STUDI – Le prospettive e le incertezze del 2023 per il sistema delle imprese del made in Italy
Il 2022 è stato un anno contrastato, da un lato caratterizzato da una crisi energetica, diventata drammatica dopo l'invasione dell'Ucraina da parte della Russia, e dall’altro da una crescita dell'Italia che è stata superiore a quella di Cina, Stati Uniti, Giappone, Francia e Germania, grazie alla sostenuta dinamica degli investimenti. La stretta monetaria per ridurre l’inflazione - che a dicembre è al 9,2% in Eurozona e al 12,3% in Italia - e lo spostamento in avanti della spesa prevista dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) portano ad una vistosa decelerazione della dinamica degli investimenti, che nel 2023 è prevista in salita del 2,8%, dopo il più performante +9,7% dell'anno appena concluso. Gli investimenti in costruzioni – driver della ripresa post pandemia - dopo una crescita a doppia cifra nel 2022 (+10,9%) si fermano al +2,2% nel 2023.
L’analisi dell’Ufficio Studi che delineare le prospettive del nuovo anno è proposta nell’articolo “I numeri Della Crisi/ Il 2023 all'insegna dell'incertezza per le imprese del made in Italy” a firma di Enrico Quintavalle, pubblicato oggi su IlSussidiario.net.
La Bce ha preannunciato nuovi aumenti dei tassi «in misura significativa a un ritmo costante per raggiungere livelli sufficientemente restrittivi da assicurare un ritorno tempestivo dell’inflazione all’obiettivo del 2% nel medio termine». Anche la politica fiscale ha una intonazione deflattiva, sincronizzata con quella monetaria: il deficit pubblico è previsto in sensibile riduzione, passando dal 5,6% del 2022 al 4,5% del 2023. Quest’anno i consumi collettivi, in termini reali, scendono dell'1,1%, mentre la spinta espansiva della domanda pubblica rimane affidata agli investimenti finanziati dal PNRR.
La politica deflazionistica potrebbe ridurre eccessivamente la domanda e nel 2023 vi è un rischio concreto di stagflazione: secondo le ultime valutazioni del Fondo monetario internazionale, metà dell'Unione europea sarà in recessione. L’Italia, insieme con l’Eurozona, è già entrata in recessione tecnica, con due cali consecutivi del PIL, nel terzo trimestre del 2022 e nel primo del 2023 (tavola 2, Autumn 2022 Economic Forecast della Commissione europea). Secondo le ultime previsioni di Banca d'Italia, la crescita attesa per il 2023 è dello 0,4% contro il 3,8% del 2022, il tasso d'inflazione dovrebbe scendere al 7,3% dopo il picco dell'8,8% dello scorso anno, mentre il tasso di disoccupazione si stabilizza all'8,2%.
Sono numerosi i fattori di incertezza che pesano sulle decisioni delle imprese: l’evoluzione del conflitto in Ucraina, le tendenze dei salari e la velocità di rientro dell'inflazione, una recrudescenza dei contagi su scala mondiale e i ritardi di attuazione del PNRR, per il quale nel 2023 vanno raggiunti 96 obiettivi. Una elevata inflazione grava sui costi di produzione delle imprese e, riducendo il reddito reale delle famiglie, deprime i consumi mentre la restrizione monetaria determina effetti recessivi sugli investimenti. Il bilancio pubblico dell'Italia, a causa dell'elevato debito pubblico, è più esposto al caro tassi: la spesa per interessi nel 2022 e 2023 sale al 4,1% del PIL (era 3,6% nel 2021). In due anni la spesa per interessi sale di 17,8 miliardi di euro, oltre quattro volte l'aumento di 3,9 miliardi registrato dalla spesa sanitaria.
Nel corso degli ultimi mesi del 2022 si allentano le tensioni sul mercato energetico, a seguito del calo della domanda, e le strozzature nelle catene globali del valore, con una riduzione dei tempi di consegna e una attenuazione degli ostacoli alla produzione causati dalla scarsità di materiale.
