,1%, e  moda con +10,2%.

Secondo una analisi dell’Ufficio Studi di Confartigianato ripresa su formiche.net nel 2022 l’Italia ha registrato esportazioni per 27,3 miliardi di euro di prodotti nel Regno Unito e importazioni per  8,3 miliardi con un saldo positivo pari a 19,0 miliardi di euro. Il paese rappresenta il 4,4% delle nostre esportazioni e l'1,3% delle nostre importazioni ed è il sesto mercato di destinazione dei nostri prodotti manifatturieri dopo Germania, Stati Uniti, Francia, Spagna e Svizzera.

Sull’andamento del valore dei flussi di commercio estero pesa la marcata crescita dei prezzi all’export e all’import registrata nell’ultimo anno a seguito della spinte inflazionistiche dei costi dell’energia e delle altre commodities. Una nostra recente analisi degli indici delle esportazioni in volume calcolati dall’Istat, evidenzia che nel 2022 l’export in volume verso il Regno Unito è salito dello 0,8%, a fronte del +0,1% del totale.

Tra il 2022 e il 2021 le esportazioni verso il Regno Unito sono aumentate del 16,6%  a fronte di una crescita del totale esportazioni del 20,0%.

Il trend del made in Italy post Brexit - La crescita dell’export nel Regno Unito si conferma anche tra il 2022 e il 2019, anno precedente alla Brexit, risultando pari al +8,2%. L’Italia è il 5° esportatore dell’Unione europea sul mercato britannico e registra nel triennio un trend dell’export migliore del 2,8% dell’Ue a 27 e del +1,3% dell’Eurozona. Tra i maggiori partner l’Italia fa meglio del +2,1% del Belgio ed è in contro tendenza rispetto ai cali registrati in Germania (-7,2%), Paesi bassi (-4,1%) e Francia (-3,7%).

I territori - Le prime sei regioni italiane concentrano oltre i tre quarti (78,3%) delle vendite del made in Italy manifatturiero nel Regno Unito. Nel 2022 La Lombardia esporta 6.785 milioni di euro, pari al 25,5% del totale, seguita da Emilia-Romagna con 3.753 milioni pari al 14,1%, Veneto con 3.607 milioni pari al 13,5% - qui il focus dell’Ufficio Studi di Confartigianato del Veneto -, Piemonte con 2.706 milioni pari al 10,2%, Toscana con 2.173 milioni pari al 8,2% e Marche con 1.839 milioni pari al 6,9%.

L'export manifatturiero sul mercato in esame rappresenta l'1,5% del PIL ed in chiave territoriale la maggiore esposizione su questo mercato è quella delle Marche, per cui le vendite nel Regno Unito rappresentano il 4,4% del PIL regionale, seguita da Friuli-Venezia Giulia con 2,4%, Emilia-Romagna con 2,3%, Veneto con 2,2% e Piemonte con 2,0%.

I settori – L’analisi di dettaglio merceologico mostra che undici comparti superano nel 2022 un miliardo di euro di vendite verso il Regno Unito, concentrando i tre quarti (75,4%) delle esportazioni nel paese: Macchinari e apparecchiature con 3.601 milioni di euro (13,2%), Alimentare con 2.723 milioni (10,0%), Autoveicoli, rimorchi e semirimorchi con 2.560 milioni (9,4%), Farmaceutica con 2.436 milioni (8,9%), Chimica con 1.518 milioni (5,6%), Metallurgia con 1.475 milioni (5,4%), Abbigliamento con 1.413 milioni (5,2%), Altri mezzi di trasporto con 1.379 milioni (5,1%), Apparecchiature elettriche e apparecchiature per uso domestico non elettriche con 1.326 milioni (4,9%), Bevande con 1.145 milioni (4,2%) e Mobili con 1.004 milioni (3,7%). In particolare, si segnala che i nove settori a maggior concentrazione di micro e piccola imprese (MPI) -  Alimentare, Moda, Legno, Mobili, Metalli e Altre manifatture, in particolare gioielleria ed occhialeria - nel complesso valgono  8.332 milioni di euro di export, pari al 30,5% del totale delle vendite nel Regno Unito.

Considerando i principali undici comparti, il maggiore dinamismo tra il 2019 e il 2022 si registra per la Farmaceutica con il +47,4% seguita, con aumenti superiori alla media (+8,2%), da Altri mezzi di trasporto con il +27,6%, Alimentare con il +23,5%, Metallurgia con il +19,9%, Macchinari e apparecchiature  con il +13,1%, Mobili con il +12,6%, Bevande con il +12,5%, Chimica con il +11,1% e Apparecchiature elettriche e apparecchiature per uso domestico non elettriche con il +10,8%; si registra invece una flessione per Autoveicoli, rimorchi e semirimorchi a -7,4% e Abbigliamento a -28,6%.

