11 Aprile 2008, h. 00:00

Imprese italiane eppure ‘straniere’

In Italia sono sempre di più gli immigrati che decidono di mettersi in proprio. Confartigianato li ha contati: a fine 2007 erano 388.610 tra titolari, soci, amministratori di imprese individuali o di società. Traducendo il numero in valore percentuale, emerge che circa il 3,9% delle persone legate al totale delle attività economiche del Paese oggi è straniero. Se lo squilibrio numerico tra gli imprenditori di nazionalità italiana, attualmente il 92,4%, e quelli stranieri, che come si è visto ammontano al 3,9% è ancora forte, un secondo dato riavvicina una distanza solo all’apparenza incolmabile. Il 12,1% degli imprenditori e lavoratori autonomi extracomunitari, infatti, ha meno di 30 anni, contro il 6,6% degli italiani. Se a questo si aggiunge che gli imprenditori stranieri con oltre 50 anni sono il 21%, meno della metà degli italiani che sono over 50 nel 44,9% dei casi, il quadro che emerge conferma che nel Paese è in atto una crisi vocazionale del fare impresa che colpisce il doppio dei giovani italiani rispetto ai loro coetanei immigrati. I dati elaborati dall’Ufficio Studi di Confartigianato permettono di tracciare una mappa completa e a più strati della penetrazione dell’imprenditoria extracomunitaria nel tessuto produttivo italiano. In sostanza i dati rispondono alle seguenti domande: quanti sono e da dove vengono, dove sono, cosa fanno. Quanti sono e da dove vengono – E’ il bacino del Mediterraneo ad alimentare in massima parte la filiera di imprenditori e lavoratori autonomi extracomunitari. Al primo posto assoluto il Marocco (50.801, pari al 13,1%). Seguono l’Albania (29.269, pari al 7,5), l’Egitto (19.489, pari al 5,0%), la Tunisia (14.517 pari al 3,7%). Tra Marocco e Albania, si inseriscono, rispettivamente al secondo e terzo posto, la Svizzera (43.400, pari al 11,2%) e la Cina (42.290, pari al 10,9%). Si potrebbe anche proseguire, ma l’elenco è lungo. Quella che emerge, alla fine, è un’operosa Babele composta da 192 nazioni che elegge l’italiano a lingua comune e il “fare impresa” a modalità lavorativa. Un dato va però spiegato, perché balza subito all’occhio. E’ quello della diffusa presenza in Italia di imprenditori svizzeri. Il motivo è semplice. Nella maggior parte dei casi si tratta di emigranti italiani che rientrano nei paesi d’origine dopo aver lavorato nella Confederazione. Nessun esodo dal Paese transalpino, dunque. Piuttosto un controesodo. Cosa fanno – Circa 131.524 imprenditori, pari al 33,8%, sono impegnati nel “Commercio al dettaglio” e nelle “Riparazioni”; segue, anche se a grande distanza, il comparto delle “Costruzioni” che assorbe 75.878 persone (19,5%); ‘fanalino di coda’ le “Attività manifatturiere” con 49.265 imprenditori (12,7%). I dati permettono di scendere ulteriormente fino al dettaglio dei settori più gettonati di ogni singolo comparto. Nel Manifatturiero, ad esempio, le “Confezioni di articoli di vestiario e pellicce”, vanno per la maggiore: 11.710 soggetti (23,8%). Anche le “Industrie alimentari e delle bevande” ‘tirano’ ( 8.108 imprenditori pari al 16,5%), così come i “Prodotti in metallo” (6808 pari al 13,8%), la “Concia e il cuoio” (3.878 pari al 16,5%) e la “Fabbricazione mobili e altre industrie manifatturiere” (3.535 pari al 7,2%). L’indagine di Confartigianato elenca anche una serie di attività dove la presenza di imprenditori e lavoratori extracomunitari è superiore alla media nazionale del 3,9%: Costruzioni (6,1%), Commercio al dettaglio e riparazioni (5,8%), Trasporti e comunicazione (5,3%), Alberghi e ristorazione (4,4%). Dove sono – I dati del 2007, molto simili a quelli dell’anno precedente, non sconvolgono una geografia dell’imprenditoria d’importazione che sembra consolidarsi in luoghi ormai precisi. E’ ancora la Lombardia in testa alla classifica delle regioni con il maggiore numero di imprenditori extracomunitari: 83.911, pari al 21,6%. Al secondo posto di nuovo il Lazio, ma con meno della metà delle presenze: 39.129 (10,1%). Segue l’Emilia Romagna, che sorpassa il Veneto, anche se di poco: 37.761, contro 37.586. Il valore percentuale riallinea, però, le due regioni: 9,7%. Al quinto posto ancora la Toscana con 35.588 soggetti (9,2%). I dati sfatano alcuni luoghi comuni, e ne confermano altri. In Lombardia, gli imprenditori cinesi sono davvero molti, il 10,5% del totale, ma non sono i più numerosi. Il primato spetta infatti agli egiziani con il 15%. Come si può notare, i valori percentuali relativamente bassi, e sostanzialmente vicini tra loro, confermano una compresenza di un altissimo numero di differenti etnie sul territorio, ben 192 a livello nazionale. I cinesi sono la prima comunità di imprenditori extracomunitari in Toscana (23,8%). Dietro di loro quella degli albanesi (15,6%). In Veneto, invece gli imprenditori provenienti dalla Cina (12,2%) sono al secondo posto, subito dopo gli Svizzeri (13,4%). Nel Lazio, testa a testa tra imprenditori cinesi e del Bangladesh: 4.122 i primi, 4.133 gli altri. Venendo alle province che ospitano il maggior numero di imprenditori non italiani, comprendendo anche le città metropolitane, ecco che Milano, con 42.477 persone (10,9% del totale) supera Roma (32.841 – 8,5%), Torino (15.685 – 4,0%), Firenze (11.782 – 3%). Seguono due province più piccole, Brescia e Treviso, rispettivamente con 10.793 e 8.895 imprenditori extracomunitari. Un ultimo dato: se esaminiamo l’incidenza degli imprenditori extracomunitari sul totale di titolari, soci ed amministratori di imprese, troviamo che a Prato un imprenditore su dieci (10,6%) è extracomunitario.

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