Si delinea un rallentamento del commercio internazionale e le esportazioni, dopo aver registrato un aumento del 10,4% nel 2022, decelerano vistosamente, segnando nel 2023 un +1,8%, mentre le importazioni salgono del 4,3%. Le imprese affrontano il nuovo anno segnando il secondo rialzo consecutivo del clima di fiducia, che a dicembre migliora in tutti i comparti ad eccezione delle imprese della manifattura.
Le incertezze delle imprese del made in Italy - La manifattura inizia il 2023 all’insegna dell’incertezza. Oltre un terzo (36,8%) delle micro e piccole imprese (MPI) manifatturiere ritiene difficile da prevedere l'andamento futuro dei propri affari (era il 29,4% un anno prima) e il 45,2% lo ritiene abbastanza difficile da prevedere (47,1% un anno prima).
La crisi energetica sta colpendo i settori manifatturieri più energy intensive e, proprio in questi settori, sale la domanda di credito per poter sostenere gli esborsi per le bollette, con costi dei prestiti crescenti a causa della stretta monetaria operata dalla Bce, che da luglio a dicembre ha aumentato i tassi di 250 punti base. A fronte degli elevati prezzi del gas, le imprese riducono i consumi e l’attività produttiva: a novembre 2022 la domanda di gas della manifattura è inferiore del 20,5% rispetto ad un anno prima. Sale la difficoltà di accesso al credito, la quale registra una intensità che non si riscontrava dalla crisi del debito sovrano del 2011. La persistenza degli alti costi dell’energia può diffondere i casi di lockdown energetico: nel 2023 il prezzo del gas è previsto a 123,6 euro/MWh, in linea con la media del 2022 (122,5 euro/MWh), ma oltre il doppio delle quotazioni del 2021. A dicembre in Italia i prezzi dei beni energetici - elettricità, gas e carburanti - salgono su base annua del 65,1%, in Eurozona del 25,7%: la divaricazione dell'inflazione energetica pone un serio problema di competitività alle imprese italiane esposte alla concorrenza internazionale, con la manifattura tedesca che beneficia di interventi statali contro il caro energia di 2,3 punti di PIL superiori a quelli varati in Italia.
Pur in un contesto di riduzione del deficit, gli effetti della manovra di bilancio varata a fine dicembre in Italia sono espansivi, ma si concentrano nel sostegno dei consumi, mentre sono limitati quelli che incentivano gli investimenti, una componente della domanda già penalizzata dalla stretta monetaria.
Il commercio internazionale rallenta e nei primi dieci mesi del 2022 ristagna (+0,3%) il volume delle esportazioni. Sulla tenuta dell’export ha influito positivamente l'apprezzamento del dollaro, tendenza che si è invertita in autunno. Il cambio dell'euro, partito a 1,13 dollari ad inizio 2022, a ottobre è sceso a 0,98 dollari, per risalire a dicembre a 1,06 dollari.
Sul rallentamento degli scambi internazionali pesano le diffuse strette monetarie deflazionistiche e la frenata dell’economia cinese: i prodotti italiani più venduti in Cina, i macchinari, nei primi dieci mesi del 2022 segnano un calo di vendite del 15,3%.
La manifattura mantiene una robusta domanda di lavoro, con gli occupati che nel terzo trimestre del 2022 salgono dell’1,2% rispetto lo stesso periodo dell’anno precedente. Tra le principali regioni manifatturiere, la locomotiva è il Veneto con un aumento del 3,8%, seguito dalla Lombardia con un +1,8% mentre è stabile l’Emilia-Romagna. Persiste una elevata difficoltà di reperimento della manodopera che a gennaio 2023 è rilevata da Unioncamere e Anpal per il 55,8% delle assunzioni previste di operai specializzati e conduttori di impianti e macchine.
STUDI – 2022, chiude un anno di anomalie energetiche. L’analisi di Confartigianato su IlSussidiario.net
Si sta chiudendo un anno in cui i mercati energetici hanno evidenziato condizioni di stress da cui sono derivate criticità simultanee e di natura straordinaria, difficili da ritrovare nel passato.
