16 Ottobre 2008, h. 00:00

CONVENTION DEL MEZZOGIORNO: POLITICA E IMPRESA DIALOGANO SUL FEDERALISMO

Il Meridione, secondo un rapporto realizzato dall’Ufficio Studi di Confartigianato, non sembrerebbe l’ambiente più adatto per far crescere e prosperare le imprese. Infrastrutture inefficienti, accesso al credito difficile e denaro più costoso che altrove, sistema formativo carente, “fuga di cervelli” verso le regioni del Centro e del Nord. Tutti elementi che messi insieme, e uniti ai problemi comuni a tutte le imprese del Paese come la burocrazia e la fiscalità esasperate, sarebbero in grado di far passare a chiunque la voglia di fare impresa e che comunque concorrono alla ‘morte prematura’ di una percentuale molto alta di aziende: circa il 47,8% delle imprese chiudono i battenti entro i primi cinque anni di vita, con una perdita annua di 10.521 posti di lavoro. Ma occorre parlare al condizionale. L’ambiente è realmente difficile, quasi proibitivo, ma le piccole imprese sono riuscite a compensare buona parte dei gap e oggi si pongono come modello di riferimento per lo sviluppo delle regioni del Sud. Nel Meridione le micro e piccole imprese rappresentano il 98,7% delle imprese totali e occupano 2.720.141 addetti, pari al 71,6%. Creano anche nuovi posti di lavoro: tra il 2001 e il 2005 il peso dell’occupazione delle MPI fino a 20 addetti è aumentato del 2,2%, mentre nello stesso periodo nelle medie e grandi imprese è diminuito dell’1,8%. Ma i vincoli che frenano la corsa delle MPI e di conseguenza lo sviluppo del Sud continuano a essere tanti, troppi. Una soluzione, le imprese meridionali ora la attendono dal federalismo fiscale. Una sfida sulla quale sono pronte a scommettere. Questo il messaggio che Confartigianato ha lanciato a Napoli nell’annuale Convention dedicata al Mezzogiorno dal titolo “Mezzogiorno. Dall’intervento straordinario al federalismo: e se gli aiuti non esistessero?”. Nel corso di una tavola rotonda esponenti del Governo (Gianfranco Micciché), delle Regioni (Agazio Loiero, Raffaele Lombardo) e dell’opposizione (Sergio D’Antoni), si sono confrontati sul federalismo per chiarire in che misura esso rappresenti la soluzione ai problemi dello sviluppo delle MPI denunciati nel report di Confartigianato. Sullo sfondo il timore che il federalismo, anzichè contribuire a risolvere i problemi strutturali del Sud possa nascondere il tentativo di ‘sganciare’ il Meridione dal resto del Paese, lasciando sole le imprese in un momento in cui l’Italia nel suo insieme sconta un deficit di competitività nel contesto economico europeo e globale. In apertura dei lavori il Presidente di Confartigianato Giorgio Guerrrini così ha riassunto le attese delle imprese. “Vediamo nella riforma federalista una speranza di rimuovere incrostazioni che minano lo sviluppo e la crescita del Paese; apprezziamo il tentativo di avvicinare sempre di più il prelievo alla spesa con la possibilità, poi, di controllare le pubbliche amministrazioni e chi amministra i soldi delle imprese e dei cittadini. Oltre il 78% dei nostri associati vede la riforma con ottimismo”. “Vorremo – ha aggiunto Guerrini – che si andasse più sul concreto e si realizzasse una diminuzione della pressione fiscale. Se il federalismo non riesce ad abbassare la pressione è un’ulteriore occasione persa”. Una battuta, il Presidente di Confartigianato, l’ha riservata a quanti giudicano con sfavore le politiche federaliste: “Lo vedono come un pericolo quelli che hanno utilizzato i fondi pubblici a volte anche in maniera impropria e poco proficua per i territori. Ma le imprese piccole e medie e gli artigiani, che in questi anni non hanno mai avuto modo di accedere a particolari aiuti, né hanno avuto ammortizzatori sociali o paracadute e corsie privilegiate, lo vedono come occasione”. Cosa non dovrà essere il federalismo fiscale, l’ha detto nel suo intervento il Vice Presidente Confederale, delegato al Mezzogiorno, Francesco Sgherza. “Il federalismo fiscale non si deve in alcun modo trasformare in una occasione per accrescere la pressione fiscale sulle