6 Ottobre 2010, h. 00:00

Chi l’ha visto? Gli imprenditori artigiani alla ricerca del made in Italy

Quattro articoli, appena qualche grammo di peso. L’ultima volta che è stato avvistato, il testo sulla legge per una corretta indicazione dell’etichettatura Made in Italy era in compagnia dei deputati Reguzzoni, Versace e Calearo. Testimoni li hanno visti in Parlamento, subito dopo l’approvazione. Da quel momento, però, se ne sono perse le tracce. Con un pizzico di ironia, la vicenda della legge sul made in Italy può essere letta come l’annuncio di una misteriosa sparizione. Per l’entrata in vigore della legge, fissata per il primo ottobre, mancavano soltanto i decreti attuativi. Decreti mai emanati, però, e quell’inferno fatto di etichette ed indicazioni truffaldine sembra destinato a continuare. Consumatori e imprenditori possono mettersi l’anima in pace, almeno per il momento non avranno la certezza di sapere se ciò che stanno comprando è realmente un capo dell’eccellenza italiana o un tentativo ben riuscito di far passare una lucciola per una lanterna. “Non vogliamo un’alzata di scudi protezionistici”, ha detto il Segretario generale di Confartigianato, Cesare Fumagalli, ma una legge che permetta di distinguere un prodotto fatto interamente in Italia, da artigiani italiani e con materie prime italiane, da un prodotto arrivato da chissà quale sperduto capo del mondo. Così, con un Governo che si è bloccato di fronte ai primi timori comunitari, e mentre le altre organizzazioni dell’artigianato italiano si chiamavano fuori dalla difesa di un settore che vale quasi 600mila posti di lavoro, Confartigianato ha continuato a fare pressione politica, istituzionale e mediatica per l’emanazione di quei decreti attuativi. Dal 1 ottobre 2010, sui due quotidiani più letti d’Italia, il Corriere della Sera e la Gazzetta dello Sport, e su decine di testate locali, il sistema Confartigianato ha lanciato una campagna stampa di portata nazionale per rivendicare le ragioni del settore, ma soprattutto per ribadire una volta di più la necessità di bloccare l’uso improprio dell’etichetta made in Italy, un atteggiamento che mette in grave pericolo l’esistenza stessa di tante imprese artigiane del settore.

rss