L’analisi di alcune evidenze sul mercato energetico che hanno connotato l’anno che si chiude è proposta nell’articolo “I Numeri 2022/ Micro e piccole imprese: 24 mld di euro bruciati dal caro bollette” a firma di Enrico Quintavalle, pubblicato su IlSussidiario.net.
Le tensioni prevalenti si sono manifestate sul mercato del gas. Una carenza di offerta è stata causata dalle manutenzioni di numerosi impianti, rinviate a causa della pandemia, dall’incidente al gasdotto Nord Stream e dalla riduzione delle forniture spot dalla Russia, flusso dirottato verso i propri depositi di stoccaggio. Numerosi i fattori che hanno agito sulla domanda di gas, a cominciare dalla siccità in Brasile e dall’assenza di vento (la ‘siccità eolica’) nel Nord Europa, scoppiate nel 2021. Dallo scorso febbraio, quando la Russia ha invaso l'Ucraina, sui mercati internazionali si è riversata la domanda necessaria per sostituire rapidamente le forniture russe. Nel corso dell’estate si è registrata una eccezionale richiesta di gas per ricostruire le scorte necessarie per l’inverno, mentre la siccità nei paesi del Sud Europa ha fatto crollare la produzione idroelettrica. In Francia, la crisi del sistema di centrali nucleari – in autunno quasi la metà dei reattori sono fermi per manutenzioni, riparazioni e agitazioni sindacali - ha costretto ad aumentare di oltre un terzo la produzione francese di elettricità con il gas e più che raddoppiare le importazioni di elettricità, in parte generata con il gas.
Il prezzo del gas europeo, già instradato in un sentiero di crescita dall'anno precedente, nel 2022 deraglia, per raggiungere il picco ad agosto, per poi scendere nei mesi successivi a seguito delle temperature miti in autunno, dell’avvenuto riempimento degli stoccaggi e del forte calo della domanda di gas da parte delle imprese manifatturiere: nel trimestre settembre-novembre 2022 i consumi dell’industria scendono del 22,2% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Il bilancio dell’escalation delle quotazioni è pesante: il prezzo del gas medio nel 2022 risulta del 236,6% superiore rispetto all’anno precedente. A seguito del maggiore uso di gas per la generazione elettrica registrato in Italia, le ricadute sui prezzi retail pagati da imprese e famiglie sono drammatiche. A novembre 2022 i prezzi al consumo dell'elettricità salgono del 174,8% a fronte del +39,7% dell’Eurozona, il +27,1% della Germania e il +9,8% della Francia. Nel nostro Paese i prezzi dell’energia elettrica sul mercato libero, seppur in rallentamento, registrano una crescita del 239,0%. Sempre a novembre, l'Italia sale al primo posto in Ue per dinamica dei prezzi dell'energia (elettricità, gas, altri combustibili e carburanti).
Oltre sei punti di valore aggiunto delle micro e piccole imprese italiane, pari a 23,9 miliardi di euro, sono bruciati dal caro bollette. L'economia manifatturiera italiana perde di competitività rispetto alle imprese tedesche e statunitensi. Nel confronto internazionale proposto da Giovanni Sgaravatti, Simone Tagliapietra e Georg Zachmann per Bruegel gli interventi contro il caro energia in Germania sono di 2,3 punti di PIL superiori a quelli dell’Italia, nonostante l’inflazione energetica tedesca sia di 28 punti inferiore a quella italiana. Se nel 2019 il gas europeo costava 1,9 volte quello statunitense, nel 2022 il prezzo europeo è 6,4 volte quello pagato negli Usa.
