STUDI – Lavoro, in ritardo quello indipendente. Tasso di occupazione al top in provincia di Bolzano, Firenze, Bologna, Parma, Modena e Cuneo

In vista della Festa del lavoro, alcune evidenze statistiche sottolineano la ripresa del mercato del lavoro. Come evidenziato nell’analisi dell'Ufficio Studi pubblicata questa settimana da IlSussidiario.net a febbraio 2023 si consolida l’aumento degli occupati (+352mila in 12 mesi) sostenuto dalla componente del lavoro dipendente permanente (+515mila). Al centro di questa ripresa si collocano le micro e piccole imprese (MPI), un segmento a cui si riferisce meno della metà (48,9%) dei dipendenti ma che determina i due terzi (65,9%) delle entrate di lavoratori previste nel trimestre aprile-giugno 2023.

Vi è un sensibile ritardo nel recupero del lavoro indipendente, il segmento che ha maggiormente sofferta nella pandemia, che a febbraio 2023 registra 195 mila occupati in meno (-3,8%) rispetto a febbraio 2020, prima dello scoppio della pandemia.

L’analisi territoriale – L’evoluzione dell'occupazione totale e di quella indipendente è esaminata dall’Osservatorio MPI di Confartigianato Lombardia nel 24° report ‘Primavera 2023: tendenze, cambiamenti e incertezze’, presentato nei giorni scorsi .

Un’ulteriore evidenza in chiave territoriale delinea nel 2022 il completo recupero del tasso di occupazione pre pandemia in media nazionale, fenomeno diffuso in 18 regioni, 72 province e in 6 dei 13 grandi comuni.

Tra le regioni, valutando il livello del tasso di occupazione nel 2022 e la sua evoluzione rispetto all’anno pre pandemia, dietro a Trentino Alto-Adige (71,8%), si colloca la Valle d'Aosta (69,8%) che sale di 2 posizioni rispetto al 2019 e l’Emilia Romagna (69,7%), che perde una posizione; la Toscana con un tasso del 68,6% sale al 4° posto, guadagnando 2 posizioni.

Si osservano recuperi rispetto al livello del 2019 più marcati, e superiori alla media nazionale di +1,1 punti, per Puglia con +3,1 punti, Basilicata con +2,4 punti, Campania con +2,0 punti, Marche e Friuli-Venezia Giulia con +1,9 punti, Toscana con +1,8 punti, Calabria con +1,6%, Valle d'Aosta con +1,5 punti e Sicilia con +1,4% e Sardegna con +1,2 punti.

Tra le province, dietro a Bolzano che presenta un rapporto tra occupati e popolazione 15-64 anni del 74,1%, si posiziona Firenze che sale al 2° posto con il 71,9%, superando Bologna che con 71,6% scende al 3° posto. Balza al 4° posto Parma, scalando 12 posizioni (era 16° nel 2019) mentre al 5° troviamo Modena (era 9° nel 2019) e al 6° Cuneo (era 12° nel 2019).

Una più ampia differenza tra le quota di occupati sulla popolazione del 2022 rispetto a quella del 2019 si registra per Frosinone che recupera 8,0 punti del tasso di occupazione, Benevento con +7,8 punti, Brindisi con +6,7 punti, Enna, Lecce e Lucca con +5,6 punti, Vibo Valentia con +5,4 punti, Barletta-Andria-Trani con +4,1 punti, Viterbo con +3,9 punti, Pesaro e Urbino, Genova, Foggia con +3,8 punti,  Messina con +3,7 punti, Ascoli Piceno con +3,6 punti e Udine con +3,5 punti.

Nel complesso di 13 grandi comuni, rappresentativi del 16,0% dell’occupazione nazionale, i tassi di occupazione più elevati si osservano per Bologna con 73,0% che nel 2022 supera Milano (72,4%); seguono Firenze con 71,9%, Verona con 70,7% e Venezia con 70,6%.