imprese, già ora attestata al 52% del fatturato di ciascuna azienda. Un secondo fattore è l’assoluta necessità che sia lo Stato a svolgere un ruolo di compensazione tra i territori che sono in grado di produrre un più elevato reddito pro capite e quelle regioni relativamente meno sviluppate, attraverso una perequazione orizzontale.” “È purtroppo realistico – riflette Sgherza – profetizzare che, al termine di questa vicenda, le regioni del Sud si troveranno con una diminuzione dei flussi di spesa, sia per i trasferimenti agli Enti locali, che per minori spese per servizi erogati direttamente dallo Stato: un flusso che, diciamolo chiaramente, nel recente passato, ha avuto il compito di sostenere una domanda interna e livelli di vita come quelli che siamo abituati a conoscere. Il venir meno di una parte di queste risorse non può che porre in primo piano, come strada obbligata, la necessità di sostenere la crescita delle attività produttive locali, affidando loro il compito di sostituire quelle quote di reddito complessivo che potrebbero venire meno”. “Mai come in questo caso – conclude Sgherza – lo slogan “quello che va bene per la piccola impresa (del Sud) va bene per il Mezzogiorno”, deve servire come monito per guidare le scelte di politica economica, e le piccole imprese del Sud hanno bisogno di efficaci politiche di contesto che rendano più semplice e conveniente produrre ed operare nel proprio territorio”. Nel corso della tavola rotonda, la politica ha fornito la sua risposta alle domande sul federalismo fiscale delle imprese del Mezzogiorno rappresentate da Confartigianato. Molti i punti interrogativi e le questioni aperte. Il federalismo incassa il via libera delle imprese, mentre la politica resta sostanzialmente sul “chi vive”. Gianfranco Miccichè, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con delega al Cipe si è detto d’accordo con Confartigianato e quindi sull’ipotesi di abbassare la pressione fiscale. Ma Miccichè alle imprese lancia anche un monito: “Imparino a fare imprese e non a puntare solo sui contributi”. “Per le nostre regioni oltre al federalismo arriva anche la fine dei fondi strutturali, quindi le nostre regioni varranno quello che sapranno produrre. Non ci saranno più mammelle italiane, europee, da andare a succhiare nei prossimi anni. Nulla si può affrontare sperando in garanzie inutili dello Stato che non può più dare”. Sul federalismo, per come si sta prospettando, è critico il Presidente della Regione Calabria Agazio Loiero. Secondo Loiero si sta correndo troppo e la velocità impedisce di vederci chiaro. Il pericolo è che la distanza tra le regioni aumenti invece che diminuire: “Noi stiamo procedendo al varo di un federalismo fiscale senza aver prima fatto i conti, cioè avere la certezza di un’analisi economica-finanziaria sicura, di cui possiamo fidarci e questo ci dà inquietudine”. Loiero ha chiamato in causa la “grandissima fretta” con la quale si sta procedendo: “State attenti – ha aggiunto- il federalismo fiscale è destinato a mostrare le disparità che separano un territorio dall’altro, il fatto di volerci vedere un po’ più chiaro mi sembra un fatto minimo”. Critica anche la posizione di Sergio D’Antoni, deputato del PD e vice presidente della Commissione Finanze della Camera: “In teoria può essere un’occasione per responsabilizzare amministratori e cittadini, ma come è stato impostato è un grande rischio, una cambiale in bianco che io non firmerei. Se serve a trasferire ricchezza dai deboli ai forti, si fa un disastro universale. Per Raffaele Lombardo, Presidente della Regione Sicilia, il problema essenziale è che le regioni del Sud facciano quadrato. Tra i pericoli che si profilano all’orizzonte c’è, infatti, la perdita di rappresentatività a livello centrale. “Il federalismo ci costringerà ad essere più bravi, a riprendere a correre e riconquistare i primati perduti”. “Ci vuole unità” dice “difendere il territorio”. Ecco perché Lombardo anticipa la volontà di “incontrare tutti i deputati e senatori el

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