Anche l’analisi dei flussi di gas desunti dal bilancio redatto dal Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica delinea il 2022 come un anno particolare. Nei primi dieci mesi del 2022 il volume di gas importato sale del 2,8% su base annua, combinazione di un aumento del +36,5% dell’import di gas naturale liquefatto (GNL) - i principali fornitori sono il Qatar (44,6% dell’import), gli Stati Uniti (26,4%) e l’Algeria (10,7%) - mentre scende del 2,7% il flusso in ingresso attraverso i gasdotti. Nei primi dieci mesi del 2022 i flussi di gas immessi a Tarvisio provenienti dalla Russia scendono del 46,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente e del 24,9% quelli immessi a Gela provenienti dalla Libia. In contro bilanciamento, è quasi quintuplicato (+372,2%) il volume di gas proveniente da Paesi Bassi e Norvegia in ingresso a Passo Gries, salgono del 53,4% quello in arrivo dall’Azerbaigian, attraverso il TAP con immissione a Melendugno, e sono in salita (+11,7%) anche le importazioni immesse a Mazara del Vallo provenienti dall’Algeria, che nel 2022 diventa il primo fornitore di gas dell’Italia.
Lo switch tra le forniture russe e quelle algerine ha determinato un ampio beneficio economico: l’analisi dei dati contenuti nel bollettino statistico dell’Agenzia delle Accise, Dogane e Monopoli evidenzia che nei primi nove mesi del 2022 la media del prezzo all’importazione del gas algerino è di 45,7 euro/MWh, il 51,1% inferiore ai 93,5 euro/MWh del gas russo.
Nei primi nove mesi del 2022 le importazioni di GNL in arrivo dal Qatar segnano un calo del 10,5% rispetto allo stesso periodo del 2021, a fronte del forte aumento (+181,2%) dei volumi di GNL provenienti dagli Usa che, superando per questo tipo di fornitura l'Algeria, diventano il secondo maggior fornitore di gas liquefatto dell’Italia.
Un particolare anomalo è senz’altro rappresentato dal triplicarsi (+212,9%) delle esportazioni di gas: a margine dell’aspro dibattito sulla localizzazione degli impianti per una nave di stoccaggio e rigassificazione della portata di 5 miliardi di metri cubi l’anno, va segnalato che negli ultimi dodici mesi le esportazioni sono pari a 3,9 miliardi di metri cubi.
Nonostante la maggiore esposizione al rincaro del prezzo del gas, l'Italia riduce in modo limitato i consumi, che nei primi nove mesi del 2022 scendono del 3,5% su base annua, decisamente meno dei cali del 10,2% della media Ue e del 12,2% della Germania.
Sul fronte del petrolio va segnalato che, con le forniture alla raffineria di Priolo in provincia di Siracusa, di proprietà del gruppo Lukoil, nei primi dieci mesi del 2022 la Russia mantiene una quota del 20,0% del volume delle importazioni di greggio dell'Italia. Per garantire la continuità dell’attività del polo petrolchimico siciliano, dopo l’embargo dell’import di greggio russo dal 5 dicembre 2022 contenuto nel sesto pacchetto di sanzioni dell'Unione europea, il Governo è intervenuto con il DL 187/2022 che prevede una procedura di amministrazione temporanea.
Dallo scoppio della guerra in Ucraina, l’instabilità sui mercati energetici ha determinato una ulteriore anomalia, data dal disaccoppiamento (decoupling) tra prezzo del gasolio e quello della benzina: dal 28 febbraio al 19 dicembre 2022 mentre il prezzo della benzina, al netto delle imposte, è sceso del 2,3%, quello del gasolio è salito del 16,2%.
Il 2022 è un anno straordinario anche per la bolletta energetica (import-export) che sale a 106,8 miliardi di euro (ultimi dodici mesi ad ottobre 2022), arrivando al 5,6% del PIL e peggiorando di 3,4 punti di PIL in un anno. Per ciascun cittadino italiano l’import di beni energetici dall’estero è di 2.273 euro, per un totale di 134,6 miliardi di euro, il 7,1% del PIL.
Infine, la crisi energetica è stata aggravata dagli effetti del cambiamento climatico. Mentre la transizione green e la sostituzione delle commodities energetiche provenienti dalla Russia richiedono di massimizzare l’energia generata da fonti rinnovabili, la siccità determina il crollo della produzione idroelettrica, che nei primi undici mesi del 2022 scende del 36,3%, con una minore generazione di 15,7 TWh di elettricità da questa fonte rinnovabile, solo in minima parte compensata dall’aumento di 3,4 TWh (+8,1%) di eolico e fotovoltaico.
