29 Aprile 2013, h. 00:00

La nuova normativa sui gas a effetto serra ‘soffoca’ le imprese

Gli esami non finiscono mai. Ne sanno qualcosa i circa 200.000 tra installatori di impianti e autoriparatori che da quest’anno, per intervenire su gruppi frigoriferi, condizionatori d’aria in abitazioni e autoveicoli, dovranno iscriversi obbligatoriamente al Registro nazionale dei gas fluorurati, frequentare un corso e, nel caso degli installatori, sostenere appunto un esame. Lo prevede un regolamento europeo, recepito dal Decreto del Presidente della Repubblica 43/2012, che ha per obiettivo limitare i rischi di dispersione di gas pericolosi per l’ambiente, durante installazioni o riparazioni. Il Decreto, in vigore dall’11 febbraio, stabilisce una serrata scaletta di adempimenti. La prima scadenza era fissata per il 12 aprile, termine ultimo per l’iscrizione in via telematica al Registro. Due mesi, però, non sono bastati alle Camere di Commercio per evadere le migliaia di richieste d’iscrizione ed emettere i certificati indispensabili ai tecnici per continuare a operare, esponendoli al rischio di stop delle attività o a pesantissime sanzioni che partono da 10.000 euro. Nelle settimane che hanno preceduto la scadenza, Confartigianato ha monitorato costantemente la situazione. A più riprese ha sollecitato al Ministro dell’Ambiente Corrado Clini l’apertura di un tavolo tecnico per affrontare l’emergenza che si andava profilando. Una richiesta caduta nel vuoto che ha spalancato le porte alla più italiana tra le soluzioni. Il 12 aprile, ultimo giorno utile per l’iscrizione, il Ministero dell’Ambiente, pressato dalla Confederazione, ha concesso una proroga di 60 giorni. Per il presidente dei bruciatoristi di Confartigianato il rinvio “è semplicemente un primo passo per far sì che questo adempimento sia più umano, più a misura di artigiano, più a misura di impresa perché questo è un adempimento che rischia ulteriormente di andare ad appesantire di costi le imprese senza dare nulla di più”. “Noi – prosegue Falco – siamo a favore della formazione ma quella vera, non formazione che drena risorse dalle attività produttive per destinarle al mercato degli enti che certificano le aziende”. Secondo una simulazione di Confartigianato, i costi medi per la certificazione potranno variare tra i circa 4.000 euro di un’impresa individuale e gli oltre 8.000 di una micro azienda con tre dipendenti. Costi insostenibili in questo momento economicamente drammatico che penalizzano allo stesso tempo imprese e i consumatori. Confartigianato non ha mai contestato le finalità del regolamento europeo, ma il recepimento ultra restrittivo fatto dall’Italia, che ha messo sullo stesso piano gli interventi sui grandi impianti e quelli sui dispositivi di largo consumo, imponendo procedure e oneri assolutamente sproporzionati per le piccole imprese di manutenzione. “Noi stiamo cercando di far sì che venga compreso che i controlli ci devono essere ma da una certa quantità di refrigerante in su, dai tre chili di refrigerante in su. Stiamo cercando di far comprendere che la certificazione aziendale con questi costi, con questo sistema è inutile. Costa solo e non dà beneficio. Noi vogliamo far capire al Ministero che deve essere alleggerito il sistema per far sì che non sia una sanguisuga nei confronti delle imprese che ci succhia le risorse. Deve diventare qualcosa che fa crescere le aziende” conclude il presidente dei bruciatoristi di Confartigianato Luca Falco.

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