Nel complesso, anche i 13 grandi comuni registrano un recupero (+0,4 punti) del livello pre crisi del tasso di occupazione. Il differenziale del tasso tra 2022 e 2019 è più ampio per Messina con +4,7 punti, Venezia con +3,3 punti, Genova con +3,1 punti, Palermo con +2,0 punti, Bari con +1,4 punti  e Napoli con +0,3 punti.

La serie del tasso di occupazione 2019-2022 per regione, provincia e 13 grandi comuni nell’Appendice statistica ‘Tasso di occupazione tra 2019 e 2022’ che integra i dati del mercato del lavoro del 24° report e della relativa Appendice statistica.

 

 
Dinamica occupati totali nelle regioni italiane
Var.% 2019-2022, 15-89 anni-primo gruppo regioni con oltre 1 milione di occupati - Fonte: 24° report Confartigianato su dati Istat

 
Tasso occupazione 2022 e 2019: le prime 30 province
2019 e 2022, % popolazione 15-64 anni - Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Istat

 
Tasso occupazione 2022 e 2019 in 13 grandi comuni
2019 e 2022, % popolazione 15-64 anni - Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Istat


STUDI – Luci e ombre sull’economia nella primavera del 2023. L’analisi di Confartigianato su IlSussidiario.net

L’inizio della primavera 2023 registra segnali di normalizzazione dopo la violenta crisi energetica esplosa nella scorsa estate. L’esame dei segnali statistici del 24° report presentato nei giorni scorsi, da cui emergono luci e ombre, è proposta nell’articolo 'I numeri dell'Italia / Tra luci e ombre, come cambia la nostra economia' a firma di Enrico Quintavalle, pubblicato su IlSussidiario.net.

Le luci - Nel Documento di economia e finanza 2023 varato dal Governo si stima una crescita del PIL dell’1,0%, migliorando il +0,7% previsto dal Fondo monetario internazionale e il +0,6% indicato a marzo dall’Ocse. Si tratta di un apprezzabile risultato in un contesto di bassa crescita mondiale e di diffuse strette monetarie, che poggia su alcuni significativi punti di forza delle imprese e dell’economia italiana. Vediamone alcuni.

Nel quarto trimestre 2022 gli investimenti in Italia segnano una crescita congiunturale del 2,0% mentre calano in Eurozona (-2,8%).

L’Italia, pur registrando una crescita dei prezzi alla produzione più contenuta di 0,7 punti alla media dell'Eurozona, ha visto salire le esportazioni del 20,0%, 1,3 punti in più rispetto alla Francia e addirittura 6,2 punti in più del +13,8% registrato dalla Germania.

Il buon andamento di alcuni indicatori nel periodo pasquale consolidano il recupero del turismo, in particolare di quello straniero: nel 2022 le presenze turistiche sono salite del 37,0%, con il traino di quelle straniere, salite dell’81,4%.

Le difficoltà delle famiglie conseguenti al rincaro dei prezzi sono attenuate dalla crescita dell'occupazione, in particolare modo di quella stabile. A febbraio 2023 si consolida l’aumento degli occupati (+352mila in 12 mesi) sostenuto dalla componente del lavoro dipendente permanente (+515mila), mentre segnano un calo le posizioni dipendenti a termine (-143mila) e quelle indipendenti (-20mila). Al centro di questa ripresa si collocano le micro e piccole imprese (MPI), un segmento a cui si riferisce meno della metà (48,9%) dei dipendenti ma che, secondo le ultime previsioni di Unioncamere-Anapal, determina i due terzi (65,9%) delle entrate di lavoratori previste nel trimestre aprile-giugno 2023.

E’ certamente una buona notizia il segnale di rientro dell’inflazione, che a marzo 2023, secondo l'indice armonizzato europeo, scende al +8,1% dal 9,8% di febbraio, discesa trainata dal rallentamento della dinamica dei prezzi dei beni energetici. Dopo la progressione del 2022, l’inflazione di fondo – al netto di energia e alimentari freschi - inizia scendere, passando dal +7,0% di febbraio al +6,8% di marzo.