STUDI – Vino made in Italy a 7,6 miliardi euro. Veneto, Piemonte e Toscana in Ue 27 dietro solo a Francia e Spagna
Nel 2022, ultimi dodici mesi a giugno, l’export di vini di uve vale 7.565 milioni di euro, registrando nel primo semestre del 2022 un aumento del 13,5% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Nell’Unione europea a 27 l’Italia è seconda esportatrice dietro a Francia con 11.743 milioni di euro, posizionandosi davanti a Spagna con 3.004 milioni, Germania con 1.013 milioni e Portogallo con 921 milioni.
La competitività sui mercati internazionali è supportata dalla qualità vini italiani, con le loro peculiarità e varietà. Secondo la più recente rilevazione del Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste al 21 novembre 2022 sono 526 i vini Doc (Denominazione di Origine Controllata, tra i quali spiccano i Docg, Denominazione di Origine Controllata e Garantita) e Igt (Indicazione Geografica Tipica).
Il made in Italy di vini di uve cresce dal 2010 e, nonostante un calo nel 2020, nel 2022 conferma il massimo storico di 0,4% sul PIL toccato nel 2021, valore identico a quello della Francia e doppio rispetto allo 0,2% della Spagna.
L’analisi sull’export dell’alimentare e bevande, con il focus sul vino made in Italy, è contenuta nell’Elaborazione Flash ‘Un regalo di Natale a valore artigiano. Focus su Artigianato alimentare – 12a edizione’. Qui per scaricarla.
In una classifica ibrida tra le regioni italiane e gli altri 26 paesi dell’Unione, il Veneto si colloca al 3° posto dietro a Francia e Spagna, con 2.709 milioni di euro di export di vino, seguito da Piemonte con 1.249 milioni e Toscana con 1.219 milioni, regioni che sopravanzano Germania con 1.013 milioni, Portogallo con 921 milioni, Trentino-Alto Adige con 612 milioni e Paesi Bassi con 536 milioni.
In chiave regionale la maggior propensione all’export di vini di uve si riscontra in Veneto con una incidenza dell’1,8% sul valore aggiunto regionale, Trentino-Alto Adige con l'1,4%, Toscana con l'1,1% e Piemonte con l'1,0 %, valori almeno due volte la media nazionale dello 0,5%.
Tra le principali regioni, nei primi sei mesi del 2022 il maggiore dinamismo dell'export di vini si registra in Veneto con un aumento del +18,7% seguito da Toscana con +16,5%, una crescita più moderata si registra in Piemonte con +4,6% mentre in Trentino-Alto Adige si registra una flessione dello 0,9%. Tra le altre regioni si registra una dinamica superiore alla media in Friuli-Venezia Giulia con +55,4%, Molise con +50,2%, Marche con +39,4%, Sicilia con +33,0% e Campania con +19,3%, Sardegna con +16,6% e Puglia con +15,9%.
Made in Italy di vini di uve: 1995-2022
Anni 1995-2021, 2022 (ultimi 12 mesi cumulati a giugno); % del PIL con 2022 da previsioni di novembre 2022. Ateco 2007: 11.02 - Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Istat e Commissione europea
Dinamica del made in Italy di vini di uve per regione
I semestre 2022. Variazione % tendenziale. Ateco 2007: 11.02. Primo gruppo: prime regioni esportatrici (76,8% export totale) - Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Istat
STUDI – Economia della montagna, Italia 1° in Ue 27 con 805,6 miliardi di PIL
Tradizionalmente a dicembre si apre la stagione del turismo invernale. Nei mesi invernali di dicembre, gennaio e febbraio si addensano 39,0 milioni di presenze turistiche, il 10,1% del totale annuale. I territori caratterizzati dall’offerta di servizi per l’attività sciistica presentano una più elevata vocazione turistica: il tasso di turisticità più elevato lo riscontriamo in provincia di Bolzano con 63,3 giornate di presenza nel complesso degli esercizi ricettivi per abitante, seguita da Trento con 33,8 presenze per abitante, Valle d'Aosta con 28,9 presenze per abitante e Veneto con 14,6 presenze per abitante.