 
Interscambio commerciale dell'Italia con il Regno Unito e con il Mondo dal 2019, anno pre Brexit
Anni 2019-2022. Milioni di euro, incidenza %, variazioni % e in punti percentuali - Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Istat

 
Dinamica export 2019-2022 nel Regno Unito per i 5 principali partner dell’Eurozona
2019-2022, var. % cumulata in valore - Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Eurostat


STUDI - Tenuta dell’edilizia, +2,3% a inizio 2023, ma pesano ritardi PNRR, frenata mercato immobiliare e difficoltà reperimento personale

 

In un contesto caratterizzato da alta inflazione e da una vigorosa stretta monetaria, l’edilizia mostra una tenuta dell’attività produttiva, ma preoccupano i ritardi del PNRR e il rallentamento del mercato immobiliare.

L’analisi delle ultime tendenze nel settore delle costruzioni sono contenute nel report che sarà presentato domani dall’Ufficio Studi nel corso del convegno organizzato da ANAEPA-Confartigianato Edilizia, in collaborazione con Confartigianato Emilia Romagna e Confartigianato Ravenna, dedicato ai bonus casa e al nuovo codice degli appalti, e che sarà chiuso dal Presidente di Confartigianato Marco Granelli.

Il report, elaborato in collaborazione con gli Osservatori MPI di Confartigianato Emilia Romagna  e Confartigianato Lombardia, evidenzia un andamento positivo dell’attività dell’edilizia nella prima parte dell’anno. A febbraio 2023 la produzione delle costruzioni sale dell’1,5% rispetto a gennaio e nel trimestre dicembre 2022-febbraio 2023 segna un aumento del 2,3% rispetto al trimestre precedente, a fronte, nello stesso arco temporale, di una produzione manifattura più debole (+0,3%).

Nel confronto europeo l’Italia segna un ritmo di crescita tendenziale della produzione nel primo bimestre del 2023 del +2,4%, circa il doppio del +1,3% della media dell'Unione europea a 27.

Un segnale positivo arriva anche dal mercato del lavoro: le ultime previsioni di Unioncamere-Excelsior indicano previsioni di assunzioni nel trimestre maggio-luglio 2023 crescono del 25,8% rispetto lo stesso periodo dell’anno precedente.

I segnali di debolezza - L’aumento dei tassi da parte della BCE, l'ultimo di 25 punti base deciso una settimana fa, sta alzando il costo del credito. A marzo 2023 il tasso sui nuovi prestiti alle imprese fino a 250 mila euro è salito al 4,90%, con una crescita di 275 punti base in un anno, mentre il tasso sui prestiti per acquisto di abitazioni è salito al 4%, con un aumento di 234 punti base in un anno. Il rialzo dei tassi frena la domanda di credito: la dinamica dei prestiti per l’acquisto di abitazioni che a marzo decelera, segnando un +2,7% (era +3,4% a febbraio e +4,8% un anno prima). In rallentamento anche le compravendite di immobili residenziali che nella seconda metà del 2022 hanno intrapreso un sentiero di decrescita. Anche i prezzi del compravendite segnano una significativa decelerazione. Secondo le inchieste congiunturali di Banca d’Italia, le condizioni del mercato immobiliare si sarebbero indebolite anche nei primi mesi del 2023.

Il tono positivo della domanda di lavoro potrebbe essere indebolito della carenza di personale: a maggio 2023 la difficoltà di reperimento di lavoratori nelle costruzioni è del 59,0%, quasi tredici punti superiore al 46,1% della media.

Pesano i ritardi del PNRR. Nel settore delle costruzioni si addensa la maggiore crescita di valore aggiunto generata dagli interventi del Piano, con 2,4 punti percentuali su 11 punti complessivi. Di conseguenza, il comparto sconta un maggiore impatto del ritardo nell’attuazione, da cui sta derivando un marcato depotenziamento degli effetti sulla crescita: quest’anno gli interventi del Piano genereranno 1 punto di maggiore crescita del PIL, a fronte dell'1,5 previsto ad aprile 2022 e dell’1,9 previsto nel 2021.

