12 Settembre 2008, h. 00:00

Addizionali provinciali, il black out energetico delle piccole imprese

“La riforma federalista è l’occasione per ridisegnare il sistema di tassazione delle accise sull’energia elettrica che attualmente grava soltanto sulle piccole imprese. Si tratta di realizzare una tassazione più equa a parità di gettito”. Parole con cui il Presidente di Confartigianato, Giorgio Guerrini, ha lanciato l’allarme per l’eccessivo ed iniquo prelievo fiscale che appesantisce la bolletta elettrica delle piccole imprese italiane. Una vera e propria impennata dei prezzi che, facendo il pari con l’aumento del costo del petrolio, rischia di mandare in black out le piccole imprese italiane. Confartigianato ha calcolato che, dal 2000 al 2008, le province hanno aumentato l’addizionale locale sull’energia elettrica del 34,9%, producendo un costo per le micro e piccole imprese italiane di 834 milioni di euro soltanto nell’ultimo anno. “Quello dell’addizionale provinciale è un trattamento fiscale che deve essere riequilibrato per mettere la parola fine ad un’assurda ed ingiustificata penalizzazione delle piccole imprese – ha rilanciato il Presidente di Confartigianato – che peraltro subiscono anche un’altra distorsione nella fiscalità energetica: quella dell’imposta erariale anch’essa applicata soltanto alle piccole imprese che consumano fino a 1.200.000 kWh/mese”. L’addizionale provinciale, come si legge nel rapporto di Confartigianato, incide per il 6,2% sulla bolletta elettrica della piccola imprenditoria italiana, rappresentando il 15,6% delle entrate tributarie delle province. Enti locali che, conti alla mano, hanno capito ben presto le potenzialità di una tassa che grava soltanto sugli artigiani ed i piccoli imprenditori italiani. Non deve essere un caso, infatti, se delle tre aliquote applicabili dalle province, minima, media e massima, sono sempre di più gli enti locali che “sfruttano” l’addizionale per l’energia elettrica per rinforzare i propri bilanci. Nel 2000, infatti, il 75,7% delle province applicava l’aliquota minima. Oggi, invece, l’aliquota massima viene adottata dal 72% degli enti provinciali, ben 77 sulle 107 totali. Dati alla mano, lo studio di Confartigianato ha dimostrato come in Lombardia, prima regione italiana per l’incremento dell’aliquota provinciale, l’applicazione del tributo massimo abbia fruttato qualcosa come 153 milioni di euro, provenienti, esclusivamente, dalle casse delle piccole imprese. Pratica particolarmente redditizia, cui hanno attinto anche le province del Veneto, con un prelievo aggiuntivo pari a 77,6 milioni di euro, e quelle dell’Emilia Romagna, che hanno potuto contare su 75,9 milioni di euro di entrate da addizionale sull’elettricità consumata dalle piccole imprese.

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