Le ombre – La riduzione dell’inflazione di fondo non si registra, però, nell'Eurozona, rendendo meno probabile nella prossima seduta del 4 maggio una attenuazione della stretta monetaria da parte della Bce, che a marzo ha alzato i tassi di riferimento di ulteriori 50 punti base, cumulando un aumento di 350 punti base dall’estate dello scorso anno, con rilevanti ricadute sul costo del credito: tra giugno 2022 e febbraio 2023 il tasso di interesse sui prestiti entro un milione di euro aumenta di 242 punti base, arrivando al 4,39%. All’aumento del costo del credito si sta accompagnando una stagnazione (+0,1% a gennaio 2023) dei prestiti alle imprese.

L’inflazione pesa sui consumi delle famiglie, con i prezzi del carrello della spesa - beni alimentari, per la cura della casa e della persona - che crescono a doppia cifra (+12,6%, era +12,7% a febbraio). Mentre scendono la propensione al risparmio e il potere d’acquisto delle famiglie, a febbraio 2023 le vendite al dettaglio, in volume, calano del 3,5% su base annua e tra dicembre 2022 e febbraio 2023 scendono dello 0,6% rispetto al trimestre precedente.

La ripresa del mercato del lavoro potrebbe essere compromessa dalla crescente difficoltà di reperimento del personale che ad aprile, sempre sulla base dei dati Unioncamere-Anapal, è salita al 45,2%, quasi cinque punti in più rispetto al 40,4% di un anno prima, addirittura venti punti in più del 26,5% del 2019.

Pesano le incertezze sull’evoluzione dei prezzi dell'energia. Nel DEF si stima nel 2023 un calo del 18,5% del prezzo del petrolio, ma il taglio della produzione dell'Opec+ a inizio mese ha portato al 18 aprile ad un rialzo del 13,5% su base mensile del costo del barile di Brent. Le quotazioni del gas scendono, ma nei primi cento giorni del 2023 rimangono su un livello più che triplo rispetto a quello del 2019. Dopo la riduzione del 55,3% del costo dell'energia elettrica nel secondo trimestre 2023, l'Autorità di regolazione per energia reti e ambiente delinea uno scenario con volatilità crescente e "quotazioni per il terzo e quarto trimestre in rialzo, con aumenti di circa il 10% nel terzo trimestre e del 25% nel quarto trimestre rispetto alle quotazioni del secondo trimestre". I prezzi delle materie prime non energetiche, seppur in discesa, a marzo 2023 rimangono del 46,9% superiori alla media del 2019.

Una crisi idrica conseguente alla siccità penalizzerebbe le 91mila imprese dei settori manifatturieri con un più intenso utilizzo di acqua localizzate nel Centro Nord, le quali danno lavoro a 1,1 milioni di addetti e realizzano 197,6 miliardi di euro di export.

Sul fronte dei conti pubblici, la stretta monetaria ha spinto in alto la spesa pubblica per interessi che nel 2022 è salita al 4,4% del PIL, un livello che non si registrava da otto anni. Tra il 2022 e il 2026 la spesa per remunerare i titoli del debito pubblico sale di 17,4 miliardi di euro (+20,9%), arrivando a 100,6 miliardi di euro, mentre uno dei pilastri del sistema di welfare, la spesa sanitaria, aumenta di soli 7,3 miliardi (+5,6%), che in rapporto al PIL equivale ad una discesa di 0,7 punti.

Tra il 2022 e il 2026 il DEF 2023 delinea un consistente sforzo fiscale, con l’indebitamento che nel 2026 si colloca addirittura al di sotto del limite del 3% previsto dagli attuali trattati europei, accompagnando il sentiero di discesa del rapporto tra debito e PIL. Si fa concreta una pericolosa sincronizzazione restrittiva tra politica fiscale e politica monetaria. Gli spazi fiscali appaiono limitati per conseguire, nella prospettiva di più lungo periodo, gli obiettivi di una riduzione strutturale della pressione fiscale sui fattori produttivi, della riqualificazione della spesa pubblica e del sostegno della domanda per investimenti, che sarà penalizzata dalla stretta monetaria. Su questo fronte, nel 2022 gli investimenti pubblici sono tornati a scendere (-1,1%), invertendo la tendenza del precedente triennio. Sul calo hanno influito le carenze nei processi organizzativi della Pubblica amministrazione che stanno ritardando l’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). La posticipazione degli interventi abbassa in modo significativo l’impatto macroeconomico del Piano nel periodo 2021-2026 delineato nel Piano Nazionale di Riforma del DEF 2023 rispetto alle precedenti stime.


