24 Novembre 2009, h. 00:00

Restauro: Le nuove regole tagliano fuori gli artigiani

Sono oltre 30.000 le imprese artigiane del restauro che rischiano di finire fuori mercato a causa del bando che dall’autunno 2009 detta le nuove regole per l’accesso alla professione. Da ora in avanti diventare restauratori di beni di interesse artistico e culturale passerà obbligatoriamente attraverso il conseguimento di uno specifico diploma rilasciato da una delle tre scuole di Alta formazione abilitate: Opificio delle Pietre dure (Firenze) e Scuola per il Restauro del Mosaico (sede distaccata di Ravenna), Istituto Centrale del Restauro (Roma), Istituto Centrale per la patologia del Libro (Roma). Una strada a senso unico che cancella ogni possibilità di crescita professionale al di fuori del percorso formativo tracciato dal Ministero dei Beni Culturali, un percorso che, secondo Confartigianato, salta a piè pari i laboratori artigiani che fino a oggi hanno garantito la preparazione delle professionalità del settore. E ora, per le micro e piccole imprese che rappresentano la spina dorsale del sistema del restauro, è scattato un conto alla rovescia da togliere il sonno. Per accedere all’albo dei restauratori titolati ad operare per conto delle Soprintendenze, gli artigiani, in assenza del titolo previsto, dovranno presentare entro il prossimo 31 dicembre i documenti che certificano le esperienze lavorative maturate nel campo. Requisito essenziale del bando, avere operato prima del 2001, per almeno otto anni su beni sottoposti a tutela. Di conseguenza, gli artigiani-restauratori dovranno affrettarsi a recuperare in poco più di un mese documenti che risalgono fino al 1993, certificati di regolare esecuzione dei lavori che all’epoca non erano tenuti a conservare, e di cui spesso le Soprintendenze hanno smarrito le copie, pena l’esclusione dall’elenco. Chi non produrrà la documentazione prescritta entro la data indicata avrà le seguenti alternative: sostenere un esame di Stato, operare come collaboratore sotto la direzione e il controllo di un restauratore abilitato, infine rivolgersi ad una clientela esclusivamente privata. E’ proprio il carattere retroattivo della norma, scritta nel 2004 e poi dimenticata in un cassetto dal quale è stata recuperata solo nel 2009, senza che però venissero aggiornate le indicazioni temporali, il punto della nuova normativa maggiormente contestato da Confartigianato. “La legge – spiega Claudio Macrì, Presidente di Confartigianato Restauro – varata con grande ritardo, ritiene validi unicamente i requisiti maturati prima del 2001: chi ha restaurato negli ultimi 8 anni è come se non lo avesse fatto. Mettiamo che nel 2001 un restauratore non avesse maturato ancora gli otto anni previsti dalla norma. A oggi avrebbe quasi raddoppiato gli anni di anzianità professionale documentata, eppure continuerebbe a non avere i requisiti richiesti. Per non parlare dell’esame di Stato per ottenere l’abilitazione: un’ora di tempo per risolvere 100 quiz a risposta multipla che spaziano in ogni settore del restauro, dal legno alla carta, dalla pietra a vetro, quando è noto che il nostro è un ambito fortemente specialistico”. “Se il provvedimento – conclude Macrì – era finalizzato a selezionare le migliori professionalità e competenze per offrire al patrimonio culturale italiano il top dei professionisti, e poi spera di ottenere il risultato attraverso i quiz, viene da pensare che l’obiettivo reale sia invece quello di decimare i candidati, perché le specificità non vengono assolutamente prese in considerazione. Il sospetto è che si stia cercando di creare una nuova casta”. A sostegno del suo ragionamento il Presidente di Confartigianato Restauro porta alcuni numeri. Nel mondo del restauro del patrimonio artistico nazionale operano circa 29.600 artigiani, un numero già largamente insufficiente, considerato che per l’Unesco oltre la metà del patrimonio artistico mondiale si trova in Italia. Dal 2010 il ricambio generazionale avverrà attraverso le tre scuole di Alta formazione, che attualmente sono frequentate nel complesso da 40 studenti, tutti al terzo anno di corso. I conti non tornano: il sospetto di Macrì, che il futuro immaginato dal Ministero dei Beni Culturali per gli artigiani del settore sia quello di meri esecutori tecnici si fa tutt’altro che remoto. Un futuro che Confartigianato si è impegnata a riscrivere attraverso una serie di iniziative che vanno dall’appoggio a uno dei tanti ricorsi che le aziende hanno proposto al Tar, a un ricorso al Presidente della Repubblica, alla richiesta di un intervento diretto del Ministro per i Beni e le Attività culturali Sandro Bondi per riscrivere un decreto censurabile anche sotto il profilo di legittimità costituzionale che rischia di spazzare via generazioni di competenze e professionalità, impedendo anche a quelle future l’accesso alla professione.

rss