Il turismo rappresenta un pilastro chiave dell'economia della montagna, cluster per cui l'Italia è leader in Europa. Secondo la classificazione territoriale europea di Eurostat, l’Italia è il primo paese dell’Unione europea a 27 per PIL realizzato in province montane, territori in cui almeno metà della superficie e/o della popolazione è in aree montane: nel 2019 ammonta a 805,6 miliardi di euro, il 44,9% del totale nazionale, una quota più che doppia rispetto al 20,7% registrato dalla media delle aree montane nell’Ue. Il valore dell’economia italiana della montagna supera i 776,3 miliardi di euro della Spagna (che presenta una quota sul PIL del 62,4%), i 417,5 miliardi della Francia (17,1% del PIL) e i 241,5 miliardi della Germania (7,0% del PIL). l’Italia rappresenta 12,8% sul PIL dell’Ue, ma la sua quota sale al 27,8% del PIL delle aree montane dell’Unione europea.
Nell’economia della montagna, a fronte del 47,8% della popolazione nazionale, si concentra nel 2021 il 51,1% delle presenze turistiche totali ed il 50,7% delle presenze turistiche straniere.
L’analisi che delinea i caratteri della mountain economy è contenuta nel 17° Rapporto annuale ‘Imprese nell’Età del chilowatt-oro’ pubblicato in occasione dell’Assemblea di Confartigianato del 22 novembre 2022. Qui il comunicato stampa sul Rapporto dell’Ufficio Studi e qui i Key data.
In Italia sono 63 le province montane e contano 2.077.826 micro e piccole imprese (MPI) attive con 5.137.434 addetti che sono il 47,3% degli addetti nazionali delle MPI. Nel perimetro delle province che rappresenta l’economia italiana della montagna, le MPI rappresentano il 69,4% degli addetti delle imprese totali di tali province, una quota ampiamente superiore al 63,4% della media nazionale. In particolare, nelle province montane sono 536.282 le imprese artigiane attive con 1.349.075 addetti, pari ad oltre la metà (53,0%) degli addetti dell’artigianato italiano ed al 18,2% degli addetti nazionali, quota superiore al 14,8% della media nazionale.
Nel 2021 l’economia della montagna rappresenta il 44,9% del valore aggiunto nazionale e in chiave settoriale presenta una quota più elevata per il valore aggiunto delle costruzioni (48,8%) e del manifatturiero esteso (48,6%), settori in cui è più alta la vocazione artigiana.
L’alta diffusione dell’artigianato e delle micro e piccole imprese rappresenta un fattore di coesione economica e sociale nelle aree di montagna, come approfondito in una nostra precedente analisi della struttura imprenditoriale realizzata in collaborazione con gli Osservatori MPI di Confartigianato Lombardia e di Confartigianato Emilia Romagna.
Grazie alla diffusa presenza di imprese manifatturiere, l’economia della montagna realizza il 47,2% delle esportazioni nazionali, pari a 232,6 miliardi di euro.
Nei territori dell’economia della montagna si registra una maggiore propensione all’imprenditorialità e una più elevata presenza di lavoro autonomo: nelle province montane, a fronte del 47,3% di occupati totali nel 2021, si concentra il 49,8% degli occupati indipendenti - imprenditori, professionisti e lavoratori autonomi - che rappresentano il 23,0% degli occupati di tali province, quota superiore di 2,2 punti al 20,8% delle altre province non montane. I dati sulle previsioni della domanda di lavoro delle imprese rilevati da Unioncamere-Anpal indicano che nel trimestre novembre 2022-gennaio 2023 nelle province montane sono previste 553mila entrate di lavoratori, pari al 46,0% di quelle nazionali.