STUDI – 56% made in Italy ad alta intensità di design. Maggiore vocazione in Marche, Friuli-Venezia Giulia, Veneto e Piemonte

 

Il disegno del prodotto costituisce un fattore competitivo strategico dell’offerta manifatturiera italiana e l’analisi dell’Ufficio Studi, a firma di Enrico Quintavalle, pubblicata nell’ultimo numero di Spirito Artigiano ha delineato la sua diffusione nella produzione del made in Italy, nella quale l’intreccio della materialità del prodotto con elementi immateriali si concretizza in una ampia gamma di oggetti dell’artigianato artistico.

L’ibridazione tra design e manifattura: i prodotti -  L’analisi dell’Ufficio Studi, che si basa sulla propensione settoriale all’innovazione mediante il design calcolata utilizzando i dati dell’ultimo censimento permanente delle imprese dell’Istat, delinea una moltitudine di beni il cui design ne caratterizza il percorso innovativo e lo standard qualitativo: si tratta di prodotti della tessitura, tappeti e capi di abbigliamento, carta, lavorazione del vetro, realizzazioni in ceramica, prodotti in gesso per l'edilizia, metalli preziosi, contenitori in metallo per caldaie, armi sportive, coltelleria e posateria, serrature, prodotti di elettronica di consumo audio e video, strumenti e apparecchi di misurazione, prova e navigazione, orologi, lampade e apparecchi di illuminazione, elettrodomestici e apparecchi per uso domestico, macchine per l’industria alimentare e delle bevande, macchine per le imprese della moda, autoveicoli, navi e imbarcazioni da diporto, aeromobili, motocicli, biciclette, gioielleria e oreficeria, bigiotteria, strumenti musicali, articoli sportivi, giochi e giocattoli e mobili.

Il design al Salone del Mobile di Milano - E proprio per quest’ultimo prodotto, questa settimana è in corso a Milano il Salone Internazionale del Mobile, evento che celebra la contaminazione di design, progettazione e produzione del made in Italy, in occasione del quale l’Ufficio Studi di Confartigianato ha pubblicato una  analisi dedicata al comparto del legno e mobile predisposta in collaborazione con l’Osservatorio MPI di Confartigianato Lombardia.

Le filiere ad elevata intensità di design - Sulla base dell’indicatore utilizzato si delineano quattordici filiere del made in Italy ad elevata contaminazione del design: moda, bevande, legno e mobili, gomma e materie plastiche, vetro, ceramica, computer, elettronica e apparecchiature elettriche, macchinari, autoveicoli, altri mezzi trasporto e altre manifatturiere tra cui gioielleria e occhialeria. In questo perimetro settoriale si contano 187mila imprese, con una elevata vocazione artigiana, misurata da 114mila imprese artigiane che rappresentano il 61% del totale. Tra i 2,1 milioni di addetti nei settori ad elevata intensità di design, quasi la metà dell'occupazione, pari a 984mila addetti, lavora in 181mila micro e piccole imprese a valore artigiano. La maggiore presenza dell'artigianato e delle micro e piccole imprese si riscontra in settori del made in Italy che hanno connotato la storia e il patrimonio culturale dell'Italia: prodotti in legno, i mobili, la moda - tessile, abbigliamento e pelle – il vetro e la ceramica, la gioielleria e l’occhialeria.