 

 
Dinamica tendenziale e livello rispetto alla media del 2019 della produzione delle Costruzioni dal 2019
Gen. 2019-feb. 2023. Var. % tendenziale indice corretto per effetti di calendario e indice destagionalizzato 2019=100 - Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Istat

 

 
Impatto macroeconomico del PNRR: le previsioni 2021, 2022 e 2023
2021-2026 – scostamento rispetto scenario base - Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Mef
 


STUDI – Pulizia e sanificazione: ricavi +3,3% con 5,9 miliardi € da MPI. Su 50 mila imprese il 63% sono artigiane

 

Nel 2022 nelle attività di pulizia e disinfestazione operano 49.628 imprese e 466mila addetti, una struttura imprenditoriale che delinea una diffusa presenza dell’artigianato: le 31.363 imprese artigiane rappresentano, infatti, poco meno di 2 imprese del settore su 3 (63%) e danno lavoro a 79mila addetti, di cui 49mila dipendenti e 30mila indipendenti.

Secondo l’analisi condotta dall’Osservatorio MPI di Confartigianato Lombardia, la quota di imprese artigiane più elevata si riscontra in Trentino - Alto Adige con 80,2%, Piemonte con 78,8%, Liguria con  78,7%, Valle d'Aosta con 78,6 ed Emilia Romagna con 75,1%. La dimensione media di un impresa artigiana del settore è di 3,1 addetti per impresa ed è superiore ai 2,6 addetti rilevato per il totale imprese artigiane.

I numeri chiave del comparto sono al centro del talk odierno organizzato dalla Confartigianato Imprese di Pulizia e Confartigianato Lombardia, che si tiene nell’ambito di ISSA PULIRE, 26esima edizione della fiera internazionale dedicata alla pulizia e sanificazione professionale, a Milano dal 9 all’11 maggio 2023.

A livello dimensionale, il 96,5% delle unità sono micro e piccole con meno di 50 addetti (MPI) e occupano il 41,5% degli addetti: si tratta di circa 44mila unità locali delle imprese e 193mila addetti, che generano un fatturato di 5,9 miliardi di euro e un valore aggiunto di 3,4 miliardi di euro.

Nel confronto internazionale la quota di valore aggiunto creato dalle MPI delle pulizie e sanificazione in Italia è il 33,2% del comparto, quasi sei punti superiore al 27,3% della media Ue a 27, a fronte del 25,3% registrato in Spagna, del 22,9% in Francia e del 22,1% in Germania.

In chiave territoriale, più della metà degli addetti si concentra in unità di micro e piccola dimensione in Valle d'Aosta con 77,2%, Molise con 65,7%, Umbria con 63,0%, Piemonte con 53,0%, Marche con 51,0% e Calabria con 50,1%.

La rilevanza del comparto si è ampliata a seguito dell’intensificazione delle attività di sanificazione, igienizzazione e pulizia per contrastare gli effetti della pandemia. Nel 2022 il numero di imprese attive nel 2022 risulta superiore del 5,3% rispetto al 2019, anno pre Covid-19. Un analogo trend di crescita si rileva per l’artigianato che nel triennio vede il numero di imprese salire di 1.329 unità (+4,4%) contribuendo al 53% dell’incremento complessivo.

La performance positiva del settore si coglie anche dalla crescita del 3,3% del fatturato nel 2022, con un aumento cumulato del 5,9% rispetto al 2019.

 
Dinamica tendenziale fatturato imprese pulizia e disinfestazione
I trim. 2020-IV trim. 2022, var. % tendenziale - Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Eurostat

 

 
Quota di valore aggiunto delle MPI nel settore pulizia e disinfestazione
2020, % sul totale, Nace 812 - Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Eurostat


STUDI - La reazione alla crisi energetica: per 47% piccole imprese riduzione margini di profitto, ma sale la solidità

La crisi energetica ha impattato in modo severo sulle imprese italiane, ma le strategie di reazione adottate hanno consentito di superare le difficoltà e di mantenere un sentiero di crescita nel primo semestre del 2023. Nonostante la stretta monetaria in corso le imprese italiane hanno manifestato una buona propensione ad investire e, in particolar modo le piccole, una robusta domanda di lavoro, soprattutto per quello stabile.

La crisi energetica, iniziata nel 2021 e amplificata dalle conseguenze dell'invasione dell'Ucraina da parte della Russia, ha generato un rilevante caro bollette: le stime di Confartigianato indicano che nel 2022 le micro e piccole imprese hanno subito rincari per elettricità e gas per 23,9 miliardi di euro, con un impatto sul 6,1% del valore aggiunto prodotto.

