20 Aprile 2006, h. 15:59

PREZZI Allarme di Confartigianato per gli aumenti delle materie prime metalliche: da gennaio 2006 sulle piccole imprese una ‘stangata’ di 1,3 miliardi

Non è soltanto l’aumento del prezzo del petrolio a pesare sui conti delle aziende italiane.

Una minaccia ancora più grave arriva dai rincari dei prezzi di alcune materie prime utilizzate dalle imprese dei settori della produzione di metalli e della fabbricazione di prodotti in metallo. In soli 100 giorni, vale a dire dal 1° gennaio al 10 aprile 2006, i rialzi vanno dal + 3,3% del piombo fino al + 51,3% dello zinco.

A lanciare l’allarme è Confartigianato che, in un rapporto redatto dall’Ufficio studi, ha calcolato l’impatto degli aumenti sulle 83.984 imprese artigiane con 354.865 addetti appartenenti ai due settori: nei primi mesi dell’anno, su queste piccole aziende si è scaricato un maggior costo di 1.326,5 milioni di euro.

Tale cifra si traduce in un maggior costo per ogni addetto di 3.740 euro l’anno e in un aggravio per ciascuna azienda di 15.800 euro.

In pratica, i rincari delle materie prime equivalgono ad un aumento del costo del lavoro per le aziende del settore pari al 26,7% e in una perdita di competitività che Confartigianato ha stimato pari al 4,7%.

L’impennata dei prezzi delle materie prime ha le peggiori ricadute sulle 1.839 piccole aziende che operano nel settore della produzione di metalli: i costi aggiuntivi sono di 107,4 milioni di euro, equivalenti a 58.400 euro in più all’anno per ogni azienda, che si riflettono in un aumento del 63,9% del costo del lavoro e in una minore competitività del 7,5%.

Confartigianato ha stilato una classifica dei maggiori rincari delle materie prime registrati nel periodo 1 gennaio – 10 aprile 2006 sui mercati internazionali e sui mercati all’ingrosso nazionali: al primo posto c’è lo zinco (+ 51,3%), seguito da ottone (+ 42,9%),  rame (+ 27,5%), stagno (+ 27,5%), nickel (24,2%), alluminio alloy (+ 19,1%), prodotti siderurgici-laminato mercantili (+ 9,8%), alluminio high grade (+ 9,8%), piombo (+ 3,3%).

A ‘soffrire’ di più sono le aziende della Lombardia (in particolare quelle di Milano, Brescia e Bergamo), regione nella quale è concentrato il 23,5% delle aziende del settore metalli e prodotti in metallo. A seguire l’Emilia Romagna, il Piemonte ed il Veneto.

Particolarmente critica la situazione nei territori più specializzati in questi comparti, vale a dire le province di Lecco, Brescia, Verbano Cusio Ossola e Novara, dove un terzo del settore manifatturiero è rappresentato proprio dalle aziende della produzione e lavorazione di metalli.

Nel rapporto della Confederazione si fa notare che la crescita dei prezzi delle materie prime comprime redditività e investimenti delle imprese poiché le dinamiche concorrenziali su questo mercato non permettono alle aziende di scaricare gli aumenti sui prezzi finali. La conferma viene dai prezzi alla produzione che, nel settore prodotti di metallo, da dicembre 2005 a febbraio 2006, sono aumentati soltanto del 2,4%. Tuttavia, nonostante le aziende abbiano finora assorbito i rincari delle materie prime, c’è il rischio di una ripercussione inflattiva soprattutto sui settori delle costruzioni e degli autoveicoli.

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