30 Marzo 2006, h. 16:49

Italia sempre ‘maglia nera’ nell’Ue per il caro-energia: le nostre imprese pagano l’elettricità il 46% in più della media europea

Anche nel 2005 l’Italia ha mantenuto il primato negativo in Europa per la bolletta elettrica più costosa a carico delle imprese. Le Pmi italiane, infatti, pagano l’energia fino al 46% in più rispetto alla media Ue.

E’ quanto emerge da un’analisi condotta da Confartigianato sulla base dei più recenti dati Eurostat riferiti allo scorso anno.

A subire i prezzi più alti d’Europa sono le piccole imprese italiane energivore, vale a dire quelle che consumano da 1,25 GWh a 2 GWh di energia l’anno.

Un’azienda che consuma fino a 2 GWh l’anno paga l’energia 11,24 euro per 100 kWh, a fronte del prezzo medio europeo di 7,70 euro per 100 kWh.

Per le classi di consumo più basse (tra 50 MWh e 160 MWh l’anno), fanno peggio di noi soltanto Cipro, Germania e Irlanda.

Ad innalzare il nostro costo dell’energia contribuiscono le imposte: l’Italia è al primo posto tra i 25 Paesi dell’Ue per il maggior prelievo fiscale che, al netto dell’Iva, incide tra  il 16,7% e il  19,2% sul prezzo finale dell’elettricità. Rispetto alla media Ue, le tasse sul chilowattora in Italia (Iva esclusa) sono superiori di una percentuale che oscilla tra 87,8% e il 160,2%

Per esemplificare l’impatto dei prezzi dell’elettricità, Confartigianato ha esaminato il caso di un’impresa con un consumo medio di 358.017 chilovattore/anno, vale a dire una piccola impresa energivora.

Questa tipologia di azienda paga l’energia elettrica 8.946 €/anno in più rispetto ad un competitor europeo. Più della metà (50,9%) di questa somma, pari a 4.553  €/anno, è dovuta alle imposte.

“Il pessimo record italiano sul fronte del caro-energia – fa osservare il Presidente di Confartigianato Giorgio Guerrini – dipende soprattutto dal mancato completamento della liberalizzazione del mercato dell’energia”.

Per dimostrarlo, Confartigianato ha confrontato i prezzi dell’energia elettrica al netto delle imposte nei 7 paesi europei (Austria, Danimarca, Grecia, Irlanda, Lussemburgo, Portogallo e Polonia) che non hanno produzione di energia elettrica con il nucleare. Risultato: il costo dell’energia, escluse le tasse, in Italia rimane più elevato tra il 22,2% e il 45,7% rispetto ai sette paesi ‘no nuke’.

Guerrini sollecita pertanto “riforme strutturali che aprano alla vera concorrenza i settori dell’elettricità e del gas, puntino sull’efficienza energetica e sull’uso di fonti rinnovabili, consentano di ridurre e riequilibrare la pressione fiscale sul prezzo dell’energia. Attualmente, infatti, le piccole imprese sono penalizzate da un trattamento fiscale iniquo rispetto ai grandi consumatori industriali”.

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