L’intreccio tra design e manifattura sul territorio – In questa nota proponiamo per la prima volta una analisi della distribuzione del territorio delle imprese manifatturiere ad elevata intensità di design, i cui addetti rappresentano il 12,4% degli addetti del totale economia. Tra le regioni si osservano le incidenze maggiori per Marche con il 22,1%, Friuli-Venezia Giulia con il 19,2%, Veneto con il 19,2% e Piemonte con il 19,0%. Tra le province si rileva una quota pari ad almeno un quinto a Prato (40,5%), Fermo (37,1%), Belluno (33,0%), Pordenone (29,5%), Vicenza (27,5%), Biella (26,1%), Treviso (25,4%), Arezzo (24,8%), Modena (24,0%), Pesaro e Urbino (24,0%), Macerata (22,5%), Varese (21,5%), Pisa (21,2%), Reggio Emilia (21,2%), Chieti (21,1%), Mantova (20,1%) e Torino (20,1%).

Il quadro per regione e provincia delle imprese totali, micro e piccole imprese (MPI), imprese artigiane e relativi addetti dei settori ad elevata intensità di design e delle imprese e addetti delle attività di design specializzato ed il quadro nazionale delle entrate di disegnatori con dettaglio di difficoltà di reperimento è proposto nella Appendice statistica “I settori ad elevata intensità di design e l’offerta di design per territorio”. Qui per scaricarla in ‘Studi e Ricerche’.

Il design e leadership del made in Italy – Nelle 14 filiere esaminate in questa nota si concentra più di metà (56%) delle esportazioni del made in Italy, che nel 2022 è salito a circa 350 miliardi di euro, il 18,3% del PIL. Su alcuni segmenti di produzione caratterizzata dal design l’Italia è leader europeo, essendo il primo esportatore tra i 27 paesi dell’Unione europea di gioielleria, navi e imbarcazioni da diporto, macchine per l’alimentazione, apparecchi per uso domestico non elettrici, piastrelle in ceramica per pavimenti e rivestimenti e i prodotti della moda come le calzature e i prodotti in pelle, quelli di abbigliamento, le pellicce, la maglieria e i prodotti della tessitura.

 

L’offerta di design - La vasta domanda di design determinata dalla considerevole produzione di beni, venduta in tutto il mondo, stimola l’offerta di 8.119 unità locali di imprese specializzate nell’attività di design, che danno lavoro a 17.183 addetti: si tratta di fashion design principalmente connesso a moda, gioielli, mobili e arredamento e di design industriale comprensivo delle attività di ideazione e sviluppo di progetti e specifiche tecniche necessarie per facilitare l'uso, accrescere il valore, migliorare l'estetica dei prodotti nonché della definizione e scelta di materiali, meccanismi di funzionamento, forme, colori, rifiniture esterne, tutte attività che possono essere svolte anche tenendo conto di bisogni umani, sicurezza, interesse del mercato ed efficienza in produzione, distribuzione, utilizzo e manutenzione.

A tali attività core di design si affiancano le attività dei disegnatori grafici che operano nello sviluppo di pagine web, nella grafica pubblicitaria o sono illustratori (16.939 imprese e 23.559 addetti), quelle dei disegnatori tecnici che riproducono cartamodelli (7.476 imprese e 9.742 addetti) e le altre attività di design, svolte principalmente dagli arredatori (4.564 imprese e 5.478 addetti): nel complesso le attività di design specializzate arrivano a contare 37.098 unità e 55.963 addetti. Le regioni che risultano più specializzate nell’attività di design sono territori export lead, come la Lombardia, il Piemonte, l’Emilia-Romagna, le Marche, la Provincia Autonoma di Bolzano e il Veneto. Aumentando il dettaglio territoriale, la maggiore vocazione al design si registra nelle province di Fermo, Como, Milano, Modena, Novara, Torino e Viterbo.

Difficili da reperire 6 disegnatori su 10 - Le competenze del capitale umano rappresentano un fattore chiave di successo per un’attività professionale che sta affrontando le sfide dell’applicazione dell’intelligenza artificiale generativa alla creazione di modelli di design industriale. L’analisi dei dati rilevati da Unioncamere-Anpal evidenzia che nel 2022 le imprese italiane indicano 22.280 entrate di disegnatori industriali. Per tutte le entrate hanno una elevata importanza le competenze digitali e nel 59,1% dei casi, pari a 13.160 unità, sono di difficile reperimento. Tale indicatore, tra le maggiori regioni, registra una maggiore accentuazione in Veneto (63,0%) e Piemonte (61,4%), mentre per l’inserimento di un potenziale designer servono mediamente 4,9 mesi di ricerca, contro una media di 3,9 mesi per le professioni tecniche.

