1 Ottobre 2009, h. 00:00

Sul Made in Italy, doppia vittoria di Confartigianato

I prodotti di imprese italiane realizzati anche parzialmente in Cina, in Romania o Hong Kong – solo a titolo di esempio, perché la novità riguarda tutti i Paesi esteri – non potranno fregiarsi in etichetta di indicazioni quali “100% made in Italy”, “100% Italia”, “tutto Italiano”, “fatto interamente in Italia”. E non potranno neppure aggirare l’ostacolo traducendo l’indicazione in una qualsiasi lingua o utilizzando segni o figure che mirino ad esprimere lo stesso concetto. Dopo un iter temporalmente breve (sono occorsi appena due mesi compresa la pausa estiva) ma incredibilmente accidentato (la nuova norma ha rischiato seriamente di essere congelata per i grandi interessi in gioco, e rispetto al testo varato ad agosto ha comunque subito alcune modifiche), per il provvedimento a tutela del Made in Italy contenuto nel Decreto legge n.135/2009 è finalmente scattato il disco verde. Sanzioni pecuniarie pesanti per chi “indurrà il consumatore a ritenere che il prodotto o la merce sia di origine italiana ai sensi della normativa europea (…)”: da 10.000 a 250.000 euro. Il provvedimento del Governo Berlusconi mette il punto alle pretese di quanti hanno provato a dilatare a dismisura il campo di applicazione del marchio Made in Italy, che rappresenta un vero e proprio patrimonio nazionale sinonimo di eccellenza e qualità. Adesso si volta pagina: il vero Made in Italy è solo quello “realizzato interamente in Italia”. E’ chiaro che per quella parte di grande industria che fa ricorso alla delocalizzazione, l’obbligo di fornire al consumatore precise indicazioni sull’effettiva origine del prodotto rappresenta una mazzata. Discorso diverso per le piccole imprese artigiane, il cuore del sistema manifatturiero italiano – 480.000 artigiani e piccoli imprenditori che producono davvero soltanto in Italia, che danno lavoro a 1.900.000 addetti e realizzano un valore aggiunto di 58 miliardi, il più alto in Europa. Sono tutt’altro che una minoranza, sono il 93% delle imprese manifatturiere italiane – che invece potranno avvantaggiarsi dell’indicazione in termini competitivi. “Si apre una stagione di valorizzazione del nostro patrimonio manifatturiero, dell’arte di saper fare prodotti d’eccellenza”, ha commentato il Presidente di Confartigianato Giorgio Guerrini. “Non soltanto – spiega – è stato sventato il tentativo di ridurre le tutele del made in Italy, ma si sono poste le basi per valorizzare la qualità del ‘ben fatto’ in Italia. Il Governo ha recepito le nostre sollecitazioni, confermando il principio dell’art. 17 della legge 99/2009 che difende chi investe, produce e dà lavoro in Italia e obbliga il produttore a dichiarare l’origine dei prodotti quando questi siano fatti interamente all’estero e possano essere confusi con prodotti italiani. Si tratta di un principio da tempo consolidato in Paesi come gli Stati Uniti, il Giappone e l’India”. Sull’esito finale della battaglia per l’approvazione delle nuova norme il ruolo esercitato da Confartigianato è stato centrale. Il Governo, grazie anche all’interlocuzione costante della Confederazione, un dialogo che non si è interrotto neppure nel mese di agosto, ha riconosciuto il valore del lavoro e dell’impegno di artigiani e piccoli imprenditori. Un risultato stupefacente su cui in pochi avrebbero scommesso, soprattutto dopo gli interventi confindustriali di senso chiaramente opposto. Confartigianato ha fatto la sua parte, e il Governo non si è tirato indietro nonostante le forti pressioni di parte del mondo produttivo. Una determinazione dell’Esecutivo ad andare avanti che Guerrini ha riconosciuto pubblicamente. “Ho apprezzato – ha detto – la fermezza del Ministro dello Sviluppo Economico Claudio Scajola contro i tentativi di bloccare una norma fortemente sollecitata da Confartigianato a difesa della qualità del ‘saper fare’ delle nostre imprese, dell’antica tradizione produttiva profondamente radicata nei territori del nostro Paese e capace di rinnovarsi per dare vita a soluzioni tecnologiche d’avanguardia”. “Inoltre – aggiunge il Presidente Guerrini – anche grazie alla sensibilità manifestata dal Ministro per la Semplificazione Normativa Roberto Calderoli, si rafforza e si amplia la tutela del made in Italy, gettando le basi del marchio volontario 100% made Italy. Anche in questo caso è stata recepita una proposta di Confartigianato che era stata fatta propria dal Presidente del Consiglio Berlusconi il quale ne aveva annunciato l’introduzione a giugno scorso durante la nostra Assemblea”. “Paradossalmente – chiosa il Segretario Generale di Confartigianato Cesare Fumagalli – la crisi ha dato un frutto buono: l’avvio di un impegno comune per far conoscere ed apprezzare il significato del vero made in Italy, vale a dire la storia manifatturiera del nostro Paese.” L’emanazione del provvedimento ha riaperto anche un’ulteriore file, anche questo seguito da tempo dalla Confederazione: l’annosa questione del regolamento comunitario che dovrebbe essere rivisto per prevedere l’obbligatorietà dell’indicazione d’origine per le merci prodotte nei Paesi extra UE. La posizione di Confartigianato, ha riportato l’attenzione del Governo sulla necessità di riattivare azioni di lobby presso il Consiglio europeo per ottenere la maggioranza necessaria per l’approvazione del nuovo regolamento. In questa direzione si è mosso il Viceministro Adolfo Urso che il 21 settembre ha promosso un incontro tra Confartigianato, le altre organizzazioni del settore, e il Commissario al Commercio Catherine Ashton. Sul tavolo la richiesta al Commissario Ashton di riprendere i contatti con i Paesi che fino a oggi si sono messi di traverso all’approvazione del regolamento sul Made In.

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