13 Dicembre 2007, h. 00:00

Conto alla rovescia per Basilea 2

Le banche hanno da tempo ben chiaro cosa accadrà al sistema creditizio a partire dal primo gennaio 2008 quando entreranno in vigore le norme di Basilea 2, che subordinano la concessione di prestiti a nuove e più complesse procedure valutative. Non si può dire altrettanto delle imprese, soprattutto quelle più piccole, che, secondo uno studio realizzato dall’Università Cattolica di Milano a fine ottobre, non vedono altrettanto chiaro. Per il 52% vorrebbero avere maggiori informazioni sui riflessi che le nuove disposizioni avranno sul rapporto banca/impresa. Vorrebbero capire se l’applicazione di Basilea 2 porterà vantaggi o svantaggi alla loro attività. Se le banche allargheranno o restringeranno i cordoni della borsa, se il denaro che ne uscirà avrà un prezzo più basso o più alto dell’attuale, e quali sono i parametri che condizioneranno l’accesso al credito. Dubbi anche sul concetto chiave di ‘rating’, il pilastro che regge tutto l’edificio normativo, e che, secondo lo studio, è sconosciuto al 50% delle aziende. Altrettanto ampia la forbice che divide chi esprime un giudizio positivo sull’applicazione di Basilea 2 – e che è pronto a raccogliere ogni beneficio che ne potrà derivare – da chi invece ritiene che cambierà poco o nulla e che pertanto è sostanzialmente disinteressato ad approfondire il tema, giudizio quest’ultimo il più delle volte motivato da una scarsa conoscenza dell’argomento. In estrema sintesi Basilea 2 impone alle banche dei paesi aderenti – l’Italia è ovviamente tra questi – di accantonare quote di capitale proporzionale al rischio che deriva dai vari rapporti di credito assunti. A un maggior livello di rischio corrispondono maggiori accantonamenti, insomma costi maggiori per gli istituti. Per questo motivo le banche dovranno classificare i propri clienti in base al pericolo di insolvenza. La procedura di classificazione, tecnicamente ‘rating’, prenderà in considerazione fattori quantitativi, come il bilancio aziendale, qualitativi, la tipologia del prodotto e la concorrenza del mercato, e fattori comportamentali, come ad esempio la condotta dell’impresa nei confronti del credito bancario. Migliore sarà il rating, il punteggio, minore sarà la probabilità di sofferenza. Parallelamente aumenterà o diminuirà il costo del denaro. La procedura di assegnazione del rating a una PMI – risultato di una valutazione discrezionale delle singole organizzazioni – richiede una revisione totale dei parametri che fino a oggi hanno guidato le banche con standard di livello europeo nella concessione del credito. Accanto ai dati contabili entrano in gioco, infatti, quegli elementi ‘qualitativi’ che da almeno tre decenni guidano le banche del territorio, Popolari o BCC, nella concessione del denaro. Elementi che sono obiettivamente difficili da quotare, soprattutto da parte di strutture abituate a cercare risposte nelle pieghe di bilanci più che nella capacità di un’impresa di stare sul mercato con prodotti o servizi competitivi. La valutazione del merito del credito delle piccole e delle micro imprese, critico per le banche maggiori, è all’opposto uno degli elementi di maggiore forza dei Confidi artigiani, che da tempo si stanno preparando per giocare questa carta strategica sul tavolo delle sempre difficili trattative tra banche e imprese, per ridurre il costo del denaro. I dati dimostrano che il sistema dei Confidi è in forte evoluzione: in tre anni sono passati da 400 a poco più di 250, non per una diminuzione dei soci, che al contrario hanno raggiunto la quota di 700.000 unità, quanto per i processi di aggregazione e di fusioni operative sul territorio per creare strutture più forti, più contrattuali con gli istituti bancari. Il sistema è alla vigilia di due rivoluzioni: la prima è quella imposta da Basilea 2, la seconda riguarda invece l’applicazione delle disposizioni di Banca Italia riguardo i Consorzi fidi. Secondo tali disposizioni, in via di emanazione, i Confidi che superano i 75 milioni di euro di garanzia sono obbligati ad iscriversi in uno specifico elenco, quello dei Confidi intermediari finanziari, il cosiddetto ‘107’. Attualmente il sistema dei confidi artigiani Fedart annovera 25 di questi Confidi ‘evoluti’ e l’obiettivo è quello di costituire in tutte le regioni uno strumento di garanzia per l’artigianato che sia un vero e proprio intermediario finanziario. In base ai criteri di Basilea 2, i Confidi evoluti, infatti, ‘ponderano’ il 20% rispetto al 100% di quelli tradizionali, i cosiddetti ‘106’. Ponderare il 20% significa che le banche che opereranno con i Confidi ‘107’, dovranno accantonare solo 1/5 del capitale di vigilanza rispetto a quello dei Confidi tradizionali. Un bel risparmio per le banche, che vedranno ridotti i capitali immobilizzati, e per le imprese socie che, grazie alla maggior capacità contrattuale dei nuovi Consorzi fidi, otterranno condizioni di credito sempre più favorevoli.

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