 
Peso dei settori ad alta intensità di design per regione
Anno 2020. % addetti totale economia in imprese attive. Ateco 2007: 11, 13, 14, 15, 16, 22, 23, 26, 27, 28, 29, 30, 31 e 32 - Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Istat
 
 
Le 45 province per peso dei settori ad alta intensità di design sopra alla media
Anno 2020. % addetti totale economia in imprese attive. Ateco 2007: 11, 13, 14, 15, 16, 22, 23, 26, 27, 28, 29, 30, 31 e 32 - Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Istat

 
Entrate di disegnatori industriali di difficile reperimento nelle regioni
Previsioni per il 2022. % su totale entrate della professione. Primo gruppo: regioni con oltre 700 entrate della professione - Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Unioncamere-ANPAL, Sistema Informativo Excelsior


ANARA - Importanti e positivi riscontri del MIMS sulla revisione dei veicoli pesanti

'Importanti e positivi riscontri rispetto alle problematiche che avevamo posto all’attenzione del Ministero Infrastrutture e Mobilità Sostenibili, nella direzione sollecitata dalla Categoria'. Questo il commento del Presidente di Confartigianato Anara, Vincenzo Ciliberti, al termine dell'incontro con il Direttore generale della Motorizzazione, Pasquale D'Anzi, sul tema delle revisioni dei mezzi pesanti.

Nella riunione svoltasi il 14 aprile è stata prospettata la linea di azione che sta seguendo il MIMS per completare il quadro attuativo della norma sull’affidamento delle revisioni dei veicoli pesanti alle officine private e varare il nuovo modello operativo di esternalizzazione del servizio, attraverso una fase propedeutica ibrida, di progressiva evoluzione delle officine operanti in regime di Legge 870/86.

'Nel corso dell’incontro - sottolinea Ciliberti - abbiamo espresso il nostro apprezzamento per il recepimento da parte del Ministero dei principi fondamentali da noi sollecitati che riconoscono la validità dell’attuale assetto delle revisioni affidate ai centri di controllo e il qualificato contributo del settore, a supporto dell’Amministrazione per il miglioramento dei livelli di sicurezza stradale. Particolarmente positive e importanti - abbiamo evidenziato – le rassicurazioni sul fatto che il modello regolatorio delle revisioni dei veicoli pesanti non va a creare alcuna interferenza sul sistema dei veicoli leggeri che rimane confermato nel suo assetto consolidato'.
Le novità comunicate dal MIMS
Secondo le anticipazioni, pur restando ferma la logica rigorosa del modello improntato all’efficacia e all’efficienza dei controlli a garanzia della sicurezza stradale, al fine di mitigare l’impatto sui centri di controllo e venire incontro alle sollecitazioni del settore, saranno apportati alleggerimenti all’impianto che era stato previsto per ottemperare alla normativa. Arriva la conferma che il modello regolatorio di revisione dei veicoli pesanti in fase di messa a punto non è in alcun modo sovrapponibile a quello previsto per i veicoli leggeri. Centro di controllo e ispettori devono essere due soggetti diversi. E’ stato rimarcato che si tratta di un punto imprescindibile non emendabile, una conditio sin qua non ai fini della terzietà/imparzialità della revisione, per cui deve essere evitata qualsiasi forma di interferenza tra l’ispettore incaricato per la specifica seduta e il centro di controllo. Questo disaccoppiamento delle figure viene previsto nell’interesse collettivo come unica strada imprescindibile per garantire l’indipendenza della revisione che non può essere condizionata da un mercato polarizzato (come nel caso, per esempio, delle grandi flotte).
Regole e tariffe
Il percorso per facilitare la transizione dei “centri 870” al nuovo modello, si fonda due pilasti: regole tecniche precise su come devono essere strutturati i centri di controllo che operano sui veicoli pesanti, cercando un equilibrio tra requisiti qualitativi/quantitativi e sulla tariffa che l’autotrasportatore dovrà corrispondere per remunerare il centro di controllo.