Una recente rilevazione dell'Osservatorio MPI di Confartigianato Lombardia evidenzia che le difficoltà maggiormente riscontrate negli ultimi 12 mesi dalle imprese artigiane e di piccole dimensioni sono l’aumento dei prezzi delle materie prime (80,2%), l’alto prezzo di energia elettrica e gas (54,7%, che sale al 64,4% per le manifatturiere) e la mancanza di manodopera (29,1%).

Nella turbolenza energetica le imprese rimangono solide - L'analisi dei dati contenuti nel Rapporto sulla competitività dei settori produttivi dell’Istat delinea le modalità di reazione delle imprese all’ingente aumento dei costi dell’energia e delle altre commodities. Nonostante la pervasività dell’impatto dello shock energetico, il sistema imprenditoriale italiano ho mostrato un consolidamento della ripresa successiva alla pandemia. A fine 2022 la quota di imprese italiane che non intravedevano seri rischi operativi per la propria attività al primo semestre del 2023 è del 50,2% nella manifattura e del 58,9% nei servizi, a cui si aggiunge la quota di imprese che valutano l’attività “parzialmente solida”, rispettivamente del 36,3% e del 26,4%. La solidità del sistema imprenditoriale è in aumento rispetto ad un anno prima: a fine 2021 si dichiarava solido il 45,3% delle imprese manifatturiere e il 37,1% di quelle dei servizi, parzialmente solido rispettivamente il 38,6% e 39,8%.

Le strategie di reazione delle piccole imprese manifatturiere - La solidità del sistema delle imprese è stata accompagnata da strategie di reazione all’aumento dei prezzi di beni energetici e dei costi di approvvigionamento di prodotti intermedi. Vediamo nel dettaglio le opzioni adottate nel comparto manifatturiero, dove è più alta l'esposizione alla crisi energetica. Solo il 6,3% delle piccole imprese è stata costretta a ridurre o sospendere l’attività a seguito dei rincari delle materie prime energetiche e nel 2,9% a seguito dell'aumento dei costi dei beni intermedi. La sospensione dell'attività è stata più diffusa nelle imprese medie (8,8%) e grandi (8,7%).

La reazione più frequente è stata quello dell'aumento dei prezzi di vendita, meno diffusa tra le piccole imprese, attuata nel 57,7% dei casi per far fronte ai rincari dell'energia e nel 67,3% dei casi per assorbire i maggiori costi dei beni intermedi. Diffusa in poco meno della metà delle piccole imprese la riduzione dei margini di profitto (47,3% per costi energia e 46,6% per costi energetici).

Circa un quarto delle piccole imprese ha rinegoziato i contratti o cambiato il fornitore (22,2% per rincari energetici e 23,3% per costi beni intermedi). Un 13,2% delle piccole imprese ha indicato una maggiore efficienza energetica degli impianti e il 17,1% il consumo di elettricità autoprodotta, mentre per contrastare il caro commodities il 19,5% ha indicato la modifica dei volumi di beni intermedi acquistati. Grazie alle economie di scala sugli investimenti e al maggiore potere contrattuale, l’autoproduzione e l’efficienza energetica degli impianti sono più diffuse tra le imprese medio-grandi.

Dalla survey sulla MPI lombarde si conferma una diffusa riduzione dei margini, che ha interessato il 73,7% delle MPI e una apprezzabile propensione ad investire in tecnologie energy saving: il 13,5% delle micro e piccole imprese manifatturiere ha effettuato investimenti green nell'ultimo anno per far fronte al caro bollette e quelli maggiormente diffusi riguardano l’illuminazione a basso consumo energetico e la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili.

La reazione delle imprese dei servizi - L'analisi dei dati del report dell’Istat fornisce alcune evidenze anche per le imprese dei servizi, tra le quali vi è una minore diffusione dell’aumento dei prezzi di vendita, utilizzato dal 30,5% delle unità, con l’eccezione di quelle del turismo, per le quali la quota supera il 56%, mentre è diffusa la riduzione dei margini di profitto (46,5%), il risparmio energetico (42,5%), la rinegoziazione dei contratti di fornitura (37,9%) e la ricerca di autosufficienza energetica mediante l'elettricità autoprodotta (34,1%). Più marcata rispetto al manifatturiero la riduzione o sospensione di attività, rilevata nel 27,3% dei casi.

 
Reazione delle piccole imprese manifatturiere all’aumento dei prezzi energia e beni intermedi per classe di addetti
Dicembre 2022, % imprese - Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Istat

 
Reazione imprese manifatturiere all’aumento dei prezzi di beni energetici e dei beni intermedi per classe di addetti
dicembre 2022, % imprese - Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Istat