19 Ottobre 2007, h. 00:00

Sistema creditizio e piccole imprese, un rapporto che va consolidato

Lo scorso 18 ottobre, presso la sede dell’Università Cattolica di Milano, è stata presentata la ricerca “Relazione tra banche e piccole imprese”, realizzata dalla stessa Università in collaborazione con il Crif. Alla presentazione hanno partecipato Matteo Morandi, responsabile del settore credito di Confartigianato Imprese, il prof. De Angeli dell’Università Cattolica ed i rappresentanti di Confindustria, del Crif, dell’ABI e di Unicredit. Il risultato della ricerca non lascia dubbi: più della metà delle piccole imprese intervistate, esattamente il 52,09%, vorrebbe maggiori informazioni da parte delle banche sulla recente normativa indicata da Basilea II, il nuovo accordo internazionale sui requisiti patrimoniali delle banche. Soprattutto per quanto riguarda il concetto di rating. Infatti, secondo quanto emerge dalla ricerca, il 50% delle imprese artigiane e delle piccole e medie imprese non ha ricevuto alcuna spiegazione sul rating, la valutazione sul rischio di credito determinato da fattori quantitativi, come il bilancio aziendale, fattori qualitativi, i prodotti e la concorrenza del mercato, e fattori comportamentali, come ad esempio il comportamento dell’imprenditore nei confronti del credito bancario. Di conseguenza, migliore sarà il rating e minore sarà la probabilità di insolvenza, con la banca che potrà quindi elargire un credito a condizioni più favorevoli. In definitiva, si può definire l’internal rating come un indice matematico-statistico che esprime la capacità dell’azienda di far fronte ai propri impegni nei tempi e nelle modalità stipulate con la banca. Diametralmente opposto è invece il giudizio delle piccole e medie imprese italiane sui risvolti dell’adozione di Basilea II. Infatti, se un’ampia porzione degli intervistati ritiene che cambierà poco o niente con la nuova normativa, un’altra fascia, soprattutto tra le imprese informate a tal riguardo, ritiene che qualcosa cambierà, e molto. Da qui l’esigenza manifestata da più imprese di cambiare i propri comportamenti nei confronti del sistema creditizio, distinguendosi in due categorie, “virtuose” e “adattive”. Se le prime tendono a riordinare se stesse (attraverso la capitalizzazione dell’impresa, la ristrutturazione del debito e la riorganizzazione dei sistemi produttivi, stringendo al tempo stesso rapporti con pochi e selezionati intermediari bancari), le seconde puntano a sfruttare al meglio la concorrenza del mercato bancario. Ma un dubbio emerge dalle PMI italiane, soprattutto per quanto riguarda il comportamento futuro del sistema creditizio nei loro confronti. Infatti, in molti ritengono che le banche, accogliendo le indicazioni di Basilea II, sarebbero indotte a ridurre il credito loro destinato, aumentandone al tempo stesso i tassi d’interesse. Soprattutto nei periodi di rallentamento economico generale o di un determinato settore imprenditoriale. Nonostante tale preoccupazione, le imprese intervistate hanno comunque apprezzato molti dei fattori scelti per la valutazione di rischio. Fra tutti, emergono dall’indagine il patrimonio d’impresa, la situazione economico-finanziaria ed il fatturato. Nel suo intervento, Matteo Morandi, responsabile del settore credito di Confartigianato, ha sottolineato, anche alla luce di quanto emerso dalla ricerca, come “la natura dialettica dei rapporti fra banche ed imprese, nonostante siano due sfere con interessi oggettivamente differenziati, non escludono comunque margini di miglioramento nei rispettivi ambiti”. Imprese artigiane e sistema creditizio hanno già incontrato due esempi di ottimo rapporto collaborativo. A riguardo Morandi ha aggiunto che “in tal senso possiamo portare ad esempio l’esperienza delle banche del territorio con natura giuridica di cooperative di Credito, come le banche popolari e le BCC, che negli ultimi tre decenni hanno svolto una funzione di oggettiva partnership con l’artigianato e la microimpresa. Oppure il primato rappresentato, in termini numerici e per volume di garanzie prestate, dai Confidi artigiani rispetto alle medesime strutture degli altri settori economici, come l’industria, il commercio e l’agricoltura. Attualmente, infatti, i Confidi di origine artigiana hanno in essere garanzie bancarie per oltre 8.500 milioni di euro a livello nazionale”, ha aggiunto Morandi. Che ha sottolineato come “le autorità competenti dovranno saper valorizzare la capacità dei Confidi nel favorire l’accesso al credito bancario di qualità da parte delle imprese artigiane e delle piccole imprese”. “Confartigianato – ha poi concluso Morandi – continua il suo impegno nel rivendicare la crescente importanza dell’imprenditoria artigiana quale grande utilizzatrice dei servizi bancari con comportamenti eticamente corretti”.

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