I due ambiti “REGOLE” E “TARIFFA” saranno oggetto di appositi decreti a cui sta lavorando il Ministero, secondo modalità e tempistiche idonee a consentire alle imprese di ponderare la scelta e programmare gli investimenti necessari per operare in conformità. Per quanto concerne la tariffa, il decreto sarà adottato di concerto con il Ministero Economia e Finanze, anche in considerazione delle delicate implicazioni sulle dinamiche del mercato.
Ispettori autorizzati, requisiti dei centri di controllo, revisioni prenotate e non effettuate, piattaforma web
Il MIMS ha fornito ragguagli anche in merito al rapporto di lavoro tra ispettore autorizzato e centro di verifica, chiarendo che l'ambito contrattualistico non è di sua competenza, e sui requisiti di idoneità richiesti ai centri di controllo (saranno rivisti e alleggeriti alcuni parametri come richiesto da Confartigianato). Anche per quanto concerne i requisiti ISO sarà prevista una semplificazione (probabilmente attraverso la norma ISO 90001). Sempre nella logica del massimo efficientamento del servizio, l’assenza del mezzo, senza preavviso, alla seduta di revisione prenotata e autorizzata comporta comunque l’addebito del costo all’autotrasportatore, in quanto crea disfunzionalità e oneri per il sistema e pregiudica l’accesso agli slot per altri utenti.

A regime, informa il MIMS, sarà disponibile una piattaforma informatizzata per gestire (con o senza intermediazione di Agenzie) il servizio revisioni sui mezzi pesanti con un sistema automatico di matching tra domanda e offerta, in grado di contemperare e soddisfare in modo funzionale ed efficace le esigenze dei settori direttamente coinvolti dell’autotrasporto e dell’autoriparazione.
Ulteriori richieste di ANARA
Confartigianato ANARA, nell'esprimere apprezzamento per la direzione intrapresa dal ministero, ha rappresentato la necessità di favorire un progressivo adeguamento alle nuove prescrizioni normative e venire incontro alle esigenze operative dei centri, sollecitando la proroga di due anni della scadenza di novembre 2023 prevista dal DM MIMS 446/21, per consentire la continuità dell’attività in regime di Legge 870/86 e chiedendo di privilegiare la modalità FAD per la formazione di aggiornamento degli ispettori nella misura dell’80%, limitando quella in presenza al 20%.

 


STUDI – Salone del Mobile, in Italia 48mila imprese del legno e mobili e made in Italy per 15,1 miliardi di euro

Oggi si è aperto a Milano il Salone Internazionale del Mobile, evento che celebra la contaminazione di design, progettazione e la produzione del made in Italy del legno e dell'arredo.

Alla fine del 2022 il settore di Legno e Mobili in Italia conta 48mila imprese attive, precisamente 28.600 del Legno e 19.793 dei Mobili, numero in riduzione del 7% rispetto allo stesso periodo dell'anno pre crisi del 2019, e conta 213mila addetti. Elevata la vocazione artigiana: le 35mila imprese artigiane contano 86mila addetti rappresentano del settore il 72,9% delle imprese ed il 40,4% degli addetti. Gli addetti del Legno e Mobili rappresentano l'1,2% degli addetti del totale economia, ma in chiave territoriale - qui il focus sul distretto lombardo dell’Osservatorio MPI di Confartigianato Lombardia - la diffusione è più che doppia, a livello regionale, per Friuli-Venezia Giulia con il 5,0%, Marche con il 3,9%, Provincia Autonoma di Bolzano con il 3,0% e Veneto con il 2,5% e, a livello provinciale, per Pordenone (10,4%), Pesaro e Urbino (9,0%), Treviso (6,5%), Como (4,7%), Udine (4,1%), Monza e Brianza (3,9%), Macerata (3,3%), Bolzano (3,0%), Forlì-Cesena (2,9%), Matera (2,9%), Pistoia (2,9%), Bari (2,5%) e Gorizia (2,5%).

