19 Febbraio 2016, h. 16:12

EXPORT – Vienna stringe le frontiere, preoccupazione per esportazioni e autotrasporto

Il traffico scorrevole e le strade semideserte potrebbero essere solo un ricordo ai valichi alpini che, attraverso l’Austria, uniscono l’Italia all’Europa. Al loro posto, a breve, potrebbero arrivare code chilometriche, controlli minuziosi di persone e merci e forse anche muri e reticolati di filo spinato.

E’ questo l’effetto più probabile della decisione del Governo austriaco che ha annunciato la riapertura dei posti di blocco ai valichi del confine meridionale per limitare il flusso di immigrati. In totale i valichi in cui saranno riattivati i presidi sono 12. I principali con l’Italia sono 3: il valico di Tarvisio, quello del Brennero e quello di Resia.

Il ripristino dei controlli da parte dell’Austria dovrebbe prendere il via ad aprile quando è atteso un nuovo picco del flusso di migranti. I controlli dovrebbero riguardare il traffico dei veicoli, dei treni e delle persone. In particolare, al valico del Brennero, il più importante per volume di merci, con 2 milioni di veicoli pesanti in transito annualmente, è prevista la realizzazione di una corsia dedicata alle verifiche di persone e merci limitata da una recinzione così da rendere possibile la registrazione dei profughi.

La decisione austriaca è stata accolta come una doccia gelata dagli autotrasportatori e dalle piccole imprese manifatturiere  impegnate nell’export.

In Veneto, Trentino e Friuli-Venezia Giulia, Confartigianato Imprese e Confartigianato Trasporti hanno lanciato l’allarme sui danni che il rallentamento delle merci alle frontiere del nord est potrebbe causare alla nostra economia.

Mentre gli autotrasportatori sottolineano l’inevitabile aumento dei costi di trasporto delle merci e l’impossibilità di effettuare consegne puntuali verso l’Europa, le piccole imprese manifatturiere vivono gli stessi timori ma da una prospettiva diversa. Sono queste, infatti, che dovranno sopportare i ritardi di consegna e i maggiori costi per far arrivare i propri prodotti in Europa. Due fattori che, messi insieme, rischiano di minarne la competitività.

Intanto l’Europa si scaglia contro le iniziative unilaterali di Paesi membri che, come l’Austria,  hanno “stretto” le frontiere per impedire l’ingresso di profughi provenienti dall’area del conflitto siriano.

Secondo un’analisi dell’Ufficio Studi di Confartigianato, verso Austria, Danimarca, Francia, Germania Norvegia e Svezia, i sei Paesi che hanno introdotto deroghe temporanee agli accordi di Schengen, si concentra un quarto dell’export manifatturiero italiano, per un valore superiore a 105 miliardi di euro. Solo verso l’Austria esportiamo prodotti per quasi 8 miliardi, prodotti che, da aprile, potrebbero viaggiare a passo di lumaca.

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