PIL delle aree montane in 14 paesi Ue
Anno 2019. Milioni €. Esclusi: Cipro, Danimarca, Estonia, Finlandia, Irlanda, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi e Ungheria - Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Eurostat
STUDI – Servizi alla persona, alto abusivismo (27,6%) e forte ritardo ripresa (-11,7% valore aggiunto). Confartigianato al TG3
L’analisi degli dati dei conti nazionali evidenzia che il comparto che presenta il maggiore ritardo nella ripresa post pandemia è quello centrato sui servizi alle persone: negli ultimi dodici mesi a settembre 2022 il valore aggiunto nelle attività artistiche, di intrattenimento e divertimento, riparazione di beni per la casa e altri servizi rimane dell’11,7% inferiore al livello del 2019, con un calo cumulato di 1,8 miliardi di euro, mentre il totale economia segna un recupero dello 0,8%. In questo cluster dell’economia è più elevata la presenza di indipendenti irregolari, con una quota che arriva al 27,6%, di oltre undici punti più elevata rispetto al 16,0% dei Servizi.
Il fenomeno preoccupante dell’abusivismo, rappresentato dal cosiddetto “mondo parallelo” di oltre 1 milione di indipendenti irregolari, è stato descritto nei giorni scorsi da Guido Radoani, Responsabile Sistema Impresa di Confartigianato, nel servizio 'I fantasmi del fisco' al TG3.
Nell’intervento è stato ricordato che l’abusivismo è un fenomeno virale, e pericolosamente strutturato che espone alla concorrenza sleale di operatori abusivi che si spacciano per imprenditori oltre 700 mila imprese regolari, in particolare nei settori dei servizi quali benessere, autoriparazione, impianti, edilizia, giardinaggio, trasporto persone e merci, comunicazione.
La concorrenza sleale degli abusivi è un fenomeno sottovalutato, mentre grava in modo rilevante sulle casse dello Stato, sulle dinamiche retributive, sulla crescita dimensionale delle imprese, influenzando le politiche di riduzione della pressione fiscale. Serve una intensificazione delle segnalazioni e dei controlli da parte delle autorità competenti, mentre vanno unite le forze del mondo della rappresentanza d’impresa per contrastare il fenomeno, come si è verificato nella lotta alla contraffazione e all’italian sounding.
La campagna e il report di Confartigianato – Nel 2022 Confartigianato ha lanciato la Campagna nazionale di informazione contro l’abusivismo dal titolo ‘Occhio ai furbi! Mettetevi solo in buone mani” e, in parallelo è stata pubblicata una analisi sullo spiazzamento delle attività legali da parte del sommerso, contenuta nell’Elaborazione Flash ‘Key data - Il sommerso e la concorrenza sleale dell’abusivismo: gli indipendenti irregolari’, corredata da una appendice statistica con i dati per regione e provincia delle imprese nei settori più esposti dalla concorrenza sleale dell'abusivismo. Qui, in ‘Studi e ricerche’ per scaricare report e appendice.
Key data – Sommerso e la concorrenza sleale dell’abusivismo
1.003.500 unità indipendenti non regolari
14,4% tasso di irregolarità del lavoro indipendente
+0,7% aumento indipendenti non regolari nell’ultimo anno (2019), a fronte del calo del 2,4% dei dipendenti non regolari
+0,4 punti, l’aumento tasso di irregolarità degli indipendenti in vent’anni
3,2 milioni di occupati non regolari
11,3% peso sul PIL dell’economia non osservata (sommerso + illegale)
37,9% quota del lavoro irregolare sull’economia non osservata
46,4% pressione fiscale reale stimata sull’economia emersa per il 2022, +5,2 punti superiore rispetto al 41,2% di pressione fiscale effettiva
587.523 imprese artigiane nei settori sotto pressione per la concorrenza sleale dell’abusivismo, 82,8% delle 709.959 imprese totali nel perimetro in esame
45,9% dell’artigianato nei settori esposti alla concorrenza sleale del sommerso
Dinamica valore aggiunto nella ripresa post-pandemia e tasso irregolarità indipendenti
2022 (ultimi 4 trimestri al III trimestre 2022), var. % vs 2019, dati grezzi a prezzi costanti, 2019 per tasso irregolarità indipendenti, sezioni L-M-N n.d. - Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Istat