L’export del legno e mobili nel 2022 vale 15,1 miliardi di euro - di cui l’82,1% rappresentato dai 12,4 miliardi di made in Italy dei mobili -  ed è salito del 14,4% rispetto all’anno precedente. Tra i maggiori mercati esteri, crescite superiori alla media per Canada con il 28,4%, Emirati Arabi Uniti con il 28,4%, Israele con il 26,2%, Stati Uniti con il 24,8%, Paesi Bassi con il 19,9% e Spagna con il 19,7%. In termini di volume il 2022 ha segnato un calo del 3,4%, ma rispetto al 2019 il comparto dei mobili segna un più che completo recupero dei volume venduti all’estero (+4,1%), una performance migliore rispetto al +1,3% dei volumi dell’export manifatturiero.

Nel 2022 si consolida il recupero dei livelli di attività precedenti alla pandemia: nel settore dei prodotti legno la produzione è salita del 3,7% rispetto al 2021 e si colloca al di sopra del 15,6% rispetto al 2019, mentre la produzione dei mobili è salita dello 0,9% in un anno e si posiziona al di sopra del 5,9% rispetto al livello del 2019. Nel confronto internazionale il recupero della produzione italiana è migliore del +1,3% dell’Ue a 27 e il nostro Paese primeggia tra i sette maggiori produttori di mobili dell’Eurozona, superando il +4,1% della Spagna ed il +3,7% dell’Austria, mentre sono in territorio negativo la Svezia con -4,3%, i Paesi Bassi con -5,0%, la Francia con -5,5% fino al -9,6% della Germania. Tra i maggiori produttori Ue fa meglio dell’Italia solo la Polonia con +18,1%.

Nel corso della ripresa post pandemia è cresciuta anche nel settore in esame la quota di imprese che lamentano la mancanza di manodopera. Questa evidenza la cogliamo attraverso l’elaborazione dei dati Excelsior-Unioncamere secondo  la quale, a fronte di domanda di lavoro dinamica annuale del 2022 molto vivace per le imprese di Legno e Mobili (+25,1% delle entrate previste, il doppio rispetto al +11,6% del totale economia), le entrate difficili da reperire sono il 52,1% del totale, superiore di 11,6 punti percentuali rispetto alla media di 40,5% e di 7,2 punti rispetto al 44,9% del Manifatturiero esteso; sono 25.940 i lavoratori difficili da assumere ed in particolare il 58,5% per ridotto numero di candidati e 36,8% per inadeguatezza. Tra le figure più ricercate dalle imprese di Legno e Mobili - almeno mille entrate - quelle con difficoltà di reperimento superiore alla media del settore sono: tappezzieri e materassai (75,5%), installatori di infissi e serramenta (70,2%), disegnatori industriali e professioni assimilate (68,5%), verniciatori artigianali ed industriali (67,0%), falegnami e attrezzisti di macchine per la lavorazione del legno (59,4%) e operai addetti a macchinari di produzione in serie di mobili e articoli in legno (57,0%). In particolare, i falegnami e attrezzisti di macchine per la lavorazione del legno sono i lavoratori più ricercati dal settore, ma si fa fatica a trovarne 9.150 che rappresentano il 35,3% delle entrate difficili da reperire nel settore.

Il quadro delle imprese totali ed artigiane e delle esportazioni per regione e provincia e quello nazionale delle entrate con dettaglio di difficoltà di reperimento del settore di Legno e Mobili è proposto nella Appendice statistica "Legno e Mobili: imprese, artigianato, made in Italy e professioni richieste", elaborata in collaborazione con l’Osservatorio MPI di Confartigianato Lombardia. Qui per scaricarla.

 

 
Peso degli addetti del Legno e Mobili su addetti del totale economia per regione
Anno 2020. % addetti in imprese attive. Ateco 2007: 16 e 31 - Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Istat

 
Quota di entrate difficili da reperire per le professioni più richieste da Legno e Mobili
Previsioni per il 2022. % su totale entrate della professione (almeno 500 entrate). Primo gruppo: almeno 1.000 entrate - Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Unionca